Apus apus

Famiglia : Apodidae

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Testo © Dr. Gianfranco Colombo

 

Quando Antonio Pigafetta ritornò sulla terraferma nel 1521, dopo tre anni di circumnavigazione attorno al globo con la missione di Magellano, aveva con sé un giornale di bordo con notizie eccezionali. Non certo esperto di ornitologia ma bravo e puntuale cronista, riportò di aver avuto modo di vedere nei “mari delle spezie”, quegli uccelli che vivevano in paradiso sempre sospesi in aria senza mai toccare il suolo, se non quando morivano e solo allora venivano raccolti dagli esseri umani.

Si trattava degli Uccelli del paradiso, i cui primi esemplari conosciuti e portati dagli olandesi in Europa, erano stati privati delle zampe e di parte delle ali dagli indigeni locali, per un particolare uso come ornamento dei loro costumi. Una supposizione confermata poi dal nome scientifico dato ad una delle più belle specie di paradisea, la maggiore (Paradisaea apoda), appunto da a-pous=senza piedi. Se attorno a quest’uccello era nata una leggenda, risultata poi logicamente tale, che parlava di una vita passata perennemente in aria, nella realtà esiste invece un gruppo di uccelli che applica alla perfezione questo stile di vita, passando tutta la loro esistenza in volo senza toccare terra se non raramente: sono i rondoni.

Il Rondone comune (Apus apus Linnaeus, 1758) appartiene all’ordine degli Apodiformes ed alla famiglia degli Apodidae, quest’ultimo un termine che ritorna rapidamente ai riferimenti sopra accennati. Questi uccelli per i primi due anni di vita, la terra non la sfioreranno neppure e solo quando sentiranno la necessità di nidificare, scenderanno per la prima volta a toccarla. Per loro, esseri volanti indefessi, sarà un vero “battesimo della terra”!

In realtà l’inizio dell’attività riproduttiva, va spesso oltre il secondo anno di vita, principalmente per la scarsità di siti dove porre il nido, per cui il periodo di volo ininterrotto supera spesso il biennio. Infatti, quest’uccello, uno dei massimi esperti nel volo, mangia, beve, si accoppia e dorme in aria. Ma vediamo nella realtà cosa comporta questa sua attività aviaria.

Apus apus, Rondone comune, Apodidae

I Rondoni comuni (Apus apus) trascorrono abitualmente nove mesi nei quartieri invernali e tre mesi nelle aree di nidificazione dell’emisfero boreale. Arrivano verso aprile, gridando come diavoletti forsennati con vorticosi giri intorno ai campanili, per migrare di nuovo a sud coi piccoli a partire dalla seconda metà luglio © Gianfranco Colombo

Il Rondone vola orizzontalmente ad una velocità media di circa 90 km/h con punte incredibili di oltre 200 km/h e rallentamenti a 50 km/h: come vedremo la sua conformazione alare non permette, in giornate senza ausilio di vento, basse velocità per non incorrere in stalli e perdita di portanza aerea. Ad una velocità significativamente comoda, il rondone può quindi percorrere con assoluta serenità, non meno di 1.000 km al giorno! Basti pensare che nel periodo di nidificazione i siti di alimentazione si possono trovare anche a 100 km di distanza dal nido. Per capire l’enormità di questi dati, possiamo benissimo immaginare che un rondone milanese se ne vada tutti i giorni a Roma a cacciare moscerini e ritorni la sera nei suoi cieli natii. Ammettendo che durante le migrazioni o durante lo stazionamento nei quartieri invernali si limiti a queste distanze, anche se è ipotizzabile ne possa percorrere di più, mille chilometri al giorno significano 360.000 l’anno.

Tenendo poi conto che il Rondone è un uccello molto longevo, (scienziati svedesi hanno certificato un caso di ricattura di un esemplare inanellato ben 17 anni prima ma altri hanno accertato casi ancora più ampi), si può immaginare quanti milioni di chilometri percorra questo piccolo uccelletto nella sua vita. Qualunque siano i risultati, fa certamente impressione pensare che un piccolo Rondone se ne esca un giorno dall’anfratto in cui è nato e dal quale difficilmente ha potuto osservare cosa gli stava attorno ed improvvisamente, senza alcuna esperienza, si getti nel vuoto sottostante e si metta a volare per tre anni, gironzolando per il mondo senza mai fermarsi! Non facile da capire per noi umani così legati alla terra che abbiamo ben salda sotto i piedi!

