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Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologo Zoologo

 

Una fiammeggiante Lilioceris lilii, mal vista nei giardini. I coleotteri vantano 330.000 specie note © Mazza

Una fiammeggiante Lilioceris lilii, mal vista nei giardini. I coleotteri vantano 330.000 specie note © Mazza

I Coleotteri (Coleoptera) rappresentano il più importante ordine di insetti e il principale gruppo di organismi viventi sul Pianeta Terra, comprendendo circa 400.000 specie descritte.

Una ricchezza di specie così elevata trova riscontro anche nella diversità dei ruoli ecologici all’interno di quest’ordine in cui figurano erbivori, frugivori, granivori, fungivori, predatori, parassiti, simbionti, detritivori e tante altre specializzazioni alimentari che hanno permesso ai coleotteri di colonizzare ogni tipo di habitat in tutti i continenti (a parte l’Antartide).

Nessun altro ordine di organismi viventi possiede un numero di specie così elevato, che peraltro aumenta sempre di più perché ogni mese gli entomologi scoprono nuove specie e razze di coleotteri.

I più antichi resti fossili di Coleotteri risalgono al periodo Permiano dell’era Paleozoica, circa 300 milioni di anni fa.

Come per altri ordini di insetti, ancora oggi la classificazione dei coleotteri è in costante rimaneggiamento, soprattutto a livello di famiglia e di genere.

L’inquadramento sistematico (ancora discusso) è il seguente: phylum Artropodi (Arthropoda), subphylum Esapodi (Hexapoda), classe Insetti (Insecta), sottoclasse Pterigoti (Pterygota), ordine Coleotteri (Coleoptera). In una sezione sistematica apposita, tratteremo le suddivisioni relative ai due principali sottordini di coleotteri, Adefagi (Adephaga) e Polifagi (Polyphaga), che comprendono circa 180 famiglie e numerose sottofamiglie.

Le famiglie più importanti e significative, che verranno citate come esempi nel presente testo sono le seguenti: Carabidi (Carabidae), Ditiscidi (Dytiscidae), Girinidi (Gyrinidae), Noteridi (Noteridae), Idrofilidi (Hydrophilidae), Eloforidi (Helophoridae), Georissidi (Georissidae), Stafilinidi (Staphylinidae), Colevidi (Cholevidae), Leiodidi (Leiodidae), Silfidi (Silphidae), Isteridi (Histeridae), Lampiridi (Lampyridae), Cantaridi (Cantharidae), Drillidi (Drillidae), Malachidi (Malachiidae), Cleridi (Cleridae), Elateridi (Elateridae), Buprestidi (Buprestidae), Driopidi (Dryopidae), Eteroceridi (Heteroceridae), Elodidi (Helodidae), Dermestidi (Dermestidae), Cucuidi (Cucujidae), Nitidulidi (Nitidulidae), Micetofagidi (Mycetophagidae), Erotilidi (Erotylidae), Coccinellidi (Coccinellidae), Endomichidi (Endomychidae), Bostrichidi (Bostrichidae), Cisidi (Cisidae), Anobidi (Anobiidae), Ptinidi (Ptinidae), Anticidi (Anthicidae), Meloidi (Meloidae), Mordellidi (Mordellidae), Tenebrionidi (Tenebrionidae), Crisomelidi (Chrysomelidae), Cerambicidi (Cerambycidae), Curculionidi (Curculionidae), Scolitidi (Scolytidae), Lucanidi (Lucanidae), Trogidi (Trogidae), Geotrupidi (Geotrupidae), Scarabeidi (Scarabaeidae).

Caratteristica peculiare dell'ordine sono le elitre: ali trasformate nel tempo in solidi astucci chitinosi divaricabili per <br />proteggere il secondo paio d'ali. Qui un Maggiolino (Melolontha melolontha) nella fase di decollo © Giuseppe Mazza

Caratteristica peculiare dell’ordine sono le elitre: ali trasformate nel tempo in solidi astucci chitinosi divaricabili per proteggere il secondo paio d’ali. Qui un Maggiolino (Melolontha melolontha) nella fase di decollo © Giuseppe Mazza

Bisogna infine aggiungere che delle classificazioni alternative (soprattutto a livello di famiglia e di genere), vengono continuamente sottoposte e talvolta approvate dall’International Code for Zoological Nomenclature (ICZN).

Linee morfologiche generali

Il termine “coleoptera” deriva dalla composizione delle parole greche “coleos” (fodero) e “pteron” (ala), cioè “ala foderata”.

Infatti la caratteristica più appariscente dei coleotteri è fornita dalle “elitre”, formate dal primo paio di ali modificate in due scudi di chitina più o meno rigida, che ricoprono il secondo paio di ali, proteggendo anche la parte superiore del mesotorace, del metatorace e dell’ addome.

Nelle specie in cui il secondo paio di ali ha conservato l’attitudine al volo, quindi nella maggior parte delle specie di coleotteri, le elitre sono indipendenti: in posizione di riposo i loro margini interni combaciano lungo una linea mediana, detta “sutura”, mentre durante il volo vengono divaricate così da permettere la fuoriuscita delle ali membranose.

Negli scarabeidi della sottofamiglia Cetoniinae (che comprendono anche i grandi Goliathus africani), le elitre sono saldate tra loro lungo la sutura e al momento del volo vengono sollevate insieme per lasciare che le ali fuoriescano distendendosi.

Appaiono spesso vivacemente colorate, come per il Gaurotes virginea o la Leptura cordigera, che appartengono alla grande famiglia dei Cerambycidae © Giuseppe Mazza

Appaiono spesso vivacemente colorate, come per il Gaurotes virginea o la Leptura cordigera, che appartengono alla grande famiglia dei Cerambycidae © Giuseppe Mazza

Alla base della sutura, le elitre sono generalmente separate tra loro da una piccola porzione del mesonoto (lamina dorsale sclerificata, del secondo segmento toracico), posta sul loro stesso piano, detta “scutello”, per la sua forma generalmente ogivale o triangolare, simile a quella di un minuscolo scudo.

Costituiscono una corazza, spesso mimetica, come in questa minuscola Psyllobora vigintiduopunctata © G. Mazza

Costituiscono una corazza, spesso mimetica, come in questa minuscola Psyllobora vigintiduopunctata © G. Mazza

Nelle elitre, la struttura a nervature delle ali originarie, non è del tutto scomparsa e si manifesta spesso sotto forma di solchi o serie longitudinali di punti, detti strie. Gli angoli basali esterni delle elitre vengono detti “omeri” e spesso sono a rilievo; la porzione centrale delle stesse viene definita “disco elitrale”, mentre gli eventuali ripiegamenti formati ai lati del corpo, sono chiamate “epipleure”.

Non sempre le ali membranose sono atte al volo: molti coleotteri presentano ali più o meno atrofizzate (brachitteri) o assenti (atteri); in questo caso, le elitre sono spesso saldate fra loro lungo la sutura e non presentano omeri sporgenti mentre lo scutello può essere o ridottissimo o assente. Nei coleottteri atteri l’agilità è stata evolutivamente sacrificata ad una più efficace protezione del corpo con elitre fuse a formare un involucro unico, spesso molto rigido; esempi di una simile corazza, con epipleure che possono racchiudere l’addome fin sui lati della superficie ventrale, si osservano in molti Curculionidi, come Otiorhynchus, Tenebrionidi come Pimelia, Erodius, ecc..

Non sempre le elitre ricoprono tutta la superficie dorsale dell’addome: esse possono essere più o meno accorciate negli Stafilinidi e famiglie satelliti, dove peraltro continuano a svolgere una funzione protettiva e, nei Meloidi del genere Meloe, dove sono spesso ridotte a moncherini. Nelle femmine di alcune specie invece, si osserva una totale scomparsa delle elitre e delle ali membranose, che conferisce all’animale un aspetto larviforme; questo fenomeno, si può osservare in numerose specie di Lampiridi, Drillidi e Scarabeidi della sottofamiglia Pachypodinae, in cui i maschi posseggono per contro elitre ed ali membranose perfettamente sviluppate.

