Heloderma exasperatum

Famiglia : Helodermatidae

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Testo © Prof. Giorgio Venturini

 

Heloderma exasperatum Bogert and Martin Del Campo, 1956, (già Heloderma horridum subsp. exasperatum Bogert and Martin Del Campo, 1956) è un rettile dell’ordine Squamata, famiglia Helodermatidae.

L’unico genere della famiglia, Heloderma, tradizionalmente era suddiviso in due specie: Heloderma suspectum ed Heloderma horridum, di cui si riconoscevano quattro sottospecie, H. horridum horridum, H. horridum alvarezi, H. horridum exasperatum e H. horridum charlesbogerti.

Più recentemente, a partire dal 2012, soprattutto sulla base della analisi delle sequenze del DNA, le sottospecie sono state elevate al rango di specie, per cui la maggior parte degli studiosi riconoscono oltre a Heloderma horridum (Mexican beaded lizard), anche le specie Heloderma alvarezi (Chiapan beaded lizard), Heloderma  charlesbogerti (Guatemalan beaded lizard), ed Heloderma exasperatum (Río Fuerte beaded lizard).

Heloderma exasperatum è diffuso in Messico negli stati di Sinaloa e Sonora, dove occupa il territorio dei bacini fluviali del Rio Fuerte e del Rio Mayo. Morfologicamente si distingue dalle altre tre specie per la livrea più intensamente colorata, dove le aree caratterizzate da varie sfumature del giallo prevalgono spesso su quelle brune o nere.

Heloderma horridum è presente in Messico, negli stati di Sinaloa e Oaxaca, dal livello del mare fino a circa 1500 m d’altitudine. Delle quattro specie è la più comune ed è quella che presenta una livrea di colorazione più variabile, da quasi completamente nera oppure con chiazze più o meno e stese di colore giallastro. Il suo areale è parzialmente sovrapposto con quello di Heloderma alvarezi, con cui sembra produrre ibridi.

Heloderma exasperatum, Heloderma horridum subs. exasperatum, Helodermatidae

L’Heloderma exasperatum, diffuso in Messico negli stati di Sinaloa e Sonora, dove occupa il territorio dei bacini fluviali del Rio Fuerte e del Rio Mayo, si distingue dalle altre tre specie, prima note come Heloderma horridum, per la livrea più intensamente colorata, dove le aree gialle prevalgono spesso su quelle brune o nere © Giuseppe Mazza

Heloderma alvarezi è una delle specie meno conosciute. Occupa la valle del Rio Grijalva nel Chiapas centrale e la depressione del Rio Lagartero in Guatemala. Alla nascita questo Heloderma presenta una serie di estesa chiazze gialle e arancioni, che tendono a scomparire durante la crescita, fino a che negli adulti il colore prevalente è nero o bruno scuro.

Heloderma charlesbogerti, intitolato all’erpetologo Charles Bogert è la specie più rara, presente essenzialmente nella valle di Motagua del Guatemala, ed è di colore prevalentemente nero con macchie gialle o biancastre nella parte posteriore del corpo e evidenti bandeggi sulla coda.

La storia evolutiva degli Heloderma è stata recentemente ben descritta. In base al confronto del DNA, sia nucleare che mitocondriale, Heloderma suspectum risulta nettamente separato dalle altre quattro specie: H. horridum, H. exasperatum, H. charlesbogerti e H.  alvarezi, che a loro volta si confermano tra di loro chiaramente differenziabili, mentre la separazione delle due sottospecie di H. suspectum rimane non ben definita a livello molecolare.

Complessivamente gli elodermatidi si confermano come un gruppo antico e fortemente conservato. Il loro antenato comune più recente risale all’eocene inferiore, circa 35.4 milioni di anni or sono, mentre l’antenato comune di Heloderma exasperatum e delle altre tre specie del gruppo è comparso circa 10 milioni di anni or sono, dopo 5 milioni di anni si è verificata la divergenza tra H. horridum e H. exasperatum e dopo ulteriori 1.5 milioni di anni si sono diversificati H. Alvarezi e H. charlesbogerti.

Con   l’eccezione di H. charlesbogerti, il cui areale è nettamente separato e più meridionale, gli areali delle altre tre specie sono parzialmente sovrapposti.

