Papaver somniferum

Famiglia : Papaveraceae

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Testo © Eugenio Zanotti

 

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Il Papaver somniferum si è diffuso come infestante dei cereali e per le proprietà narcotiche © G. Mazza

Il genere Papaver comprende circa 125 specie delle regioni temperate e subtropicali, più raramente di quelle alpine e fredde dell’Europa, Asia, Nord America, Africa e Australia.

Comprende piante erbacee perenni o annuali (16 presenti nei Paesi europei).

In Europa e nel bacino del Mediterraneo compreso tra l’Iran ed il Pamir, zona di origine dei frumenti coltivati, con ogni probabilità i papaveri, infestanti delle colture, sono stati introdotti con il seme di questi cereali (specie archeofite) e ad essi legati, come per ben noto Papaver rhoeas.

Il Papavero domestico o Papavero da oppio (Papaver somniferum L. 1753) è un’entità di origine incerta, forse originaria dell’Asia minore (Turchia?) oppure derivata per coltura dall’affine Papaver setigerum (W-Medit.), ad areale centrato nei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, ma ora divenuta subcosmopolita e largamente coltivata per la produzione di oppio soprattutto nei Paesi dell’Europa e dell’Asia sud-orientale (specialmente in India) e Asia Minore; in molti altri stati anche come pianta ornamentale e per i semi usati come condimento e dai quali si estrae olio. Non di rado inselvatichisce nei terreni calcarei, smossi di recente, ben esposti, dal piano fino attorno ai 1500 m s.l.m.

Il nome del genere “papaver” viene dal latino “papa” = pappa, (dei fanciulli), perché nell’antichità si mettevano i petali, il succo o i semi nel cibo per favorire il sonno dei bambini. Può essere anche connesso a “pap”= sbocciare, la stessa che dà origine a “papula”, vescichetta o al termine scanscrito “papavara”, succo velenoso. Il nome specifico deriva dai termini latini “sómnium” = sonno e “féro” = io porto, riferiti alle proprietà narcotiche di questa specie.

Pianta erbacea a ciclo annuale a radice fittonante, alta da 20 a 140 cm con fusto eretto, semplice o poco ramoso, robusto, cavo, subglabro e glauco.

Foglie di colore verde-azzurro, inferiori generalmente con breve picciolo, quelle cauline sono alterne, da ovate a lanceolate od oblunghe, lunghe 6-12 cm, sessili, ondulate, glauco-cerose, alla base cordato-amplessicauli, con lobi profondi e ottusi lungo il bordo.

Particolare del frutto e sezione dello stesso coi semi. Sono numerossissimi e vengono talora usati nella panificazione, in pasticceria e in cucina © Giuseppe Mazza

Particolare del frutto e sezione dello stesso coi semi. Sono numerossissimi e vengono talora usati nella panificazione, in pasticceria e in cucina © Giuseppe Mazza

In Europa la fioritura avviene in maggio-giugno con fiori terminali su peduncoli allungati portanti inizialmente boccioli penduli (0,8 x 1,5-2 cm) con due sepali caduchi alla fioritura e quattro petali di 2-3 x 5-7 cm , bianchi, rosei o violetti chiazzati di scuro alla base e spesso lobato-erosi sul bordo.

Filamenti dei numerosi stami bianchi, filiformi o clavati portanti antere gialle, verdi o marrone; stigma a disco con 6-18 raggi e capsula (treto) da ovoidale a subsferica, glabra, di 3-5 x 4-8 cm, che a maturità contiene numerosi e minuscoli semi (0,8-1,5 mm) reniformi a superficie reticolato-alveolata che ricordano la mitria delle spugnole, di colore biancastro (var. album diffusa in India, Persia, Cina e Jugoslavia) o rossastri e poi a maturazione blu scuro-ardesia (var. nigrum la più diffusa in Europa) nelle cultivar. La fecondazione è assicurata dagli insetti (entomògama) attratti dai colori e dal nettare dei fiori.

Una forma coltivata di Papaver somniferum con colori accesi e petali sfrangiati © Giuseppe Mazza

Una forma coltivata di Papaver somniferum con colori accesi e petali sfrangiati © Giuseppe Mazza

Tutte le parti della pianta se incise gemono un latice biancastro, contenuto in dotti laticiferi presenti nel mesocarpo della capsula che rapidamente rapprende ed imbrunisce all’aria ed è noto come oppio; questo contiene più di trentacinque alcaloidi oppiacei, soprattutto morfina (dal 9 % al 17 %), codeina, tebaina, papaverina, narcina, narceina, laudanina, narcotina, noscapina, ecc., oltre a resine, proteine, gomme, zuccheri, sali, acido meconico e altri acidi organici e mucillagine.

Premesso che la coltivazione (fatto salvo pochi esemplari delle varietà ornamentali o da seme) la detenzione e l’uso del papavero da oppio e dei suoi derivati è illegale (in Italia Legge 685 del 22/12/1975 artt. 26 e 28) oltre che molto pericoloso per la salute, ricordiamo che questa è una pianta di sapore molto amaro e odore sgradevole, caratteristico, che possiede proprietà sedative, ipnotiche e narcotiche, deprimenti i centri bulbari, stupefacenti, che le conferiscono azione analgesica, antispastica, bechica, sudorifera ed antidiarroica.

