Storia del Roseto Princesse Grace de Monaco

Roseto Princesse Grace de Monaco


Dove meno di 50 anni fa nuotavano i pesci, e le gorgonie aprivano i loro colorati ventagli alle correnti planctoniche, oggi crescono circa 400 varietà di rose.

Più di 14.000 piante, su 3.300 m2 sottratti al mare.

Il roseto Princesse Grace de Monaco nasce sul terrapieno di Fontvieille, realizzato fra il 1965 e la fine del 1971 con la diga più alta del mondo.
A 35 m di profondità, partendo da una larghezza di 180 m, i subacquei hanno sistemato per anni, uno sull’altro, camion di rocce della Turbie, provenienti dai lavori d’ampliamento della strada per Nizza, fino a formare un’immensa scogliera degradante alta 20 m e lunga più di 900 m.

In cima a questo enorme serpente sommerso, col dorso spianato da tonnellate di pietre, sono stati poi affondati 200 cassoni multicellulari prefabbricati, in cemento armato. Cinque metri su cinque, alla base, e quindici metri d’altezza: come una casa di tre piani.
Pesavano 3.000 tonnellate, ma grazie alla loro imponente stazza, giungevano galleggiando da Genova.

Per il riempimento dell’invaso, speciali barconi, a fondo apribile, facevano la spola da Imperia, e soprattutto fra Fontvieille e Fos sur Mer, dove era in corso l’ampliamento del porto petrolifero. Circa 250 km a viaggio, per trasportare tonnellate di limo del delta del Rodano: 8.000.000 di m3 in tutto.

Dei 22 ettari del terrapieno, 2 erano destinati allo stadio, le piscine e le attività sportive, e 4 ai giardini.
Inizialmente non era previsto un roseto vero e proprio: si pensava solo di mettere qualche rosa fra il laghetto dei cigni e i giochi dei bimbi; ma alla fine del 1982, in seguito alla tragica scomparsa della Principessa Grace, il Principe Raineri III, decise di dedicarle un roseto.

Bernard Fautrier, allora direttore dell’Urbanistica e della Costruzione, mi racconta che il Principe lo chiamò a Palazzo in novembre per comunicargli la decisione, e che partecipò personalmente al progetto.

I primi due disegni, presentati in gennaio, furono scartati, perché troppo geometrici. Il Sovrano voleva che i viali, visti dall’alto, disegnassero il profilo e i petali di una rosa.
Fu accettato il progetto seguente, che collocava la statua della Principessa, opera dello scultore Kees Verkade, nella parte alta del giardino. I lavori iniziarono il 9 maggio 1983, e il Roseto fu inaugurato il 18 giugno dell’anno seguente, in presenza di tutti i membri della Famiglia Sovrana.

Prima dell’impianto, mi spiega Jean Giovannini, allora direttore della sezione giardini, abbiamo steso su tutta la superficie uno strato di 25 cm di ciottoli, ricoperto di “Geotextile”, un tessuto sintetico indistruttibile che lascia passare l’acqua, ma non la terra.

Questa veniva da Saint Vallier de Thiey, un paesino dell’entroterra a circa 60 km da Monaco, e siamo stati molto fortunati perché un imprenditore doveva costruire uno stadio, e ci ha passato un terreno sabbioso, con una composizione granulometrica ideale.

L’abbiamo mischiato a letame e terra di foglie, e messo sopra al “Geotextile” per circa 80 cm d’altezza, uno spessore più che sufficiente per piante, come le rose, con radici poco profonde, che scendono al massimo mezzo metro.

Per proteggere le varietà più delicate dal vento e dalla salsedine, abbiamo disposto lungo la costa dei pini marittimi, frangi vento, e intorno al roseto una siepe, alta 3 m, di Cupressocyparis x leylandii , un ibrido di Cupressus e Chamaecyparis che ben si presta al taglio.

Poi bisognava scegliere le rose.

Appena data la notizia, il Palazzo fu sommerso da centinaia d’offerte che giungevano da tutto il mondo : Francia, Inghilterra, Germania, Danimarca, Belgio, Olanda, Stati Uniti e persino dalla Nuova Zelanda.
Ibridatori, collezionisti e amici della Principessa mandavano in omaggio le loro varietà migliori. Sua Altezza, le sceglieva personalmente, e furono comprate solo due specie rampicanti, che la Principessa aveva visto nei “giardini bianchi” inglesi, e amava particolarmente.

