Filipendula ulmaria

Famiglia : Rosaceae


Testo © Prof.sa Franca Bessi

 

La Filipendula ulmaria domina le altre piante erbacee dei prati umidi con ricche infiorescenze profumate fino a 1600 m d’altitudine

La Filipendula ulmaria domina le altre piante erbacee dei prati umidi con ricche infiorescenze profumate fino a 1600 m d’altitudine © Giuseppe Mazza

Filipendula ulmaria (L.) Maxim. appartiene alla famiglia Rosaceae, sottofamiglia Rosoideae, tribù Ulmarieae.

Linneo classificò questa specie con il nome di Spiraea ulmaria in Sp. Pl.: 490 (1753) ma, in seguito, il botanico russo Carl Johann (Ivanovič) Maximowicz (1827-1891) modificò l’epiteto generico da Spiraea in Filipendula e la descrisse validamente in Trudy Imp. S.-Peterburgsk. Bot. Sada 6(1): 251 (1879).

La primitiva denominazione del genere, a causa della reciproca posizione a vortice degli acheni, aveva preso il nome da spirale, in greco σπείρα, mentre la seconda lo deriva dalla composizione dei termini latini filum (filo) e pendĕo (essere appeso) in quanto, nell’apparato radicale, numerosi ingrossamenti tuberiformi si trovano attaccati a radici più o meno filiformi. La costante denominazione specifica proviene, invece, dall’aspetto delle foglioline che ricorda quello delle foglie dell’olmo (dal latino ulmarius = dell’olmo, relativo all’olmo Ulmus sp. pl.).

Al genere Filipendula sono ascritte più di dieci specie, sette per la sola Cina; in Europa si ritrovano Filipendula ulmaria (L.) Maxim. e Filipendula vulgaris Moench, entrambe con fiori bianchi portati in infiorescenze plurime.

L’areale di Filipendula ulmaria va dall’Europa all’estremo oriente e dalla Russia meridionale all’Iran.

L’areale, vastissimo, va dall’Europa all’estremo oriente e dalla Russia meridionale all’Iran © Jean Louis Verbruggen

Queste due specie mostrano tra loro apprezzabili differenze nella conformazione delle foglie pennate in cui i segmenti con lamina più espansi sono intercalati da altri più piccoli, la prima ha un numero di segmenti fogliari più esiguo (5-9) anche se più ampi, la seconda ne ha un numero maggiore (20-molti) ma di minor grandezza; le due specie differiscono anche nella dimensione dei fiori, infatti i petali di Filipendula vulgaris sono lunghi quasi il doppio (5-9 mm) rispetto a quelli (2-5 mm) di Filipendula ulmaria.

Filipendula ulmaria include i taxa: Filipendula ulmaria subsp. ulmaria e Filipendula ulmaria subsp. picbaueri (Podp.) Smejkal, o filipendola stepposa, che presenta il segmento terminale della foglia pentalobato.

L’areale di Filipendula ulmaria va dall’Europa all’estremo oriente e dalla Russia meridionale all’Iran. Il suo habitat è quello delle praterie igrofile o paludose, degli argini di piccoli corsi d’acqua, dei boschi ripariali o igrofili, dal livello del mare al piano vegetazionale montano.

Il nome comune di ‘regina dei prati’, che si ritrova in più lingue, identifica la rilevanza (è considerata specie guida di alleanza) che questa pianta assume nei contesti naturali in cui cresce, anche per il suo impatto visivo; gli appellativi più usuali di questa specie sono: Olmaria, Barba di Capra, Regina dei prati (italiano), Meadowsweet, Queen-of-the-meadow (inglese), Spirée ulmaire, Reine-des-prés (francese), Ulmaria, Reina de los prados (spagnolo) e Mädesüß, Echtes Mädesüß (tedesco).

Filipendula ulmaria è una pianta perenne eretta, con la parte aerea erbacea che si dissecca (emicriptofita scaposa) i cui steli fiorali rigidi attendono a un’altezza di 130 (200) cm; i fusti sono color bruno verdastro o rossiccio e le foglie imparipennate sono intensamente verdi superiormente mentre, inferiormente, possono presentarsi tomentose o glabre con le nervature pelose.