Spesso, vedi Tenebrioides mauritanicus, si notano ancora le nervature delle antiche ali ridotte a solchi © Mazza

Spesso, vedi Tenebrioides mauritanicus, si notano ancora le nervature delle antiche ali ridotte a solchi © Mazza

Le ali del primo paio si presentano più o meno sclerificate anche in altri ordini di insetti, soprattutto negli Emitteri o Rincoti (Hemiptera dal greco “hemi”: mezza, “ptera”: ala, o Rhynchota) e negli Ortotteri (Orthoptera).

In questi ordini le ali anteriori vengono chiamate rispettivamente emielitre e tegmine.

La conformazione delle emielitre in molti rincoti conferisce loro un aspetto a prima vista simile a quello dei coleotteri. Tuttavia, i rincoti, oltre ad essere profondamente diversi dai coleotteri per importanti caratteristiche biologiche (i primi sono eterometaboli, i secondi olometaboli), si possono agevolmente distinguere per il caratteristico apparato boccale succhiatore pungente e per altri aspetti morfologici.

Spesso, lungo i lati del protorace, si possono osservare, specialmente nella famiglia dei Cerambicidi, acute sporgenze a forma di denti, con funzione protettiva dai predatori.

Invece, nella famiglia Scarabeidi, sono assai diffuse formazioni a rilievo simili a corni sulla parte superiore del pronoto, accompagnate spesso a corni cefalici, presenti quasi sempre nei soli esemplari di sesso maschile, fungendo da caratteri di dimorfismo sessuale permanente. Molto variabile nella forma è anche il capo, soprattutto nella sua porzione terminale. In esso si possono distinguere una regione superiore posta dietro agli occhi, detta vertice, uno spazio fra gli occhi detto fronte, e un’area ridotta chiamata “epistoma” o “clipeo”, compresa fra la fronte e l’apparato boccale.

Ma le elitre possono anche mancare come nelle femmine di Lucciola (Lampyris noctiluca) qui ripresa di giorno e al chiaro di luna © Giuseppe Mazza

Ma le elitre possono anche mancare come nelle femmine di Lucciola (Lampyris noctiluca) qui ripresa di giorno e al chiaro di luna © Giuseppe Mazza

A volte la parte anteriore del capo è prolungata in avanti a formare un rostro (punta più o meno ricurva verso il basso), come in molte specie della vastissima famiglia dei Curculionidi. Ai lati del capo si distinguono anche le guance e le tempie, mentre inferiormente sono presenti il mento e la gola: tutte queste parti sono facilmente identificabili per analogia di posizione con le nostre.

La taglia dei coleotteri va da 20 cm a 0,5 mm. Qui un Cryptophagidae su un petalo di fragola © Giuseppe Mazza

La taglia dei coleotteri va da 20 cm a 0,5 mm. Qui un Cryptophagidae su un petalo di fragola © Giuseppe Mazza

L’apparato boccale è generalmente masticatore, ed è costituito da numerosi pezzi; i più importanti tra questi sono le mandibole, dotate spesso, sul bordo interno, di robusti dentelli. Un enorme sviluppo delle mandibole si può osservare nei maschi di molti Lucanidi, fra cui il nostrano Cervo volante (Lucanus cervus).

In questo caso le mandibole non hanno più alcun ruolo nella masticazione del cibo, ma vengono utilizzate come armi nelle lotte fra maschi.

Altri organi boccali importanti sono i “palpi”, presenti in due coppie (palpi mascellari e palpi labiali) e formati solitamente da tre articoli, ricchi di recettori chimici di tipo gustativo-tattile.

Ancora più variabile è poi la foggia delle antenne, organi di senso olfattivo-tattile, la cui morfologia ha spesso grande importanza tassonomica.

Esse possono essere formate da un numero variabile di articoli ma in nessun caso molto elevato (in genere sono undici articoli).

La loro forma può essere uniformemente allungata oppure moderatamente allargata o assottigliata verso l’apice. Talvolta gli articoli, ad eccezione di quelli basali, sono angolosamente sporgenti, in modo da simulare i denti di una sega (antenne dentate), oppure presentano delle appendici allungate, dirette perpendicolarmente all’antenna stessa che viene allora detta “pettinata” come in molti Elateridi.

Nel genere Mordella il corpo si prolunga come una coda appuntita © Giuseppe Mazza

Nel genere Mordella il corpo si prolunga come una coda appuntita © Giuseppe Mazza

Molto spesso, gli ultimi articoli delle antenne sono bruscamente allargati, a formare una sorta di clava, per cui le antenne vengono dette “clavate”. Nelle specie della superfamiglia Lamellicorni (Lamellicornia), la clava è formata da articoli dotati di espansioni lamellari, che non si riscontrano in nessun altro coleottero, permettendo una facile identificazione del gruppo.

In molti casi, il primo articolo antennale è particolarmente sviluppato mentre i successivi articoli formano un angolo pronunciato con esso: si parla allora di antenne “genicolate”, simili a quelle delle formiche. Questo tipo di antenne, in cui il primo articolo è detto “scapo” mentre la restante parte si chiama “funicolo”, si osserva soprattutto nei curculionidi.

Sul lato ventrale del corpo dei coleotteri, si possono riconoscere il prosterno, il mesosterno e il metasterno, che costituiscono la porzione ventrale dei corrispondenti segmenti toracici, seguiti dagli “sterniti” che rappresentano la superficie ventrale dei segmenti addominali.

Ai lati dei segmenti toracici, si possono in linea generale, osservare dei pezzi saldamente articolati, detti “epimeri” ed “episterni”.

Nell’addome, gli sterniti sono fortemente sclerificati, mentre i tergiti, cioè la porzione superiore dei segmenti, sono generalmente membranosi, ad eccezione dell’ultimo, detto “pigidio”.

Quest’ultimo è generalmente corazzato perché in molti casi non è coperto dalle elitre e protegge l’apertura genitale e gli organi riproduttivi che si trovano al suo interno.

I tergiti di quei coleotteri che, come gli Stafilinidi, posseggono elitre ridotte, sono fortemente chitinizzati per offrire protezione all’addome. Di notevole interesse è la struttura delle zampe, che può presentare svariate modificazioni. Le tre paia di zampe sono articolate a ciascuno dei tre segmenti toracici; il pezzo basale, detto anca (coxa), di forma generalmente sferoidale, si articola in una cavità, detta “cotiloide” o cavità coxale, con ampie possibilità di rotazione nello spazio.

Uova, larve e schiusa di una ninfa di Melasoma populi. Tutti i coleotteri passano attraverso queste fasi, tolti i membri della famiglia dei Meloidae che presentano altri stadi © Giuseppe Mazza

Uova, larve e schiusa di una ninfa di Melasoma populi. Tutti i coleotteri passano attraverso queste fasi, tolti i membri della famiglia dei Meloidae che presentano altri stadi © Giuseppe Mazza

All’anca, si articola il trocantere, segmento di solito molto piccolo; nelle specie più agili come ad esempio gli stafilinidi, anche i trocanteri sono però discretamente sviluppati. Seguono poi il femore, che è il più voluminoso tra i segmenti della zampa, e la tibia, più o meno allungata, che può compiere rispetto al femore, movimenti angolari di quasi 180°, mantenendosi però sempre sullo stesso piano nello spazio, senza possibilità di movimenti di torsione.

E' il caso della Mylabris variabilis. La sua crescita passa attraverso look e comportamenti molti diversi © G. Mazza

E’ il caso della Mylabris variabilis. La sua crescita passa attraverso look e comportamenti molti diversi © G. Mazza

L’ultimo segmento, detto tarso, è frammentato in un numero variabile di articoli, generalmente quattro o cinque. Questi sono normalmente subcilindrici ed allungati nelle specie che corrono sul terreno, mentre sono dilatati, appiattiti e muniti spesso di suola feltrosa, nelle specie che si arrampicano sulle piante.