Heloderma exasperatum, Heloderma horridum subs. exasperatum, Helodermatidae

Particolare del capo con gli osteodermi saldati alle ossa craniche. Come nell’Heloderma suspectum la lingua biforcuta, qui molto più chiara con sfumature rosee, oltre che per nutrirsi e bere, serve a trasportare con la saliva le molecole odorose all’organo olfattorio di Jacobson, posto sulla volta del palato © Giuseppe Mazza

Heloderma horridum ed Heloderma exasperatum, le due specie più comuni, sono spesso presenti negli zoo e tenuti in casa come animali domestici. Per questo motivo sono le specie meglio conosciute e sono oggetto della maggior parte degli studi sul comportamento, sulla riproduzione e sul veleno.

Heloderma exasperatum ha l’aspetto di una grossa e tozza lucertola, che può raggiungere una lunghezza totale di tra 60 e 90 cm e un peso fino ai 4 kg. I maschi sono in genere leggermente più grandi e più pesanti delle femmine. Il corpo è cilindrico, la testa larga e appiattita.

La pelle è rivestita da squame piccole e non embricate, al di sotto delle quali, soprattutto sul dorso, sono presenti delle ossa dermiche, gli osteodermi, che nella regione della testa sono saldati alle ossa craniche.

La presenza degli osteodermi conferisce alla pelle il tipico aspetto ruvido che è all’origine del nome latino Heloderma, che deriva dal greco helos (ἧλος) “chiodo o verruca” e derma (δέρμα) “pelle” e anche del nome comune in inglese “beaded lizard”, che possiamo tradurre come “lucerola perlinata”.

Il nome specifico exasperatum deriva dal latino “exaspero” = ”rendo ruvido” a sua volta derivante da “asper” = “ruvido, aspro” e dal prefisso ex,  che aggiunge valore estensivo o intensivo. Quindi  exasperatum  significa “completamente ruvido.

Le caratteristiche morfologiche generali e l’ecologia della specie sono simili a quelle di Heloderma suspectum, cui rimandiamo.

La maturità sessuale viene raggiunta all’età di due o tre anni. La stagione riproduttiva è in genere tra febbraio e marzo, l’accoppiamento dura tra i 30 e i 60 min. Dopo due mesi la femmina depone 3-13 uova di forma allungata e le seppellisce alla profondità di circa 10 cm. Dopo un’incubazione di durata variabile tre i 160 e i 210 giorni i piccoli cominciano a sgusciare dalle uova.  Entro due o tre giorni, riassorbito del tutto il sacco del tuorlo e ingeriti i contenuti liquidi dell’uovo, sono completamente liberi. Alla nascita il peso è di circa 40 g. La durata di vita sembra essere intorno ai 30 anni, ma esemplari in cattività sono vissuti anche più a lungo

Un carattere comportamentale che distingue Heloderma exasperatum da Heloderma suspectum concerne le modalità dei combattimenti tra maschi per il possesso della femmina.

Sia in cattività che, più raramente, in libertà, sono stati osservati e descritti accuratamente degli scontri tra maschi. I combattimenti consistono in una serie di “rounds” che complessivamente può durare alcune ore. In ogni “round” i contendenti, come in un incontro di lotta, si avvinghiano strettamente incurvandosi fino a formare un arco in cui soltanto le teste e le code rimangono a contatto col terreno, fino a che il vincitore riesce a rovesciare e a schiacciare a terra l’avversario, sovrastandolo. Durante lo scontro i contendenti si scambiano morsi sul collo, sulla testa e sulle labbra. Alla fine il vincitore, superiore per forza e per resistenza, rimane padrone del campo (e della femmina), mentre lo sconfitto si allontana. I combattimenti osservati in queste specie sono notevolmente diversi da quelli di Heloderma suspectum, in cui prevalgono i movimenti di sollevamento della testa e di  torsione del dorso, con occasionali morsi, ma sono molto rari i vistosi inarcamenti del corpo.

Il veleno

Come nel caso degli altri Heloderma. Il morso di Heloderma exasperatum è velenoso per la presenza di nella saliva di numerose potenti tossine. Si rimanda alla scheda su Heloderma suspectum per una trattazione più approfondita della tossicità e del meccanismo di inoculazione del veleno, accennando qui soltanto ad alcuni aspetti comparativi.

