Bulbophyllum echinolabium

Famiglia : Orchidaceae


Testo © Prof. Pietro Pavone

 

Bulbophyllum echinolabium J.J.Sm., (1934) è una specie della famiglia Orchidaceae, sottofamiglia Epidendroideae, recentemente inclusa nella tribù Malaxideae, sottotribù Dendrobiinae.

Scoperta in prossimità della città di Donggala (Sulawesi centrale, Indonesia) è stata descritta dal botanico olandese Johannes Jacobus Smith (1867-1947) che, tra il 1905 e il 1924, attraversò le isole delle Indie orientali olandesi (attuale Indonesia) per raccogliere piante, orchidee in particolare, che descrisse dopo il suo rientro in Olanda, dando un significativo contributo alla conoscenza della flora di quei territori.

Bulbophyllum echinolabium è una specie endemica dell’isola di Sulawesi e del Borneo, che cresce da epifita sugli alberi delle foreste fluviali primarie a un’altitudine che va da 600 a 1200 m.

Bulbophyllum echinolabium ha i fiori più lunghi del genere.

A rischio estinzione in natura, Bulbophyllum echinolabium ha i fiori più grandi all’interno del genere Bulbophyllum. In coltura possono superare i 40 cm, circa il doppio della lunghezza indicata da J. Smith nella descrizione botanica © Giuseppe Mazza

Il nome del genere Bulbophyllum deriva dalla combinazione dal greco “βολβός” (bolbos) che significa ‘bulbo’ e “φύλλον” (phyllon) ‘foglia’, in riferimento agli pseudobulbi con una sola foglia di cui la pianta è dotata.

L’epiteto specifico è di derivazione latina, dato dall’unione di “echinus” e “labium”, e fa riferimento al labello verrucoso che assomiglia a un riccio di mare.

Conosciuta come Bulbophyllum dal labbro a forma di riccio, è una specie protetta dal commercio perché in pericolo di estinzione in natura e come tale inserita nell’appendice II della Convenzione di Washington (CITES) che ha lo scopo di tutelare le specie animali e vegetali a rischio di estinzione, impedendone la loro esportazione e detenzione.

È una pianta di medie dimensioni, con radici filiformi adatte a strisciare sulla superficie degli alberi, talora pendenti dai rami, con rizoma da cui, a distanza di 1,8-3,5 cm, si formano pseudobulbi ovoidali, non angolari, alti fino a 5 cm. Ciascun pseudobulbo porta una sola foglia con picciolo, carnosa e coriacea, di forma da ellittica a ovata, arrotondata all’apice, lunga fino a 20 cm.

È una specie che in natura ha un periodo di riposo a causa delle poche piogge nei mesi invernali.

La fotosintesi è di tipo CAM (Crassulacean Acid Metabolism), messa in atto come un adattamento all’eccessiva perdita di acqua (adattamento xerofitico). In questo modo il processo di fotosintesi avviene a stomi chiusi che, invece, si aprono di notte per gli scambi gassosi (CO2, O2) con minimo dispendio di vapore acqueo.

Dal rizoma, alla base di ciascun pseudobulbo, si origina un’infiorescenza che ha lo scapo filiforme lungo fino a 70 centimetri e porta un singolo fiore, raramente più. Questa specie ha il fiore più grande all’interno del genere.

J. Smith, nel descrivere questa specie, riporta 22 cm la lunghezza del fiore dall’estremità del petalo dorsale alle estremità dei petali laterali, ma, in coltivazione, si è visto che questa lunghezza può arrivare a 40 cm o più.

Gli elementi fiorali sono rosa, cremisi nelle venature, e arancione nella parte distale.

Il sepalo dorsale, apparentemente reflesso, ha la base convessa e ovata, divenendo gradualmente molto lungo e stretto, e con apice mancante. I sepali laterali hanno apice leggermente ritorto e con base ovato-triangolare. I petali, inseriti tra i sepali, sono piccoli, lanceolati, gradatamente ristretti verso l’apice. Il labello è mobile per facilitare l’appoggio dei pronubi con la porzione prossimale (ipochilo) ricurvo, convesso, carnoso e quella distale (epichilo) lineare. Il labello è verrucoso e ricorda il riccio di mare.

Il ginostemio è corto, spesso, con bordi anteriori arrotondati.

Bulbophyllum echinolabium puzza di carne marcia.

Epifita endemica delle foreste fluviali primarie dell’isola di Sulawesi e del Borneo, dove cresce fra i 600 ed i 1200 m d’altitudine, è impollinata da mosche attirate dall’odore putrido del fiore e dal colore di carne in decomposizione © Giuseppe Mazza

Lo stigma è quadrangolare, leggermente allargato verso la base, troncato, profondamente scavato, con margine prominente. La base del ginostemio forma con l’ovario un angolo ottuso. L’ovario è obconico (a forma di un cono rovesciato), minutamente punteggiato, lungo circa 1,3 cm, con sei solchi e sorretto da un pedicello, liscio, lungo 2,8 cm.

I fiori emettono un odore putrido e penetrante in modo da attrarre principalmente mosche. Hanno anche parti lucide e un colore (dal rosso scuro al marrone) tipico della carne in decomposizione e di escrementi. Gli insetti sono così attratti da questi fiori con l’inganno (fiori sapromiofili) sicuri di trovare cibo e sito idoneo alla deposizione delle loro uova, ma in realtà svolgono solo il ruolo d’impollinatori.