L’ultimo articolo tarsale, che è sempre piuttosto esile, è munito all’apice di due uncini (talvolta uno solo), mentre il penultimo si presenta spesso diviso in due lobi.

Molte specie utilizzano le zampe per scavare il terreno e presentano all’uopo, tibie anteriori dilatate, dentellate o comunque assai robuste; le zampe modificate a tale scopo, vengono dette “fossorie”.

Ancora più specializzate sono le zampe mediane e soprattutto posteriori dei coleotteri acquatici, in cui femori e tibie sono accorciati e fortemente compressi, mentre i tarsi, parimenti compressi, sono dilatati e muniti di rigide frange di peli, in modo da funzionare come remi e permettere il nuoto. L’evoluzione più spinta di tali zampe, definite “natatorie”, si può osservare nei Girinidi, in cui le zampe mediane e posteriori, estremamente corte e dilatate, permettono a questi insetti di pattinare con grande rapidità sulla superficie dell’acqua.

Elitre a parte anche il corpo è spesso corazzato come in questa Blaps gigas © Giuseppe Mazza

Elitre a parte anche il corpo è spesso corazzato come in questa Blaps gigas © Giuseppe Mazza

Una modificazione di un certo rilievo, la si può osservare nelle zampe posteriori di alcuni Crisomelidi, Curculionidi ed Elodidi; in queste specie, i femori, molto ingrossati, contengono poderosi fasci muscolari che, provocando un brusco e velocissimo scatto, consentono salti di notevole lunghezza e rapidità.

L’anatomia interna dei coleotteri non è sostanzialmente diversa da quella degli altri insetti superiori; le maggiori differenze si notano nella struttura dell’apparato genitale, analogo a quello degli altri insetti, ma costituito da elementi diversamente strutturati.

L’apparato sessuale maschile consta innanzitutto di un grande organo copulatore chitinizzato, detto “edeago”, che è formato da un lobo centrale fortemente sviluppato e due lobi laterali, liberi o fusi insieme, detti “parameri”.

Nell’apparato genitale femminile i pezzi sclerificati sono più piccoli e meno numerosi; gli organi preposti alla produzione delle cellule seminali, detti “ovarioli”, sono membranosi e convogliano il loro prodotto in un piccolo contenitore generalmente sclerificato, detto “spermateca”, avente la funzione di conservare lo sperma fino alla completa maturazione delle uova. Le dimensioni dei coleotteri sono molto variabili: le specie più piccole non raggiungono il mezzo millimetro di lunghezza, mentre le più grandi, possono arrivare a una quindicina di centimetri.

Le zampe, ben articolate, si adattano a vari stili di vita. Nell'Oedemera nobilis i maschi, con femori enormi, mostrano un insolito dimorfismo sessule © Giuseppe Mazza

Le zampe, ben articolate, si adattano a vari stili di vita. Nell’Oedemera nobilis i maschi, con femori enormi, mostrano un insolito dimorfismo sessule © Giuseppe Mazza

Uno dei coleotteri più grandi, lo Scarabeo ercole (Dynastes hercules), può superare i venti centimetri, ma una parte di questi spettano ai lunghissimi corni del capo e del protorace; questo coleottero è un abitante delle foreste tropicali dell’America centrale e meridionale dal livello del mare fino a circa 1200 m s.l.m.

In alcune specie, come il Lucanus cervus, le mandibole diventano corna per duelli fra maschi © Giuseppe Mazza

In alcune specie, come il Lucanus cervus, le mandibole diventano corna per duelli fra maschi © Giuseppe Mazza

Un altro esempio è il Coleottero Titanico (Titanus giganteus), un Cerambicide famoso per i suoi 17 cm circa, con una distribuzione geografica nel Nuovo Mondo, specificamente in Sudamerica e nello specifico in Brasile, Venezuela, Ecuador, Bolivia, ecc. La caratteristica più eclatante di questo coleottero, oltre le dimensioni, è che il maschio in procinto di lottare con un suo consimile o in presenza di una situazione di pericolo emette un sibilo di avvertimento e intimidatorio.

Ciclo biologico, ecologia e distribuzione geografica

Come accennato prima, essendo insetti olometaboli, i coleotteri vanno incontro durante lo sviluppo preimmaginale, a due fasi ben distinte: la fase larvale, in cui l’insetto conduce vita attiva, e la fase ninfale, di minore durata, trascorsa nell’immobilità. Durante la fase larvale, l’insetto va soggetto a mute, a seguito delle quali risultano accresciute le dimensioni corporee, mentre l’aspetto generale del corpo rimane più o meno inalterato. Le larve dei coleotteri, variano moltissimo nella forma e nei costumi, a seconda dei gruppi: nelle specie fitofaghe (che si nutrono di prodotti vegetali) si osservano larve dal corpo molle e talvolta prive di zampe atte alla locomozione (per esempio, nei Curculionidi le larve sono apode); al contrario, in molte specie carnivore, le larve sono più o meno corazzate, agili e aggressive nei confronti delle potenziali prede.

Allo stesso scopo, come nell'Oryctes nasicornis, spuntano denti e protuberanze sul protorace © Giuseppe Mazza

Allo stesso scopo, come nell’Oryctes nasicornis, spuntano denti e protuberanze sul protorace © Giuseppe Mazza

Particolarmente agguerrite sono le larve degli Adefagi: ad esempio, le larve dei Carabidi, sono terragnole, coabitano spesso con gli adulti e sono predatori al pari di questi. Ancora più voraci sono le larve dei grandi Ditiscidi, che conducono vita acquatica come gli adulti e fanno stragi di girini, anellidi e piccoli pesci.

In tutti gli Adefagi, l’aspetto larvale è completamente distinto da quello degli adulti: le larve del genere Carabus hanno tergiti protettivi allargati che le fanno assomigliare a onischi, crostacei dell’ordine degli Isopodi (Isopoda), i cosiddetti Porcellini di terra o di Sant’Antonio; al contrario, le larve acquatiche del genere Dytiscus hanno forma stretta e allungata, con il capo ben separato dal corpo e lunghe mandibole.

Nelle larve dei coleotteri fitofagi, si possono osservare cospicue differenze, a seconda che queste vivano sulle parti aeree delle piante, o sottoterra nutrendosi come specie fossorie di radici, dette perciò “rizofaghe”, o di legno, dette quindi “xilofaghe”.

Le larve che vivono sulle piante hanno zampe capaci di aderire alle foglie o ai tronchi, e possono essere criptiche oppure adorne di colori abbastanza vistosi; invece quelle fossorie o xilofaghe sono generalmente depigmentate. Nelle specie xilofaghe, le larve sono spesso apode o con zampe ridottissime: ciò si osserva in generale nei Cerambicidi e nei Buprestidi, le cui larve sembrano grossi vermi segmentati bianchi e mollicci, forniti di robuste mandibole scure.

Può esserci anche un rostro smisurato all'apice del capo, come nell'Antliarhinus zamiae © Mazza

Può esserci anche un rostro smisurato all’apice del capo, come nell’Antliarhinus zamiae © Mazza

Tipiche sono le larve dei Lamellicorni, che possiedono zampe più o meno sviluppate ma poco efficienti dato il peso e la forma del corpo, incurvato ventralmente a forma di “C”. Vivono generalmente infossate nel legno marcescente, negli escrementi o nel suolo fra detriti vegetali e radici.

Del tutto diverse dalle larve degli altri coleotteri, sono infine quelle dei Meloidi, come la cosiddetta Mosca spagnola (Lytta vesicatoria), che conducono vita parassitaria nei nidi degli Imenotteri (Hymenoptera) melliferi o predatori.

Infatti le larve di questi coleotteri, oltre a presentare forme assai bizzarre, subiscono delle mute che ne alterano profondamente la struttura e vanno talora incontro, a periodi di immobilità simili a quelli propri della ninfa, ancora durante lo stadio larvale.