L’etimologia del binomio scientifico Apus deriva, come prima accennato, da “a” = senza e “pous” = piedi, ripetuto sia nel genere che nella specie, appunto per la ridotta lunghezza delle zampe. Il nome comune italiano di Rondone sembra derivi dal termine latino “hirundo”= rondine, in una versione accrescitiva. Taluni lo fanno risalire allo spagnolo “rondar”= andare in giro, per i loro vorticosi voli attorno ai luoghi di nidificazione.

Apus apus, Rondone comune, Apodidae

Cabrata a coda aperta. Superano i 200 km/h cacciando zanzare, effimere ed altri insettini anche a 100 km dal nido © Gianfranco Colombo

In Europa è chiamato Common Swift in inglese, Mauersegler in tedesco, Vencejo Común in spagnolo, Martinet noir in francese, Andorinhão preto in portoghese ed un simpatico  Yo-Roppaamatsubame in giapponese.

Zoogeografia

Tutte le popolazioni mondiali di questo volatile, svernano nell’Africa australe, ben al di sotto dell’Equatore.

Nidifica invece in una vastissima area che copre nella sua totalità il continente europeo, Islanda esclusa, tutta la Siberia fino all’Oceano Pacifico, scendendo a sud fino al 40mo parallelo ed in una fascia che dal Medio Oriente raggiunge il subcontinente indiano a meridione delle grandi catene himalayane.

È presente anche nella parte nordoccidentale dell’Africa, dal Marocco alla Tunisia.

Il Rondone trascorre abitualmente nove mesi nei quartieri invernali e tre mesi nelle aree di nidificazione: è uno dei migratori che ritardano di più i loro spostamenti verso nord e che di converso anticipano quelli verso sud.

Arriva nel paleartico ad aprile anche inoltrato e se ne ritorna in Africa a partire già dalla metà del mese di luglio. Suo alter ego nella parte mediterranea dell’areale, è il Rondone pallido (Apus pallidus) specie spesso indistinguibile per la forte similarità ma che invece migrerà solo nell’autunno.

Sono state classificate due sottospecie di cui la prima, la forma tipica, Apus apus apus, occupa tutta l’Europa e la parte nord dell’areale asiatico mentre Apus apus pekinensis la fascia più a sud fino alla Mongolia e Manciuria.

Ecologia ed Habitat

Il Rondone nidifica nelle aree temperate dell’emisfero boreale, raggiungendo anche territori soggetti ad estati fresche ed a volte anche fredde ma che garantiscono quella fauna entomologica sufficiente a sostenere la sopravvivenza di questa specie. Naturalmente è altrettanto d’obbligo che l’area di nidificazione abbia quegli ampi spazi aperti tanto necessari da permettere quegli spettacolari voli di caccia che questo uccello effettua durante il giorno, anche a livello del suolo, quando gli insetti, sospinti verso il basso dalle condizioni atmosferiche, si accumulano nei bassi strati dell’atmosfera.

Infine, occorre disporre di siti adatti alla nidificazione che siano a distanze per loro accettabili quindi a non più di qualche decina di chilometri. La stagione estiva nei territori della taiga e della tundra, vede il proliferare di quantità incredibili di piccoli insetti volanti, particolarmente zanzare ed effimere, un alimento molto nutriente, ben diffuso e facilmente cacciabile.