Heloderma exasperatum, Heloderma horridum subs. exasperatum, Helodermatidae

Allo stato naturale l’Heloderma exasperatum si nutre solo, poche volte l’anno, di uova, nidiacei e piccoli vertebrati. Il suo veleno ha una funzione prevalentemente dissuasiva © Giuseppe Mazza

Anche se la divergenza tra H. suspectum e le altre specie di Heloderma risale, come abbiamo visto, a molti milioni di anni or sono, il confronto tra le tossine presenti nella loro saliva rivela una sorprendente somiglianza, probabilmente in conseguenza di una spinta selettiva molto simile per quanto riguarda la tipologia delle prede e dei predatori con cui questi rettili si confrontano. Tutte queste specie infatti, tipiche delle regioni sud-occidentali del Nord America, occupano habitat di macchia rocciosa semiarida con una fauna relativamente omogenea e questo si riflette sia sulla loro morfologia estremamente simile sia sugli adattamenti fisiologici.

Tra le tossine evidenziate per la prima volta in un Heloderma del gruppo horridum (lo studio è precedente alla suddivisione in quattro specie e non indica la sottospecie utilizzata) ricordiamo la Horridum toxin che sembra essere l’unica tossina con effetti emorragici degli elodermatidi.  Si tratta di una tossina potenzialmente letale per gli animali, simile alla gilatossina, con effetti kallikreina-simili, cha provoca forte dolore, edema, infiammazione, ipotensione ma soprattutto emorragie negli organi interni e nell’occhio, con conseguente esoftalmo.

Un’altra sostanza molto tossica, detta genericamente “tossina letale” senza altre denominazioni è stata scoperta per la prima volta in Heloderma horridum (ma probabilmente presente nelle altre specie di Heloderma). È probabilmente la sostanza più letale prodotta da questi rettili ed ha la proprietà di inibire la contrazione del muscolo diaframma e quindi la respirazione.

Il ruolo del veleno nell’ecologia degli Heloderma è oggetto di discussione, dal momento che alcuni studiosi considerano paradossale il fatto che questi rettili, dopo aver azzannato, mantengano le mascelle serrate restando tenacemente attaccati alla vittima.  Se il veleno avesse soltanto una funzione difensiva, come molti affermano, con questo comportamento l’animale resterebbe esposto a lungo alle reazioni dell’aggressore, rischiando di venire gravemente ferito o addirittura ucciso. In realtà questa obiezione presenta l’errore concettuale di considerare che la selezione naturale agisca esclusivamente a livello del singolo individuo.

Heloderma exasperatum in cattività durante la muta. Negli zoo diventa spesso obeso accumulando grasso nella coda che in natura è un organo di riserva © Giuseppe Mazza

In realtà, dal momento che la selezione agisce a livello del gene, la morte di un singolo individuo non preclude che la tenacia del morso avvelenato, dolorosissimo, sia vantaggiosa evolutivamente, dal momento che l’esperienza dell’incontro con un Heloderma resterà indimenticabile per il predatore, che per il futuro eviterà questo tipo di prede.

In realtà comunque le caratteristiche farmacologiche del veleno dell’Heloderma, che mostrano la presenza di componenti letali attive a molti livelli, sono compatibili con un ruolo non soltanto difensivo ma anche offensivo nella predazione. Come nel caso di Heloderma suspectum il morso di Heloderma exasperatum è potenzialmente letale per piccoli animali ma per l’uomo, malgrado le grandi dimensioni del rettile, le conseguenze non sono in genere molto gravi, soprattutto se il morso viene inflitto alle mani.

Resoconti recenti degli effetti del morso descrivono l’insorgenza di dolore assai forte e duraturo e di gonfiore che, a partire dalla parte colpita, si diffonde presto a tutto l’arto. In alcuni casi compaiono vertigini, sudorazione, vomito e forte ipotensione. In genere, in seguito a terapia di sostegno, i sintomi scompaiono entro pochi giorni.

L’usanza recentemente invalsa di tenere in casa degli Heloderma come “pet” può sembrare strana, vista la pericolosità del morso di questi animali e il loro comportamento poco vivace, ma si deve ricordare che l’Imperatore Tiberio, circa due millenni or sono, sembra avesse come “pet” un Drago di Komodo!

L’Heloderma, che allo stato naturale si nutre soltanto poche volte l’anno, quando si trova in cattività, con abbondanza di cibo disponibile, tende a sovra-alimentarsi e spesso diviene obeso.

 

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