La fioritura si ha da marzo a settembre. I fiori restano aperti per circa due settimane, ma la fioritura è sequenziale e si può protrarre per mesi.

Bulbophyllum echinolabium è una pianta molto ornamentale per la bellezza dei suoi fiori.

In coltivazione questa pianta necessita di un livello di luce di 18000-30000 lux, quindi luce filtrata mai luce solare diretta. Le foglie, se esposte alla luce intensa, diventano rosso scuro o marrone, mentre, di norma, nel loro ambiente naturale sono di colore verde scuro. È necessario garantire un buon movimento dell’aria per tutto il tempo della sua crescita.

È una pianta termofila, che richiede temperature da intermedie a calde, pertanto, durante tutto l’anno, necessita una temperatura di notte 16-25 °C e di giorno 18-30 °C, con un’ampiezza giornaliera di 7-8 °C. Richiede anche un’umidità costante di circa l’80%.

Il substrato di crescita deve avere un ottimo drenaggio e una buona circolazione dell’aria attorno alle radici. Si preferisce solitamente piantarla in vasi o cestini molto piatti e con un terreno sciolto che possa asciugarsi rapidamente. Si consiglia di aggiungere additivi umettanti, come perlite o pezzi di torba, miscelate con un materiale di base costituito da piccoli pezzi di corteccia di pino o di felce arborea. Le radici sono molto delicate e fragili, bisogna, quindi, distanziare nel tempo i rinvasi impiegando preferibilmente le fibre di felce perché non si decompongono rapidamente come, invece, accade per la corteccia di pino.

Bulbophyllum echinolabium deve essere innaffiato abbondantemente durante la crescita ma lasciando asciugare il substrato tra un’innaffiatura e l’altra per evitare il dannoso ristagno d’acqua. Durante l’inverno, a causa della luce ridotta, è opportuno diminuire l’apporto di acqua. Se gli pseudobulbi iniziano a raggrinzirsi, aumentare un po’ le bagnature con un vaporizzatore in modo da mantenere l’umidità d’aria intorno all’80%.

Le concimazioni devono essere regolari, con concime per orchidee (in genere un grammo per litro) da compiere una o due volte al mese. Le concimazioni vanno sospese nei mesi invernali (novembre-febbraio).

Struttura a riccio del labello e fotosintesi CAM.

L’insolita struttura a riccio del labello ha dato il nome alla specie. La fotosintesi di tipo CAM, tipica delle Crassulacee ed altre succulente dei deserti, permette ai bulbofilli con foglie di 20 cm di superare anche lunghi periodi di siccità © Giuseppe Mazza

A fine inverno l’orchidea esce dal riposo e ricomincia a crescere pertanto al concime abituale si può aggiungere fosforo e potassio per favorire la fioritura.

In commercio esistono diversi ibridi che oltre al loro vigore e alla bellezza dei loro fiori sono più facili da coltivare.

Fra gli ibridi primari citiamo Bulbophyllum Jersey ottenuto nel 1996 dall’incrocio fra due specie: Bulbophyllum lobbii Lindl. × Bulbophyllum echinolabium. Il nome assegnato è il nome dell’Isola di Jersey (Canale della Manica) dove questo ibrido è stato selezionato.

È una pianta vigorosa, alta fino a 25 cm, che produce fiori grandi di circa 18 cm di diametro con i sepali brillanti nelle molteplici venature. Il labello è posto al centro del fiore, tipico del genere, ed è piuttosto piccolo. I petali sono ordinatamente ripiegati all’indietro.

I fiori, di colore giallo magenta, durano circa tre settimane e sono prodotti singolarmente su spighe pendenti che permangono tutta l’estate. La pianta produce pseudobulbi arrotondati con l’unica foglia piuttosto spessa. Quest’ibrido richiede temperature intermedie. Il substrato si deve mantenere umido nella stagione estiva, mentre in inverno, quando la pianta è a riposo le irrigazioni vanno ridotte. Un buon movimento dell’aria è opportuno per evitare la crescita di funghi.

Un altro ibrido primario molto interessante, ottenuto nel 2006, è Bulbophyllum Tonya Jacobs (Bulbophyllum facetum Garay × Bulbophyllum echinolabium). Il suo fiore è grande, 8×13 cm, con deliziose strisce rossastre su fondo bianco-giallo-arancio e un bel labello mobile.

L’ibrido Bulbophyllum Bechinolina è stato ottenuto per incrocio tra il rarissimo Bulbophyllum beccarii Rchb. f., dalle grandi foglie e numerosi piccoli fiori (fino a 150), con Bulbophyllum echinolabium. Il risultato è stato stupendo. La pianta ha meravigliose foglie grandi e larghe. I fiori misurano 8 cm di diametro, con grandi venature rosse, e si formano in sequenza su steli che possono produrne molti (30-40) per un lungo periodo. La bellezza dei fiori è tuttavia, in contrasto con il loro odore che ricorda le carogne.

Esistono molti altri ibridi ottenuti non da singole specie ma da ibridi. Ad esempio BulbophyllumHannah Freel’ è stato realizzato da B. Thoms, nel 2020, per incrocio tra Bulbophyllum echinolabium × BulbophyllumManchind’, quest’ultimo a sua volta è stato ottenuto da B. Thoms nel 2011 tra Bulbophyllum mandibulare Rchb.f. × Bulbophyllum echinolabium.

 

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