Poco prima della metamorfosi, le larve mature dei coleotteri si scavano una celletta nel terreno o, per le specie xilofaghe, nel legno, in cui si trasformano rapidamente in pupe (fase ninfale). Queste poi attenderanno la fase finale della metamorfosi nella più assoluta immobilità, mantenendo le zampe, le antenne e il capo ripiegati sulla superficie ventrale.

Molti Scarabeidi, fra cui le cetonie (Cetonia) e i maggiolini (Melolontha) si costruiscono anche un involucro solido, formato da terriccio e fini detriti di legno impastati con la saliva. Questi involucri sono assai simili a quelli utilizzati dalle crisalidi di molti Lepidotteri.

I coleotteri frequentano i più disparati ambienti e presentano svariati regimi alimentari. Il più alto numero di specie vive parassitando le piante, specializzandosi sovente a tal punto da limitare la scelta a un’unica pianta ospite.

Le specie fitofaghe maggiormente specializzate figurano nelle famiglie Crisomelidi, Buprestidi, Cerambicidi , Curculionidi e Nitidulidi. A seconda delle famiglie e dei generi, i fitofagi possono nutrirsi di foglie (fillofagi), di fiori (antofagi), di frutti (carpofagi), di semi (spermofagi), di linfa (linfofagi), di radici (rizofagi) o di legno (xilofagi). Come esempio di specie fillofaga ricordiamo la crisomela del pioppo che svolge il suo ciclo riproduttivo sugli alberi del genere Populus (famiglia Salicaceae).

 L'Ocypus olens è un carnivoro notturno di 25-28 mm, con elitre ridotte a moncherini. Minacciato, apre le mandibole e drizza la coda come uno scorpione emettendo un liquido urticante e sgradevoli gas ammonitori © Giuseppe Mazza

L’Ocypus olens è un carnivoro notturno di 25-28 mm, con elitre ridotte a moncherini. Minacciato, apre le mandibole e drizza la coda come uno scorpione emettendo un liquido urticante e sgradevoli gas ammonitori © Giuseppe Mazza

Nella categoria degli xilofagi rientrano la maggior parte dei Cerambicidi e dei Buprestidi.

A titolo di esempio ricordiamo il grande Cerambice della quercia (Cerambyx cerdo), che allo stato larvale si nutre del legno della pianta ospite, mentre da adulto, ne succhia, di solito, la linfa che fuoriesce dalle screpolature della corteccia.

Numerosi altri coleotteri vivono sotto le cortecce: essi appartengono per lo più agli Scolitidi, come Dryocoetes autographus e Dendrophagus crenatus, ai Cucuidi come il bellissimo Cucujus cinnaberinus (protetto dalla Direttiva Habitat), ai Bostrichidi, come Bostrichus capucinus che si sviluppa soprattutto nelle querce.

La maggior parte dei predatori agisce sul terreno, dove esiste un maggior numero di potenziali prede fra i piccoli invertebrati (non solo insetti ma anche lombrichi, crostacei isopodi, lumache ecc.) che costituiscono la pedofauna.

Un grande numero di coleotteri predatori fa parte degli Adefagi: predatori terricoli per eccellenza sono infatti i carabidi, che di notte compiono le loro spedizioni venatorie, mentre di giorno rimangono nascosti sotto i sassi o fra le radici delle piante; invece, i Ditiscidi e i Girinidi si sono perfettamente adattati alla vita acquatica e sono prevalentemente diurni.

Le mandibole del Titanus giganteus, che supera i 16 cm, possono facilmente spezzare una matita © G. Colombo

Le mandibole del Titanus giganteus, che supera i 16 cm, possono facilmente spezzare una matita © G. Colombo

Sempre in acqua però vivono anche coleotteri fitofagi: si tratta soprattutto di Idrofilidi, a cui afferisce Hydrophilus piceus, uno dei coleotteri nostrani più grandi.

Altre famiglie più o meno legate agli ambienti acquatici o ripariali sono i Driopidi (adulti acquatici, larve fossorie ripariali), gli Eteroceridi e i Georissidi (entrambi ripariali sia da adulti che da larve).

Un elevatissimo numero di specie manifesta abitudini molto più insolite, nutrendosi di funghi (micetofagi), di sterco (coprofagi), di vegetali in decomposizione (fitosaprofagi) o di animali morti (zoosaprofagi o necrofagi).

I primi appartengono ad una vasta ed eterogenea gamma di famiglie, trovando numerosi rappresentanti fra gli Stafilinidi, i Micetofagidi, gli Erotilidi, gli Endomichidi e i Cisidi.

Fra gli Erotilidi ricordiamo specie assai appariscenti nella forma e nei colori, come Cypherotylus dromedarius (Iquitos, Perù) e Ischyrus quadripunctatus (USA). I coprofagi vivono associati agli escrementi, soprattutto quelli di animali erbivori, di cui si nutrono e in cui depongono le uova.

Le antenne, multiformi secondo la funzione, contano in genere 11 articoli, come l'Evodinus interrogationis © Mazza

Le antenne, multiformi secondo la funzione, contano in genere 11 articoli, come l’Evodinus interrogationis © Mazza

Quest’ultimi annoverano rappresentanti soprattutto fra i Lamellicorni, con migliaia di specie appartenenti alle famiglie Scarabeidi (Scarabaeus, Copris, Onthophagus, Aphodius, ecc.) e Geotrupidi. Le specie del genere Scarabaeus appallottolano lo sterco, formando una sfera che trasportano camminando e facendola rotolare fino a un punto che ritengono adatto allo scavo.

Dopo averla interrata, questi insetti usano la loro provvista sferica di cibo non solo per nutrirsene ma anche per costruirci un nido sotterraneo dove allevare le proprie larve.

Tuttavia, la maggior parte degli altri scarabeidi coprofagi scavano gallerie nel suolo direttamente sotto lo sterco, riempiendole di provviste alimentari per le larve. In questo modo, esponendosi meno, riducono la predazione da parte di uccelli e altri animali.

Infine, gli scarabeidi più piccoli (Aphodius) e molti Idrofilidi coprofagi (Cercyon, Sphaeridium) depongono le uova direttamente nella massa stercorale.

I saprofagi, comprendono un enorme numero di specie: basti pensare alla famiglia dei Tenebrionidi che da sola include almeno 20.000 specie, la maggior parte delle quali si nutre di sostanza organica in decomposizione.

Non di rado adulti e larve mostrano un aspetto del tutto diverso, come il Cryptoleamus montrouzieri usato per la lotta biologica alle cocciniglie farinose © Giuseppe Mazza

Non di rado adulti e larve mostrano un aspetto del tutto diverso, come il Cryptoleamus montrouzieri usato per la lotta biologica alle cocciniglie farinose © Giuseppe Mazza

Le comunità di coleotteri zoosaprofagi, detti anche necrofagi, sono meno numerose rispetto a quelle fitosaprofaghe: le componenti tassonomiche più ricche sono formate da Silfidi, Colevidi (ex-Catopidi), Isteridi, Nitidulidi, Stafilinidi e Trogidi.

Anche quelle del Tenebrio molitor, allevate per nutrire uccelli e rettili, sono molto diverse dalle imago © G. Mazza

Anche quelle del Tenebrio molitor, allevate per nutrire uccelli e rettili, sono molto diverse dalle imago © G. Mazza

Fra i Silfidi, sono particolarmente importanti i necrofori (Nicrophorus) i quali, lavorando in gruppo, riescono addirittura a seppellire i cadaveri dei piccoli mammiferi, dove depongono le loro uova.

I Trogidi sono un caso particolare perché si nutrono soprattutto di cheratina, sostanza presente nei peli, nelle unghie o nelle penne degli animali morti.

Sono gli ultimi a partecipare al banchetto poiché prediligono i cadaveri in avanzato stato di decomposizione, più o meno disseccati dal sole sui pascoli aridi o nelle savane. Ad essi si associano alcune specie di Nitidulidi e Dermestidi.