Il volo del Rondone è molto potente ma nel contempo è assai agile e fluido. Planate e giravolte, virate e cabrate, impennate inverosimili ed avvitamenti inspiegabili, intervallati da fasi di rapida battuta alare. Quello degli avvitamenti è un’azione alquanto comune ma è rimasta da sempre inspiegata. Al termine di una rapida e corta impennata, dopo un breve stallo a mezz’aria, il volatile si butta in picchiata avvitando materialmente le ali sul dorso, lasciandosi cadere verso il basso per una decina di metri con un volo ingarbugliato ed incontrollato, come se stesse precipitando, per poi riprendere nuovamente il volo regolare. Il gioco è ripetuto da tutti i rondoni ed in qualsiasi momento del volo, figurando probabilmente come un segnale di socialità e coesione tra il gruppo.

Non si era mai capito a fondo come facesse poi un uccello così veloce e con così poca portanza aerea, data da ali estremamente strette, tanto da dover mantenere una velocità notevole per ottenere un buon sostentamento in aria, effettuare cambi di direzione così repentini, pur non avendo una coda con timoniere così sviluppate.

Apus apus, Rondone comune, Apodidae

Una deposizione eccezionale con 3 piccoli e un uovo ancora da schiudere. Entrambi i genitori s’alternano nella cova © Gianfranco Colombo

Da studi di alcuni scienziati, sembra che i rondoni riescano a battere le singole ali a diversa velocità, tanto da creare un effetto differenziale e quindi agire direttamente sulla traiettoria in ausilio della coda. Nel mondo anglosassone lo chiamavano spesso il “diavoletto nero”, per il suo modo di volare in gruppi compatti attorno agli immobili e chiese dove ponevano il nido, gridando come forsennati.

Morfofisiologia

Particolarità morfologica subito evidenziata da questo uccello, sono le ali. Due appendici strettissime e lunghissime che sbattute violentemente nell’aria, riescono a sviluppare velocità assolutamente fuori dal comune. Sembra persino che la potenza sviluppata da questi arti sia aiutata da qualche altro meccanismo che implementa i risultati aerei di questo uccello. Impensabile quanta potenza e velocità siano frutto di un così piccolo meccanismo, tanto più che il battito d’ala non è poi così rapido, tanto da poter esser osservato ad occhio nudo ed a volte addirittura con movimenti battuti come al rallentatore.

Il Rondone comune è completamente nero opaco, con un’unica variante il sottogola bianchiccio. Non vi è dimorfismo sessuale. Nel volo si distingue facilmente da ogni altro simile appunto per questo colore nero e naturalmente per la forte velocità espressa dal volo. Nell’area mediterranea è spesso confondibile con il Rondone pallido già sopra accennato che in realtà ha una livrea perfettamente simile ma solo un pochino più chiara e tendente al marrone. Una distinzione non facile sul campo! Anche nelle dimensioni risulta eclatante l’apertura delle ali che supera i 40 cm con punte vicine ai 45 cm negli esemplari adulti. La lunghezza è di 17 cm ed il peso dai 45 ai 50 g.

Apus apus, Rondone comune, Apodidae

È facile scorgere, anche ad occhio nudo, esemplari col sottogola gonfio di cibo che tornano al nido © G. Colombo

Il becco è cortissimo ma nasconde una bocca immensa che come un sacco viene usata per acchiappare in volo gli insetti. Come tutte le rondini e rondoni, questi uccelli hanno un sacco boccale che permette loro di raccogliere un gran numero di prede e trasportarle ai piccoli da lunghe distanze. Osservandoli in volo si vedono spesso questi rigonfiamenti del sottogola, peraltro di colore bianco che possono contenere centinaia di piccoli insetti.

La coda è corta e fortemente biforcuta quando spalancata ed è formata da 6 coppie di timoniere. Le zampe sono cortissime e mai visibili, fatto salvo quando avvicinandosi al nido, si aggrappano con le fortissime unghie alla parete per entrare nel pertugio scelto.

Le dita sono zigodattili avendo le due esterne opponibili alle altre due, come i picchi ed i pappagalli, quindi adatte ad aggrapparsi a qualsiasi parete. Zampette talmente corte che impedirebbero a qualsiasi esemplare che cadesse o si posasse accidentalmente a terra, di poter riprendere il volo.