Le foglie hanno stipole amplessicauli dentate dal contorno semicircolare e presentano le foglioline grandi opposte in coppia e foglioline piccoline generalmente alterne e intervallate tra le grandi; il loro segmento terminale palmatafido è generalmente pentalobato o trilobato e i lobi hanno la grandezza dei segmenti maggiori. Le foglioline sono ovali o lanceolate con grandi denti a loro volta doppiamente seghettati. Nelle foglie basali le coppie dei segmenti vanno da 5 a 9. Le foglie, che sono più espanse nella parte basale (lunghe fino a 40 cm), si fanno più piccole e anche meno pennate verso l’alto e alla fine, prima dell’infiorescenza, possono ridursi alla sola fogliolina terminale.

I fiori sono ermafroditi e sono portati in un’infiorescenza tirsoide (antela) nella quale l’asse primario e i peduncoli superiori, di norma, vengono sovrastati in altezza da quelli inferiori; i pedicelli sono pelosi. I fiori sono piccoli, bianchi o bianco giallastri e hanno gli stami più lunghi dei petali; questi, generalmente in numero di 5, sono separati fra loro (dialipetali) e hanno forma di unghia lunga (ovali o obovati, finemente unguicolati) e lunghi 3-5 mm; i sepali (di norma 5), ad antesi avvenuta, sono riflessi. L’ovario è semi-infero e i carpelli (5-10) sono nudi e matureranno in follicoli apparentemente uniti perché contorti in una spirale.

Vicino alle infiorescenze le foglie di Filipendula ulmaria sono più piccole con meno segmenti. Il lato inferiore, tomentoso, è biancastro

Vicino alle infiorescenze le foglie sono più piccole con meno segmenti. Il lato inferiore, tomentoso, è biancastro © Giuseppe Mazza

La fioritura è estiva. La pianta è intensamente profumata e lo è nei fiori (odore inebriante, dolce e mielato) e con un che di austero nelle foglie. La differente morfologia della superficie inferiore delle foglie (assenza o presenza di tomento) portò i botanici a distinguere Filipendula ulmaria var. denudata (J.Presl & C.Presl) Maxim. da Filipendula ulmaria var. tomentosa (Cambess.) Maxim., entrambe date in sinonimia in IPNI con Filipendula ulmaria subsp. ulmaria (2n=14).

In commercio si può trovare la varietà orticola Filipendula ulmaria ‘Flore pleno’, pianta perenne dalle infiorescenze rese ancora più vistose dai fiori bianchi e doppi. Questa cultivar, adatta a giardini informali anche per il ciuffo delle foglie basali, va ripulita dai seccumi alla fine della fioritura e deve essere bagnata con regolarità se piantata in vaso. Fiorisce dalla metà di giugno alla metà di agosto e si propaga a primavera sia per seme sia per divisione.

Filipendula ulmaria cresce in terreni umidi, fertili, ricchi di humus, in pieno sole o ombra e la IUCN (International Union for Conservation of Nature) non la segnala come specie minacciata. È stata introdotta dai coloni in alcuni stati del Nord America e nelle province canadesi.

Per le sue caratteristiche ornamentali «Rich cymes of fragrant meadow – sweet ‘wave their creamy clusters,’ neath every passing breeze [le ricche cime della profumata filipendola ondeggiano con le loro infiorescenze color crema sotto ogni brezza che passa], Leigh Page, Stars of Earth; Or Wild Flowers of the Months, 1868]» viene usata nell’arredo dei giardini soprattutto come pianta da bordura per segnare i limiti di stagni e ruscelli.