Alcuni ibridi, creati per i climi freddi, si comportano meglio qui che al Nord; ma c’è stato qualche problema coi porta innesti, perché da noi, con un terreno calcareo che si sgretola al sole, da buoni risultati solo la Rosa canina .

Oggi, a differenza dei primi anni, quando si andava a mano, pianta per pianta, le annaffiature sono automatiche, per aspersione.
Se questo è bene per l’erba, si temeva che avrebbe danneggiato gli ulivi, e favorito il mal bianco, ma grazie alla buona ventilazione, e super drenaggio dovuto a ciottoli e al “Geotextile”, tutto è andato bene.

La concimazione è strettamente biologica.
Ogni anno in gennaio, dopo la potatura, s’incorporano nel terreno 10-12 cm di letame speciale: un misto di mucca, cavallo e pecora, vecchio di due anni, per evitare le erbacce. Lentamente si decompone, e la paglia che resta si amalgama allo strato superficiale del terreno, proteggendolo dall’intensa evaporazione estiva.

Un tempo, durante la stagione vegetativa, si effettuavano, ogni 10 giorni, trattamenti misti di anticrittogamici e insetticidi, ma oggi i primi si fanno, a titolo preventivo, solo una volta al mese, e il resto è affidato alla lotta biologica.

Georges Restellini, attuale responsabile del Roseto, mi spiega, nei dettagli, la strategia d’attacco, e non è raro, in maggio-giugno, incrociare scolaresche, che imparano, sul terreno, quali sono i nemici naturali degli afidi, delle cocciniglie, e dei ragnetti rossi che parassitizzano le rose.

Imparano che la Coccinella septempunctata può divorare anche 100 afidi al giorno; che li rammollisce con la saliva, e poi li succhia, o li fa a pezzi con le mandibole.
Le larve sono ancora più voraci.

Qui vengono periodicamente liberate quelle di una specie d’allevamento : l’ Adalia bipunctata . Animaletti grigi, trasportati in palline di pop-corn, che crescono a vista d’occhio, passando da 1 a 9 mm in 20 giorni, prima di trasformarsi in pupe.
Gli adulti, più piccoli, depongono 20-50 uova al giorno, e svernano, a fine stagione, nelle fessure delle pietre e degli alberi.

Un’altra coccinella di 4 mm, il Cryptoleamus montrouzieri , marrone rossiccio, con delle elitre quasi nere, viene invece liberata allo stadio adulto, per la caccia alle cocciniglie farinose.

Depone le uova sui rami infestati, fra le colonie, e le divora senza pietà. Le larve, ricoperte da filamenti cerosi, assomigliano a prima vista alle loro prede, ma mostrano affilate mandibole, al posto dell’organo succhiante.

Il ragnetto rosso si combatte col Phytoseiulus persimilis , un altro ragno rosso microscopico, molto attivo, che ne divora le larve e gli adulti; mentre un dittero di appena 2,5 mm, l’ Aphidoletes aphidimyza , dà il colpo di grazia agli afidi rimasti.
Le femmine di questa specie si nutrono infatti della melassa secreta dalle cimici delle piante, e seguendo nell’aria la traccia odorosa, trovano subito i focolai d’infestazione. Depongono anche più di 100 uova, e le loro larve paralizzano, e poi succhiano i poveri afidi, trasformandoli in involucri appassiti.

Così, oltre ad essere un magico mondo di colori e profumi, Il Roseto Princesse Grace de Monaco, diventa anche una scuola a cielo aperto d’ecologia, e biodiverstà.
Non è raro scorgere fra i rosai, delle tartarughe acquatiche, che giungono dal vicino laghetto per deporre e seppellire le uova. Germani reali, gabbiani, pettirossi, merli, e tortore sono di casa, per non parlare, al crepuscolo, dei pipistrelli, che possiedono appositi rifugi.

Qual’è il periodo migliore per una visita ?

Naturalmente maggio : la prima fioritura va da fine aprile al 15 giugno. In luglio c’è la seconda; e la terza, che dura fin quasi a Natale, inizia a fine settembre. Purtroppo a ferragosto, quando abbiamo il massimo delle presenze turistiche estive, il roseto è quasi senza fiori.

 

© Giuseppe Mazza

 

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