In effetti una delle cause più frequenti di morte di questi uccelletti, è la caduta dal nido nella fase di involo dei giovani. In questo caso il piccolo non verrebbe neppure nutrito, non solo per la consapevolezza propria dei genitori che nulla rimarrebbe da fare ma anche per il pericolo che gli stessi adulti correrebbero nel tentativo di raggiungerlo al suolo. Le zampe cortissime non permetterebbero di alzare il corpo per spiccare il volo e le ali estremamente lunghe batterebbero inutilmente sul suolo.

Etologia e Biologia riproduttiva

Il Rondone comune depone una sola covata e questo momento è l’unico che passa toccando il suolo terrestre.  Si potrebbe pensare che l’amore per il volo faccia dimenticare la necessità di nidificare, visto che anche durante le settimane di nidificazione l’obbligo di tornare al nido è strettamente limitato alle necessità impellenti della prole.

Viene scelta una fessura oppure una tegola od un buco in una parete di una costruzione od ancora una cassetta nido o, abbastanza occasionalmente, il tronco di un vecchio albero. A volte sceglie anche i buchi degli scoli di contrafforti stradali anche se con una certa frequenza si possono trasformare in veri tranelli idraulici. L’importante che vi sia una benché minima capacità interna per l’accomodamento anche scomodo di un uccello in cova e dei due abituali piccoli che nasceranno.

Il nido è spesso in colonie di alcune decine di coppie a volte isolate, per necessità logistiche e di spazio, da qualche decina di metri ma la convivenza durante le normali funzioni giornaliere è sempre garantita. D’altra parte non si sono mai visti volare dei rondoni isolatamente ma sempre in gruppi uniti ed affiatati come è tipico di una vita sociale di gruppo.

Il nido è composto di materiale raccolto in volo ed incollato con la saliva tanto da formare una piccola coppa ovale. Sono generalmente soffici piume, fili d’erba rinsecchiti, pezzi di vario materiale: tutto ciò che può essere trasportato dal vento. Per certi aspetti il nido potrebbe essere paragonato a quello della Rondine salangana dell’Estremo oriente, quei nidi tanto famosi e gustosi usati per preparare appunto la “zuppa di nidi di rondine”.

Apus apus, Rondone comune, Apodidae

Questi uccelli mangiano, bevono, si accoppiano e dormono in volo, come qui di notte al chiaro di luna © Gianfranco Colombo

Vengono deposte d’abitudine 2 uova, a volte 3 ed eccezionalmente 4, covate da entrambi i genitori per circa tre settimane. A volte nel periodo di schiusa ed in particolare la notte, entrambi i genitori rimangono sul nido tenendosi amorevolmente compagnia, come se stessero in attesa della nascita dei piccoli ma non appena la giornata si avvicina uno dei due si invola lasciando solo il partner fino al momento del cambio. La durata della cova è di circa 20 giorni ma lo stazionamento nel nido da parte dei piccoli è alquanto lungo e passano a volte fino a sei settimane prima che i giovani si involino. Infatti, l’operazione dell’involo risulta essere il momento più pericoloso della loro vita!

Immaginiamoci un uccello con ali lunghissime ristretto all’interno di un angusto pertugio insieme ad uno o più fratelli, dove a malapena riescono a muoversi e girarsi e dove risulta impossibile anche la semplice operazione di stirare le ali e testarle al volo come fanno tutti i nidiacei per lungo tempo prima di lasciare il nido. Eppoi la collocazione del loro rifugio, in fessure strette ed anguste poste ad altezze solitamente elevate ma a volte a pochissimi metri dal suolo tanto da non avere la possibilità di gettarsi e sperimentare anche per un solo attimo la funzionalità di un arnese eccezionale di cui la natura li ha dotati.

Ali difficili da gestire se non attraverso una maestria che non hanno avuto modo di sperimentare e che solo in quell’istante devono dimostrare di saper gestire. Un attimo, un brevissimo lasso di tempo che segna per sempre la loro vita: un errore risulterebbe fatale ed una caduta al suolo non avrebbe alcuna possibilità di rimedio. O buona al primo colpo oppure è finita!

Sinonimi

Hirundo apus Linnaeus, 1758.