Una particolare attenzione meritano le specie parassite di Imenotteri sociali, come le formiche. In primo luogo, vanno ricordati i Paussini, un’interessantissima tribù di Carabidi parassiti delle formiche, e i Clavigerini, tribù appartenente agli Stafilinidi, sottofamiglia Pselaphinae.

Entrambi questi gruppi, pur non essendo imparentati fra loro, possiedono antenne particolarmente ingrossate e larghe. Infatti, i Clavigerini traggono il loro nome dal greco antico (= portatore di clava), in riferimento all’enorme sviluppo delle antenne modificate. Tutti questi parassiti delle formiche vengono chiamati mirmecofili e un tempo erano considerati simbionti delle stesse, poiché, in cambio dell’ospitalità e del cibo, offrono a loro una sostanza particolarmente gradita, anzi inebriante, che però può portare al disordine sociale.

Il mimetismo è la carta vincente di molti predatori come questa Cicindela campestris © Giuseppe Mazza

Il mimetismo è la carta vincente di molti predatori come questa Cicindela campestris © Giuseppe Mazza

Per esempio, gli Stafilinidi come Lomechusa strumosa e Lomechusa atemeles, entrando in un formicaio dei generi Formica e Myrmica, espongono i tricomi anali (peli modificati) alle formiche che gli si avvicinano, secernendo un liquido che le rende totalmente dipendenti dal coleottero. Pertanto, tali individui drogati smettono di lavorare per la loro società, dedicandosi solamente alle cure dell’intruso, mentre le larve delle formiche vengono lasciate a loro destino, ed essendo incapaci di nutrirsi autonomamente muoiono.

Fenomeni analoghi di sfruttamento del formicaio si osservano nei suddetti Paussini (che addirittura si nutrono di larve e uova delle formiche ospitanti) e nei Clavigerini.

Altri coleotteri, invece, vivono nelle tane dei mammiferi roditori e insettivori, sempre in relazioni più o meno strette di parassitismo con gli occupanti. Fra questi coleotteri, il più curioso e specializzato, è il piccolissimo Platypsyllus castoris, specie nordamericana della famiglia Leiodidi, che, come si deduce dal nome, vive nelle tane dei castori. I coleotteri affidano la loro difesa soprattutto alla resistenza della loro corazza, ma ricorrono spesso ad altri accorgimenti: così alcuni di essi, se disturbati, emettono liquidi o gas caustici, come i Carabidi del genere Brachinus e gli Stafilinidi del genere Paederus.

 I coleotteri sono stupidi ? Per niente. Quando fiuta il pericolo la Lachnaea sexpunctata si lascia cadere fingendosi morta. Poi risuscita e prende il volo © Giuseppe Mazza

I coleotteri sono stupidi ? Per niente. Quando fiuta il pericolo la Lachnaea sexpunctata si lascia cadere fingendosi morta. Poi risuscita e prende il volo © Giuseppe Mazza

I primi vengono detti comunemente “bombardieri” per il crepitio prodotto durante l’emissione di un gas che fuoriesce dal loro ano e può produrre una sensazione di bruciore sulla pelle umana. I Paederus , invece, emettono un liquido che può scatenare una dermatite più o meno dolorosa ma temporanea.

E chi ha detto che non hanno cure parentali ? La femmina dell'Attelabus nitens taglia ed arrotola <br /> con cura le foglie come un sigaro per proteggere le uova. Questo strano nido cade al suolo dopo 6 settimane e le larve che svernano al suo interno diventano ninfe in primavera © Giuseppe Mazza

E chi ha detto che non hanno cure parentali ? La femmina dell’Attelabus nitens taglia ed arrotola
con cura le foglie come un sigaro per proteggere le uova. Questo strano nido cade al suolo dopo 6 settimane e le larve che svernano al suo interno diventano ninfe in primavera © Giuseppe Mazza

Moltissimi coleotteri ricorrono al mimetismo criptico, come alcune specie verdi di Crisomelidi del genere Cassida , assai difficili da distinguersi sulle foglie, e diversi Cerambicidi, ad esempio quelli dei generi Acanthocinus e Mesosa che si mimetizzano con la corteccia degli alberi.

Altri, invece, si difendono attraverso il mimetismo fanerico, rendendosi cioè appariscenti per essere confusi con insetti protetti da veleni, sapori repellenti o pungiglioni.

Diversi cerambicidi imitano nel disegno alcune specie di vespe o di meloidi, mantenendo così a distanza gli eventuali predatori che hanno imparato ad evitare i pungiglioni degli imenotteri o i veleni dei coleotteri imitati.

Un altro sistema di difesa largamente adottato è la “tanatosi”: l’insetto sentendosi minacciato, ritira le zampe e si lascia cadere al suolo, fingendosi morto e lasciandosi confondere con semi, frammenti di legno o sassolini: è il caso di molti Curculionidi, Scarabeidi, Tenebrionidi, ecc.

La grande maggioranza dei coleotteri predatori, parassiti, coprofagi e necrofagi sono molto utili all’agricoltura e alla pastorizia.

I predatori e parassiti controllano il numero degli invertebrati fitofagi (dalle terribili cocciniglie alle lumache) che altrimenti distruggerebbero la vegetazione dei pascoli e i prodotti coltivati.

Per fare un esempio, la famiglia dei Coccinellidi comprende numerose specie predatrici di Rincoti (afidi e cocciniglie), sia da adulti che nella fase larvale: Rodolia cardinalis è una coccinella monofaga, predatrice specifica della cocciniglia cotonosa (Icerya purchasi), dannosa agli agrumi; Coccinella septempunctata, invece, è un predatore generico di Afidi, anch’essi molto dannosi a svariate piante coltivate, comprese le rose dei giardini. I coleotteri coprofagi (soprattutto Scarabeidi) e necrofagi (prevalentemente Silfidi) hanno l’importante funzione di liberare la superficie del suolo dagli escrementi degli erbivori e dai cadaveri degli animali.

Per nutrire le larve, il Geotrupes stercorarius seppellisce con le uova, scavando, grosse palle di sterco © Mazza

Per nutrire le larve, il Geotrupes stercorarius seppellisce con le uova, scavando, grosse palle di sterco © Mazza

Invece, molte specie di coleotteri fitofagi possono avere un impatto grave sulle coltivazioni, soprattutto laddove il numero di vertebrati insettivori (maggiormente uccelli e anfibi) è diminuito a causa dell’attività venatoria o delle bonifiche. Fra i coleotteri più dannosi figurano molti Curculionidi, Crisomelidi, Cerambicidi e talvolta Scarabeidi (maggiolini).

Famosissima è la Dorifora della patata (Leptinotarsa decemlineata), un crisomelide che può riprodursi in massa e causare gravissimi danni alle Solanacee coltivate, soprattutto patate e melanzane. Originaria del Nordamerica, questa specie è stata involontariamente introdotta in Europa alla fine del XIX secolo, raggiungendo poi l’Italia negli anni ’40 del secolo scorso.

Il più tristemente famoso tra i curculionidi è invece la Calandra granaria o Punteruolo del grano (Sitophilus granarius), che attacca soprattutto i semi di cereali conservati nei granai; sebbene ogni individuo non danneggi in genere più di un singolo seme, questi animaletti si riproducono rapidamente e distruggono migliaia di tonnellate di grano ogni anno.

Lo scarabeide nostrano maggiormente temuto, almeno fino al secolo scorso, era il maggiolino (Melolontha melolontha), oggi in forte diminuzione, che va spesso soggetto a esplosioni demografiche periodiche ed è stato una vera pestilenza per le coltivazioni ortive.

Spesso l'alimentazione lavale è diversa da quella degli adulti. La splendida Cetonia aurata in gioventù si nutre di radici, adulta di fiori © Giuseppe Mazza

Spesso l’alimentazione lavale è diversa da quella degli adulti. La splendida Cetonia aurata in gioventù si nutre di radici, adulta di fiori © Giuseppe Mazza

Le larve si nutrono di radici mentre gli adulti consumano le foglie. In passato, questo scarabeide ha provocato danni ingentissimi e persino gravi carestie; si narra da documenti storici, che nel diciassettesimo secolo alcune popolazioni irlandesi, per non soccombere alla carestia, furono costrette a cibarsi dei maggiolini che l’avevano causata.