All’intrinseca bellezza della fioritura si aggiunge il fatto che pochi fiori sono contemporaneamente così aggraziati e con un profumo così intenso a volte quasi stordente, caratteristica quest’ultima apprezzata nei secoli tanto da essere rimarcata in poesia: «Rich cymes of fragrant Meadowsweet:/ Alas! those creamy clusters lend/ A charm, where death and odour meet! [le ricche cime della profumata filipendola: ahimè! Quelle infiorescenze di crema offrono un incanto dove aroma e morte si incontrano!] Calder Campbell, A Brook and its Flowers, in The Ladie’s Companion, and Monthly Magazine, vol. III, 1853». Gli eccessi vittoriani di Campbell sul profumo della filipendola, tuttavia, non sono stati un sentire comune; John Gerard in The Herball, Or Generall Historie of Plantes (1633) con il suo rigore da naturalista aveva già ricordato che la Regina prati per foglie e fiori eccelleva sulle altre erbe sia per l’aspetto sia per addobbare le case. Una pianta adatta, durante il periodo estivo, a essere stesa sui pavimenti delle camere, dei corridoi e delle sale dei banchetti proprio perché il profumo dell’olmaria rallegrava il cuore, deliziava i sensi e non provocava, come altre erbe dall’odore dolce, mal di testa o disgusto per il cibo.

Si tramanda, inoltre, che la regina Elisabetta I la preferisse per questa funzione tra tutte le piante da sfalcio. I fiori possono essere utilizzati nei pot-pourri di fattura casalinga assieme, per esempio, a petali di rosa e di fiordaliso, a spighe di lavanda, a infiorescenze di timo e di maggiorana e a foglie di menta. La tradizione ci consegna una pianta magica, utile per pozioni di svelamento e filtri d’amore e che con il suo profumo scioglie le tensioni e riequilibra gli animi; nel linguaggio dei fiori è l’emblema della vanità e della frivolezza. La filipendola a volte viene scambiata, da occhi inesperti, con Aruncus dioicus (Walter) Fernald perché ha, anch’esso, vistose infiorescenze di fiori bianchi alla sommità di lunghi fusti ma che si ben differenzia dall’olmaria per la morfologia delle foglie che sono tripennate composte.

I fiori della Filipendula ulmaria sono ermafroditi, hanno l’ovario semi-infero e sono a simmetria raggiata con gli stami più lunghi dei petali

I fiori della Filipendula ulmaria sono ermafroditi, hanno l’ovario semi-infero e sono a simmetria raggiata con gli stami più lunghi dei petali © Giuseppe Mazza

Nelle zone di indigenato l’olmaria è pianta della medicina popolare, ritenuta sacra dai Druidi e indicata come il ‘giunco d’argento’ dagli irlandesi, è ancora oggi utilizzata come pianta officinale e alimentare (additivo); quale pianta aromatizzante, per le note dolci di mandorla dei suoi fiori, è stata impiegata dai birrai e si ritiene fin da tempi antichissimi dai fabbricanti di idromele. La Filipendula ulmaria è tutt’oggi impiegata quale fitoterapico; nelle erboristerie si può trovare principalmente in preparati di sommità fiorite sminuzzate per infusi/tisane (l’infuso per uso sia interno sia esterno deve essere preparato con acqua calda ma non bollente per non inattivarne i principi termolabili), in capsule, in sciroppi (associazione con altri semplici) e in estratti titolati. L’olmaria è tradizionalmente usata con funzione antiinfiammatoria nel trattamento di supporto del raffreddore comune e dei dolori articolari, ed è sconsigliata in generale, oltre a chi è ipersensibile ai salicilati e ai componenti attivi dei preparati, alle donne in gravidanza e in allattamento.

Filipendula ulmaria è una fonte alternativa a Salix alba L. per estrarre l’acido salicilico che ha proprietà antisettiche. Oggi si ottiene per sintesi come il suo acetilderivato che è l’acido acetilsalicilico noto commercialmente come aspirina. L’acido salicilico è implicato nello sviluppo della resistenza sistemica acquisita (SAR) attivata dalle piante dopo l’attacco di patogeni; durante i processi di SAR è spesso rilasciato nell’aria il salicilato di metile che può ‘avvisare’ le piante vicine della presenza del/i patogeno/i.

Filipendula ulmaria ha cinque sinonimi riconosciuti da POWO (Plants of the World Online): Spiraea ulmaria L., Spiraea ulmaria f. tomentosa (Hayne) St.-Lag. (not validly publ.), Spiraea ulmaria var. tomentosa Hayne, Thecanisia ulmaria (L.) Raf. ex B.D.Jacks. (comb. not validly publ.) e Ulmaria ulmaria (L.) Barnhart (not validly publ.).

 

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