La morfina, principale suo derivato, è un antidolorifico assai potente che crea però assuefazione ed è prescritta in medicina solo in caso di malattie terminali ed altri casi che determinano dolori insopportabili, oppure per arrestare violente diarree.
Fu Friedrich Wilhelm Sertürner (1783-1841) farmacologo e farmacista tedesco, che nel 1806 in laboratorio isolò quel “principium somniferum” che successivamente, nel 1811, lo stesso ricercatore descrisse questa sostanza alcalina chiamandola “morphium”, ispirandosi al dio greco del sonno Morfeo.

I primi documenti che testimoniano l’uso dell’oppio come analgesico risalgono a più di 5000 anni fa, alla civiltà Sumera (Asia minore e medio oriente), ma vi sono ipotesi verosimili che fanno risalire l’impiego di questa pianta a 8000 anni orsono. In seguito l’oppio fu usato dagli Assiri e dagli Egiziani, seguiti dai Greci e dai Romani. Ippocrate e Galeno diffusero la conoscenza delle proprietà analgesiche descrivendone varie preparazioni. Nel Medio Evo tali nozioni passarono anche agli Arabi che successivamente lo introdussero in India e quindi in Cina verso il IX secolo dove trovava impiego come antidissenterico e fu solo dopo il XVII secolo che si diffuse come droga voluttuaria, e come tale raggiunse e si diffuse in Europa verso la fine del XVIII secolo. Non mi dilungo su questo doloroso argomento e sulle sue conseguenze sui popoli, riporto solo una frase del medico cinese che nel 1578 scriveva: ”Il papavero produce una droga che si ritiene capace di guarire, mentre non fa che uccidere come una spada”.

Non bisogna scordarlo: il papavero da oppio è anche un fiore © Giuseppe Mazza

Non bisogna scordarlo: il papavero da oppio è anche un fiore © Giuseppe Mazza

I sintomi di avvelenamento sono l’arrossamento del viso, capogiri, atonia in generale, indebolimento del battito del cuore, fino alla morte per arresto cardiaco.

Solo i semi maturi sono privi di alcaloidi poiché si sviluppano dopo che la pianta ha perso la potenzialità di produrre latice, e segnatamente quelli delle varietà glabrum (coltivata anche per l’oppio in Turchia) e nigrum sono tradizionalmente impiegati per aromatizzare pane e dolci tradizionali, oltre che carni speziate e come guarnizione, soprattutto nella tradizione ebraica, nel nord ed est Europa e nelle zone montane e alpine.

Dalla spremitura a freddo dei semi si ottiene un olio inodore ricco di acido oleico e linoelico, con sapore di mandorle, di ottima qualità e con proprietà emollienti e lenitive, dal resto si ottiene un olio non adatto al consumo ma impiegabile per unguenti, saponi e colori.

I papaveri dovrebbero avere sempre un angolo assolato nel giardino dove poter esprimere la loro bellezza durante la fioritura.

Le specie annuali e bienni si seminano in autunno, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, oppure in primavera tra marzo e aprile in un terreno leggero, sabbioso, ben drenato, coprendo appena i semi con terriccio.

Le perenni (Papaver orientale, Papaver bracteatum, ecc.) si seminano in aprile, in cassone o in serra fredda in vasetti di torba di 4 cm di diametro. Quando sono sufficientemente grandi si trapiantano in vivaio per metterle a dimora nell’autunno o nella primavera successiva.

Fra i cosiddetti papaveri vi sono anche piante di generi diversi come i Glaucium (corniculatus e luteum), l’ Eschscholtzia californica, oltre alle specie più note del genere Papaver come Papaver alpinum, Papaver bracteautum, Papaver glaucum, Papaver nudicaule, Papaver orientale, Papaver rhoeas, ecc.

Molte sono anche le varietà di Papaver somniferum come la ‘Carnation-Flowered’, la ‘Flore Pleno Laciniato’ e la ‘Pink Chiffon’ a fiori doppi e petali più o meno variamente laciniati.

Sinonimi: subsp. nigrum Schübler & Martens (1834), non var. nigrum DC. (1821); Papaver somniferum var. setigerum (DC.) Boiss. subsp. hortense (Hussenot) Syme in Sowerby (1863); Papaver somniferum var. setigerum (DC.) Boiss. (1867); Papaver somniferum L. subsp. setigerum (DC.) Arcang. (1882); proles officinale (C.C. Gmelin) Rouy & Foucaud in Rouy (1893); proles setigerum (DC.) Rouy & Foucaud in Rouy (1893); var. hortense (Hussenot) Rouy & Foucaud (1893); Papaver somniferum subsp. setigerum (DC.) L.Corb. (1894); Papaver somniferum subsp. somniferum L. (1894); subsp. officinalis Bonnier & Layens (1894); subsp. nigrum (DC.) Thell. (1908), non subsp. nigrum Schübler & Martens (1834); Papaver somniferum L. convar. tarbagataicum (Basil.) Vessel. (1975); Papaver somniferum L. var. violiflorum Vessel. (1975); Papaver somniferum L. var. album (Mill.) Vessel. (1975); Papaver somniferum L. var. austroviolaceum Vessel. (1975); Papaver somniferum L. convar. drogist (Basil. & Zhuk.) Vessel. (1975); Papaver somniferum L. convar. indicum Vessel. (1975);  Papaver somniferum L. var. pullatum Vessel. (1975); Papaver somniferum L. var. genuinovilaceum Vessel. (1975); Papaver somniferum L. var. rubellum Vessel. – (1975); Papaver somniferum L. var. leucum (Rothm.) K.Hammer ; (1987); Papaver somniferum L. nothosubsp. authemanii (Rouy) B.Bock (2012).

 

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