Buona parte dei coleotteri, come la Galerucella luteola, si nutre di vegetali. Altri sono carnivori © Giuseppe Mazza

Buona parte dei coleotteri, come la Galerucella luteola, si nutre di vegetali. Altri sono carnivori © Giuseppe Mazza

Molti coleotteri Cerambicidi e Buprestidi possono causare danni notevoli al legname, a causa delle grandi gallerie scavate dalle loro larve xilofaghe, mentre gli Ptinidi e i Dermestidi, provocano spesso danni al pellame e alle derrate alimentari conservate.

Fra i danni più singolari mai provocati da un insetto, va ricordato quello che fu una volta prodotto rodendo cavi di piombo, da alcuni Bostrichidi.

I coleotteri come accennato all’inizio, sono diffusi in tutto il mondo, anche negli ambienti più inospitali: se ne trovano in gran numero anche nei deserti, dove sono rappresentati soprattutto da Tenebrionidi, ed anche in alta montagna dove si spingono abitualmente fino al limite delle nevi perenni.

Approfondimenti sistematici

Come già accennato all’inizio, l’ordine dei Coleotteri viene suddiviso in 2 principali sottordini: Adefagi (Adephaga) e Polifagi (Polyphaga).

La maggior parte degli Adefagi appartengono a sole tre famiglie: Carabidi, Ditiscidi e Girinidi, mentre i Polifagi presentano una diversificazione assai più complessa e dibattuta, dove sono state proposte diverse sottofamiglie.

L'Oxyporus rufus mangia i funghi, altri il pellame o i cadaveri © Giuseppe Mazza

L’Oxyporus rufus mangia i funghi; altri il pellame o i cadaveri © Giuseppe Mazza

La più semplice (anche se non condivisa dagli autori moderni) consiste in 7 sottofamiglie: Palpicorni o Idrofiloidei (Hydrophiloidea), Stafilinoidei (Staphylinoidea), Diversicorni o Malacodermoidei (Diversicornia o Malacodermoidea), Eteromeri o Tenebrionoidei (Heteromera o Tenebrionoidea), Crisomeloidei (Chrysomeloidea), Curculionoidei (Curculionoidea), Lamellicorni o Scarabeoidei (Scarabaeoidea).

I Caraboidei, unici rappresentati del sottordine degli adefagi, comprendono perlopiù specie predatrici: terrestri (come nel caso dei Carabidi) o acquatiche (come nel caso di Girinidi e Ditiscidi). La famiglia più vasta del gruppo, è quella dei Carabidi, i cui membri sono diffusi in tutto il mondo con circa 25.000 specie; sono in linea generale caratterizzati da forme slanciate, zampe lunghe e mandibole taglienti.

Fra i numerosi generi ne ricordiamo tre, molto ben noti e appariscenti per le loro grosse dimensioni: Carabus, Cychrus e Calosoma. Il genere Carabus comprende numerose specie di grandi dimensioni, adatte a predare un ampio spettro di invertebrati terricoli, come Carabus olympiae, endemico della Val Sessera, in Piemonte, e Carabus famini, endemica di Sicilia e Nordafrica. Le specie del genere Cychrus sono caratterizzato dal protorace assai stretto per meglio penetrare all’interno del guscio delle lumache (esempi: Cychrus angustatus, specie alpina; Cychrus angustitarsalis, endemica della Cina, nella provincia dello Sichuan). Infine, il genere Calosoma, presenta specie spesso arboricole che si nutrono di larve di lepidotteri.

Una specie molto famosa, protetta dalla Direttiva Habitat, è Calosoma sycophanta, utilizzato nella lotta biologica in Francia, contro i bruchi urticanti di diverse falene dannose a pioppeti e querceti, fra cui le dannose processionarie e limantrie. Altri due generi assai peculiari sono: Scarites con specie fossorie di grosse dimensioni che vivono sui terreni sabbiosi e le dune costiere nutrendosi soprattutto di lumache (esempio: Scarites buparius, presente nei paesi mediterranei); Bembidion, con numerose specie che vivono nel substrato di ambienti ripariali.

Le larve del Cerambyx cerdo divorano il legno, gli adulti succhiano la linfa dalle screpolature dei tronchi © Mazza

Le larve del Cerambyx cerdo divorano il legno, gli adulti succhiano la linfa dalle screpolature dei tronchi © Mazza

Fra i generi più diffusi o ricchi di specie ricordiamo anche Pterostichus, Harpalus, Amara e Brachinus.

I Ditiscidi, esclusivamente acquatici come già detto, sono caratterizzati da una sagoma idrodinamica e dalle zampe natatorie fortemente appiattite che vengono utilizzate come remi. Nel nostro territorio, sono presenti alcune specie di grossa taglia come Dytiscus latissimus, Dytiscus marginalis e Cybister lateralimarginalis, presenti in diversi paesi europei fra cui anche l’Italia.

Inoltre i Ditiscidi presentano anche specie di media e piccola taglia, come nel caso dei generi Hydaticus, Gaurodytes, Hydroporus, Laccophilus e Noterus (quest’ultimo genere è oggi considerato una famiglia se stante, Noteridi).

Affini ai Ditiscidi, sono i Girinidi, che si distinguono per la loro capacità di pattinare sul pelo dell’acqua, dove si nutrono di insetti (soprattutto Ditteri) che cadono in acqua durante la sciamatura.

All’interno dei Polifagi, una delle superfamiglie più numerose è quella degli Stafilinoidei, piuttosto eterogenea, in cui le famiglie più note sono gli Stafilinidi (che oggi includono anche gli Pselafidi), i Silfidi, i Colevidi (ex Catopidi) e gli Isteridi. Gli Stafilinidi sono (insieme ai Curculionidi) la famiglia di coleotteri più ampiamente rappresentata nella fauna italiana, e anche a livello europeo. Il loro corpo è solitamente stretto ed allungato, caratterizzato da elitre fortemente accorciate nella maggior parte delle specie.

I guai per l'uomo cominciano quando, come lo Sitophilus granarius, attacano le derrate alimentari © G. Mazza

I guai per l’uomo cominciano quando, come lo Sitophilus granarius, attacano le derrate alimentari © G. Mazza

Tra i numerosi generi ricordiamo: Oxytelus, Stenus, Xantholinus, Staphylinus, Ocypus, Philonthus, Quedius, Aleochara, Atheta, Sipalia.

Gli Pselaphinae sono una sottofamiglia di Stafilinidi, un tempo considerati come una famiglia a se stante. Al loro interno ricordiamo la tribù dei Clavigerini, già citati per i loro peculiari adattamenti che consentono a questi piccolissimi coleotteri di vivere insieme alle formiche.

Molto caratteristici sono anche gli Isteridi, dotati di una corazza di straordinaria solidità e robuste zampe fossorie.

Pur essendo predatori, a loro volta debbono proteggersi dagli attacchi di altri animali, e pertanto si proteggono attraverso la tanatosi, facendo aderire molto strettamente al corpo sia il capo che le zampe, in modo da ridurre il rischio di amputazioni.

I generi più noti sono: Hister, spesso rinvenibili negli escrementi dove predano gli Scarabeidi coprofagi; Saprinus, spesso rinvenuti nei cadaveri; Hololepta, dal corpo molto appiattito per vivere sotto le cortecce degli alberi. I Palpicorni o Idrofiloidei, così detti perché i suoi rappresentanti posseggono palpi lunghissimi, comprendono una sola famiglia, gli Idrofilidi, con specie acquatiche di grandi dimensioni, quali Hydrophilus piceus, largamente diffuso in Europa, dove è il coleottero acquatico di dimensioni maggiori.

Femmina con uova, larve e ninfe di Dorifora (Leptinotarsa decemlineata) un vero flagello per le colture di patate © Giuseppe Mazza

Femmina con uova, larve e ninfe di Dorifora (Leptinotarsa decemlineata) un vero flagello per le colture di patate © Giuseppe Mazza

Agli Idrofilidi appartengono anche specie adattate a vivere negli escrementi, soprattutto quelli molto freschi o semiliquidi, come nel caso dei generi Cercyon e Sphaeridium.

Danni provocati dalle larve di Scolytidae. A sinistra la galleria dove sono state deposte le uova © Giuseppe Mazza

Danni provocati dalle larve di Scolytidae. A sinistra la galleria dove sono state deposte le uova © Giuseppe Mazza

Il genere Helophorus, secondo molti autori considerato in una famiglia a parte (Eloforidi), comprende specie di piccolissima taglia (anche 2 mm) in cui gli adulti sono semiacquatici e si nutrono di alghe o vegetali marcescenti mentre le larve sono predatrici e vivono nei suoli umidi. I Diversicorni o Malacodermoidei (Malacodermoidea), che contano da soli oltre la metà delle famiglie di coleotteri, sono molto eterogenei, tanto che nelle classificazioni più moderne, sono stati suddivisi in superfamiglie a se stanti (Cantharoidea, Buprestoidea, Bostrichoidea, Elateroidea, Cucujoidea, ecc.).

Le famiglie più note dei diversicorni, sono i Lampiridi, cui appartengono le lucciole, i Cantaridi, i Malachidi, i Cleridi, i Buprestidi, gli Elateridi, i Driopidi, i Nitidulidi, i Coccinellidi, gli Endomichidi, i Bostrichidi, gli Anobidi, di cui fanno parte i tarli dei mobili e gli Ptinidi. Quasi altrettanto eterogenei sono gli Eteromeri o Tenebrionoidei (Heteromera o Tenebrionoidea).

Tra le famiglie più importanti degli eteromeri, vi sono i Meloidi, i Mordellidi, gli Anticidi, e i Tenebrionidi.

I meloidi, che presentano uno sviluppo larvale particolare ed anomalo, comprendono alcuni fra i coleotteri più strani, come le grandi Meloe caratterizzate da elitre molto corte rispetto all’enorme addome turgido (ad esempio: Meloe violaceus). Nei meloidi si parla di sviluppo “ipermetamorfico”, dove in aggiunta al normale stadio di larva, ninfa (pupa) e adulto (imago), si aggiungono altri stadi, con grandi differenze a livello morfologico e nei costumi di vita.

Anche i mobili di casa sono attaccati dai tarli. In alto, una femmina deponente uova del genere Lyctus con ninfa e tracce lasciate dalla nascita di un adulto. Sotto un tarlo del genere Anobium con la larva e il dettaglio di un legno ormai completamente distrutto dall'insaziabile appetito di questi insidiosi coleotteri domestici © Giuseppe Mazza

Anche i mobili di casa sono attaccati dai tarli. In alto, una femmina deponente uova del genere Lyctus con ninfa e tracce lasciate dalla nascita di un adulto. Sotto un tarlo del genere Anobium con la larva e il dettaglio di un legno ormai completamente distrutto dall’insaziabile appetito di questi insidiosi coleotteri domestici © Giuseppe Mazza

Curiosi sono pure i Mordellidi, dotati di un corpo fortemente compresso ai lati e di un pigidio spesso prolungato a forma di coda aguzza (esempio: Tomoxia lineella), e gli Anticidi, che ricordano nella forma le formiche (esempio: Acanthinus albicinctus).

Gli adulti contribuiscono all'impollinazione, ma larve del Trichodes apiarius distruggono i favi nelle arnie © Mazza

Gli adulti contribuiscono all’impollinazione, ma larve del Trichodes apiarius distruggono i favi nelle arnie © Mazza

I Tenebrionidi costituiscono la più ampia famiglia del gruppo, e sono diffusi soprattutto nei paesi caldi e aridi, essendo i principali abitatori delle zone desertiche e sabbiose. Tuttavia, comprendono anche specie adattate a vivere nelle derrate alimentari umane o nelle cantine umide, come la tarma della farina (Tenebrio molitor) e altri generi (Tribolium, Blaps).

Altre vivono nel legno morto dei vecchi alberi e svolgono un ruolo di biodegradatori negli ecosistemi forestali (Helops, Stenomax, Accanthopus, Colpotus, ecc.).

Più uniformi, ma assai ricchi di specie, sono i Crisomeloidei, a cui appartengono le due grandi famiglie dei Crisomelidi e dei Cerambicidi. I primi, diffusi in tutto il mondo con circa 30.000 specie, sono spesso adorni di vivaci colori metallici e vivono soprattutto sulle piante dove consumano foglie sia allo stadio adulto che a quello larvale; i secondi, invece si fanno notare per il corpo slanciato e le antenne lunghissime.

Le larve si nutrono del legno degli alberi; alcune specie sono protette dalla Direttiva Habitat (Cerambyx cerdo, Morimus funereus, Rosalia alpina). Ai Curculionoidei, così detti per la presenza di un rostro all’apice del capo, appartiene la più vasta famiglia dell’intero Regno Animale, quella dei Curculionidi, che annovera 40.000 specie.

Phyllobius argentatus. Con 40.000 specie, la famiglia dei Curculionidae è la più vasta del Regno Animale © Mazza

Phyllobius argentatus. Con 40.000 specie, la famiglia dei Curculionidae è la più vasta del Regno Animale © Mazza

Anche se, secondo molti autori, i Curculionidi (sensu lato) dovrebbero essere divisi in diverse famiglie, quelli attribuibili ai Curculionidi (sensu stricto) sarebbero comunque un numero assai elevato rispetto alle altre.

Sono abbondanti anche in Italia, con poco meno di 2.000 specie; i generi più importanti nostrani sono Apion, Larinus, Liparus, Otiorhynchus, Phyllobius, Polydrusus, Lixus, Acalles, Ceutorhynchus, Curculio, Tychius e Rhynchites

Ricordiamo infine anche il genere Rhynchophorus, che comprende specie assai grandi, vivacemente colorate dal rosso all’arancione, chiamate complessivamente punteruoli rossi delle palme.

Originarie dei paesi tropicali, queste specie hanno ampliato il loro areale sfruttando i mezzi umani di trasporto delle palme a scopo commerciale. Le palme piantate nei paesi mediterranei sono oggi fortemente minacciate dall’invasione di Rhynchophorus ferrugineus, originario dell’Asia meridionale dove inizialmente viveva sulle palme da cocco.

Ai Curculionidae (sensu lato) appartiene anche un’altra importante famiglia, degli Scolitidi. Questi comprendono numerose specie xilofaghe di piccole dimensioni, dotate di un rostro poco sviluppato, che si nutrono del cambio sotto le cortecce degli alberi, producendo danni considerevoli all’economia forestale.

La Rhagonycha fulva è un Cantharidae frequente nei nostri giardini © Giuseppe Mazza

La Rhagonycha fulva è un Cantharidae frequente nei nostri giardini © Giuseppe Mazza

Alcune di esse sono specializzate a vivere su determinate specie di alberi, come Scolytus multistriatus specie legata agli olmi (Ulmus) e Tomicus piniperda che danneggia i pini (Pinus).

Infine i Lamellicorni o Scarabeoidei sono così chiamati, per la clava antennale foggiata a lamelle. Comprendono varie famiglie fra cui le più importanti sono: Scarabaeidae, Geotrupidae, Trogidae e Lucanidae.

La più vasta ed importante famiglia di questo raggruppamento è quella degli Scarabeidi, comprendente circa 20.000 specie, diffuse in tutto il mondo.

Un importante gruppo ecologico degli scarabeidi è composto dalle specie coprofaghe (stercorarie), mentre quelle fitofaghe (floricole o terricole) vivono generalmente sulle piante da adulti e nel terreno o nel legno morto allo stadio larvale.

Molto spettacolari e interessanti sono le specie giganti dei generi Goliathus, Dynastes e Megasoma, fra cui figurano le specie più voluminose fra i coleotteri viventi.

Lo Scarabeo Golia (Goliathus goliatus) vive nelle foreste dell’Africa occidentale e centrale e appartiene alla sottofamiglia Cetoniinae, come la comune Cetonia aurata diffusa nei giardini europei.

A questa sottofamiglia appartengono molte specie assai appariscenti per le magnifiche colorazioni con riflessi metallici e iridescenti, diffuse soprattutto nelle foreste tropicali. Invece, le specie degli altri due generi sono esclusive dell’America centro-meridionale, dal Messico all’Amazzonia.

I maschi dello Scarabeo Ercole (Dynastes hercules) presentano due corni molto sviluppati, uno sul capo e uno sul torace, che vengono da loro usati come se costituissero una pinza per afferrarsi reciprocamente e combattere. Anche fra i coprofagi esistono specie giganti, come quelle africane dei generi Heliocopris e Pachylomera, che prediligono gli escrementi di elefanti e rinoceronti.

L'Oxythyrea funesta non si nutre solo di polline, ma distrugge le gemme di molti fiori © Giuseppe Mazza

L’Oxythyrea funesta non si nutre solo di polline, ma distrugge le gemme di molti fiori © Giuseppe Mazza

In Europa, le specie di maggiore taglia appartengono al genere Scarabaeus, ad esempio Scarabaeus sacer e Scarabaeus typhon, oggi in forte declino, ma la maggior parte delle specie sono molto più piccole e appartengono ai generi Aphodius e Onthophagus.

Fra i fitofagi, ricordiamo i generi Melolontha, con i maggiolini, Oryctes, con lo scarabeo rinoceronte (Oryctes nasicornis) e Cetonia, con la Cetonia dorata (Cetonia aurata).

Alla famiglia dei Lucanidi appartiene il Cervo volante (Lucanus cervus), caratterizzato da un forte e spettacolare dimorfismo sessuale, poiché il maschio ha le mandibole enormemente sviluppate che vengono generalmente scambiate per corna, analoghe a quelle dei cervi (da cui il nome).

Si tratta di uno dei coleotteri europei di dimensioni maggiori, ed è ancora abbastanza comune nei boschi caducifogli italiani

Infine i Trogidi comprendono specie di aspetto modesto che consumano sostanze cheratinose (penne, peli, pelle secca) nei cadaveri degli animali.

I coleotteri nei nostri giardini, nei campi coltivati e nella scuola

Anche il Trichius fasciatus, appartenente alla stessa famiglia degli Scarabaeidae, non risparmia i giardini © Mazza

Anche i Trichius, appartenenti alla stessa famiglia degli Scarabaeidae, non risparmiano i giardini © Giuseppe Mazza

Come visto in questo breve testo introduttivo sui coleotteri, di questo ordine fanno parte alcuni tra gli insetti più curiosi e vivacemente colorati, anche nell’ambito della fauna italiana.

Questi simpatici insetti popolano anche i nostri parchi e giardini, quindi sono facilmente osservabili, e possono essere utilizzati per l’educazione ambientale dei bambini o in generale del pubblico, sotto la guida dei docenti delle scuole secondarie o di personale esperto di associazioni che forniscono servizi ausiliari alla didattica.

Infatti, i coleotteri sono reperibili quasi ovunque e, a parte poche eccezioni ben note, sono del tutto innocui e non trasmettono malattie all’uomo.

Inoltre permettono di assistere in breve tempo a fenomeni straordinari e di grande effetto come la metamorfosi.

In Italia si calcola che vi siano circa 12.000 specie di coleotteri: nel corso di una passeggiata in un bosco, in campagna e o in montagna, se ne possono osservare tantissime specie. Tuttavia, anche rimanendo in città, passeggiando in un parco comunale, o rimanendo comodi nel nostro giardino, notiamo assai frequentemente questi simpatici animaletti.

I Buprestidae, qui l'Acmaeoderella flavofasciata, sono litogafi. Le larve scavano gallerie anche nelle foglie ©Mazza

I Buprestidae, qui l’Acmaeoderella flavofasciata, sono litogafi. Le larve scavano gallerie anche nelle foglie © Mazza

Ad esempio, osservando gli insetti che vivono sui fiori, in primavera è molto facile scorgere un cantaride come la Rhagonycha fulva, predatore di piccoli invertebrati, uno scarabeide color verde smeraldo come Cetonia aurata, o piccoli cerambicidi colorati dei generi Stenopterus, Clytus, Leptura o Chlorophorus, intenti a nutrirsi di polline e nettare.

Inoltre, è sufficiente sollevare una pietra o dei mattoni abbandonati in un giardino, per trovarvi diverse specie di Carabidi, Tenebrionidi e Stafilinidi.

Tutti questi animaletti si possono facilmente mantenere in vita in contenitori trasparenti cercando di ricreare il loro ambiente e di scoprire di che cosa si nutrono.

Si tenga conto che, come tutti gli animali, i coleotteri tendono a prediligere le zone incolte anziché quelle coltivate, ma sono piuttosto abbondanti in quelle pascolate, dove la presenza degli animali erbivori scatena un processo dinamico di fertilizzazione e rinnovamento della vegetazione erbacea. L’alimentazione di questi insetti, come accennato, è straordinariamente varia. In pratica, non esiste risorsa che non possa essere gradita da qualche specie.

L'Otiorhynchus sulcatus, un curculionide notturno, divora le foglie, mentre le larve attacano le radici © Mazza

L’Otiorhynchus sulcatus, un curculionide notturno, divora le foglie, mentre le larve attacano le radici © Mazza

Molte specie di coleotteri sono fitofagi e quindi possono arrecare gravi danni all’agricoltura intensiva, in sistemi artificiali dove mancano i predatori e i parassiti degli insetti.

Molte specie fitofaghe (soprattutto Crisomelidi e Cerambicidi) sono state introdotte in Europa insieme alle piante coltivate originarie di altri continenti, soprattutto dal Nuovo Mondo, e possono provocare enormi danni a questi prodotti ortofrutticoli.

Tuttavia, abbiamo visto che altri coleotteri sono predatori, per cui giardinieri e coltivatori, dovrebbero vederli di buon occhio, dal momento che si nutrono di parassiti dannosi alle colture e alle piante.

Ad esempio, le larve dei grossi carabidi (Carabus e Cychrus), divorano una grande quantità di chiocciole e limacce (lumache senza conchiglia).

Anche le larve e gli adulti di molte coccinelle sono feroci predatori di insetti nocivi alle piante coltivati, in particolare di afidi e cocciniglie. Per tale ragione, si potrebbe diminuire il carico inquinante degli insetticidi utilizzati in agricoltura, proteggendo questi predatori naturali nelle coltivazioni e, se necessario, ricorrere all’introduzione di alcune specie esotiche capaci di controllare gli insetti nocivi originari di altri paesi.

Tutti cattivi? No. Alcuni coleotteri sono utili al giardino, come il Carabus violaceus, che attacca chiocciole e lumache, o le coccinelle, che sono accanite divoratrici di afidi sia nella vita larvale che in quella adulta. A sinistra un festino di coccinelle tropicali, a destra una Coccinella septempunctata mentre divora la preda © Giuseppe Mazza

Tutti cattivi? No. Alcuni coleotteri sono utili al giardino, come il Carabus violaceus, che attacca chiocciole e lumache, o le coccinelle, che sono accanite divoratrici di afidi sia nella vita larvale che in quella adulta. A sinistra un festino di coccinelle tropicali, a destra una Coccinella septempunctata mentre divora la preda © Giuseppe Mazza

Attraverso queste forme di lotta biologica e ritornando a modelli di agricoltura estensiva, in luogo di quella intensiva, si potrebbe quindi migliorare la qualità dell’ambiente e della nostra vita.