Famiglia : Sturnidae
Testo © Dr. Gianfranco Colombo
L’insensatezza umana aggiunta alla inconsapevolezza di falsi protezionisti che non riconoscono gli errori che altri in precedenza hanno commesso, contrastando l’introduzione di eventuali rimedi per lenire i guai provocati, sono spesso causa di danni a quella natura alla quale tutti ci teniamo ma che spesso dimentichiamo di amare ed addirittura tentiamo di modificare.
Così è avvenuto che nel corso del secolo scorso, naturalisti spericolati pensarono di introdurre specie aliene in terre lontane, al presunto scopo di migliorare situazioni agricole particolari, inserire nuove specie di selvaggina per incrementare la presenza venatoria, trovare nuovi nemici a specie locali in eccesso incontrollabile oppure peggio ancora come oggi accade, in ragione di quel pretestuoso e finto amore per la natura, di dare illegalmente la libertà ad animali allevati in cattività a scopo economico, in territori che li vedono poi divenire specie pericolosamente ed irrimediabilmente infestanti e dannose.
Irragionevoli azioni che hanno avuto un duro impatto sulla biodiversità, sull’agricoltura, sull’allevamento ed anche sulla salute umana di queste regioni.
Un esempio europeo in merito sono la Nutria (Myocastor coypus) ed il Cinghiale (Sus scrofa) che figurano tra le 100 specie più invasive e dannose al mondo insieme a tanti insetti, molluschi, pesci e piante; ma pensare che fra questi ci siano tre uccellini sembrerebbe proprio strano.
Lo Storno triste (Acridotheres tristis Linnaeus, 1766), ordine Passeriformes e famiglia Sturnidae è uno di questi partecipanti insieme allo Storno comune (Sturnus vulgaris) ed al Bulbul dal ventre rosso (Pycnonotus cafer).
In Australia questo storno è stato classificato come “il più importante problema ambientale del paese” con un tasso di crescita così vertiginoso da compromettere irrimediabilmente l’equilibrio biologico di questo continente. Hanno perfino coniato per lui il nomignolo di “topo volante” per aver mostrato capacità di adattamento e prevalenza sulle altre specie, simili a quelle evidenziate da questo roditore.
Alcuni decenni orsono vennero introdotti in Australia un centinaio di esemplari di questo storno per combattere le locuste che infestavano le coltivazioni del Queensland e nel New South Wales ma subito ci si accorse che il loro numero stava incrementando a dismisura lasciando intatto il numero delle cavallette. Ora si parla di centinaia di migliaia di esemplari in continuo aumento e con allargamento costante della loro area di diffusione.Come fu per i conigli e per i gatti in quello stesso paese, come fu per le nutrie ed i cinghiali in Europa e come avvenne con altre specie in altri continenti, risulterà praticamente impossibile porvi rimedio.
L’etimologia del genere scientifico Acridotheres deriva dal greco “akris” = locusta e “theres” = cacciatore ben identificando le caratteristiche alimentari di questo uccello. Il nome specifico tristis deriva invece dal latino con significato di cupo, colorato di scuro appunto per la sua livrea.
In tutto il subcontinente indiano e nel sudest asiatico gli storni e le gracule sono volgarmente chiamate myna o mynah con derivazione dal sanscrito “mainā” = allegro, gioioso.
Generalmente questo epiteto è accompagnato da un complemento che ne classifica la specie per cui conosciamo la Mynah comune o indiana (Acridotheres tristis), la Mynah dal collare (Acridotheres albocinctus), la Mynah fosca (Acridotheres ginginianus), la Mynah della jungla (Acridotheres fuscus), la Mynah delle colline o Merlo parlante indiano (Gracula religiosa), la Mynah di Java (Acridotheres javanicus), la Mynah coronata (Ampeliceps coronatus), la Mynah ventre bianca (Acridotheres cinereus) e molte altre.
Essendo un volatile ormai presente in tutto il mondo anche per colpa di uccelli sfuggiti da allevamenti amatoriali, tale nomignolo è spesso ripetuto anche nei nomi volgari dati in luoghi dove sono stati introdotti. In inglese Common Myna, in tedesco Hirtenmaina, in francese Martin triste, in spagnolo Miná Común ed in Italiano anche Maina comune.
Zoogeografia
Lo storno triste è originario dell’Asia ed il suo territorio tradizionale comprende la fascia che va dal Pakistan fino alla Cina, abitualmente al di sotto della catena Himalayana. Si ritrova anche in alcune repubbliche del centro Asia ma solo nelle aree meridionali del loro territorio. È invece specie introdotta, sia volutamente o sfuggita involontariamente, nel nord America, nel Medio Oriente, nel Sud Africa, nelle maggiori isole dell’Oceano Indiano, nelle Hawaii ed in Oceania, persino nelle isole Fiji e Samoa. In Europa è comparso occasionalmente ed in modo incostante in diverse aree mediterranee ed in alcune località continentali. È specie considerata invasiva e fortemente dilagante ove introdotta, in quanto dotata di una forte ed innata capacità ad adeguarsi a qualsiasi situazione e clima.
Sono state identificate diverse sottospecie fra le quali due sono le preminenti: Acridotheres tristis melanosternus che come dice il nome scientifico ha una livrea più scura ed è tipica del sud dell’India e Acridotheres tristis tristis in tutti gli altri areali. Vive dal livello del mare fino ai 3000 m di altitudine.
Morfofisiologia
Le dimensioni di questa maina sono quelle tipiche degli sturnidi di tutto il mondo. Hanno una corporatura snella ma compatta, sono dotati di ali sufficientemente ampie da buoni volatori, hanno zampe da eccellenti camminatori ed un robusto becco multifunzionale.
È un uccello arboreo ma ama moltissimo rimanere sul terreno per gran parte della giornata.
Ha una lunghezza di circa 23/25 cm, un’apertura alare di 30/35 cm ed un peso variabile tra i 100 ed i 140 g.
Il colore, come dice il suo nome scientifico, è piuttosto cupo avendo il corpo di un grigio marrone scuro con ali, coda e collo nerissimi.
Unica distinzione di colore sono il becco, le zampe e la macchia di pelle nuda postoculare che sono di un vivido giallo paglierino, quest’ultima una delle poche caratteristiche per distinguerlo dal suo congenere Acridotheres ginginianus che è invece l’ha di colore arancione.
Sulle remiganti primarie e le copritrici inferiori delle ali è presente una larga fascia bianca ben evidente in volo insieme alla barratura finale della coda dello stesso colore, caratteristiche tali da trasformarlo con sorpresa in un uccello bianco nero quando in volo al contrario dell’usuale e tetra livrea da posato.
Non vi è dimorfismo sessuale fra gli adulti ed i giovani presentano nei primi mesi, una livrea più dimessa senza l’evidenza della macchia implume postoculare.
Tra le tre buone regole biologiche che disciplinano la morfologia delle specie animali a sangue caldo in relazione alla zona geografica abitata e cioè le dimensioni, le proporzioni ed i colori, la maina comune è una di quelle specie coinvolte nella regola di Gloger che vede il colore della livrea diventare più scuro mano a mano che si scende di latitudine in climi più caldi ed umidi. Infatti gli esemplari del sud dell’India e dello Sri Lanka hanno una spiccata accentuazione e incupimento del colore se paragonati ai conspecifici che vivono nelle zone aride delle pianure del nord del subcontinente indiano.
Ecologia-Habitat
Parlare di habitat specifico per questo uccello è attualmente poco significativo vista la sua capacità ad adattarsi a qualsiasi ambiente anche con caratteristiche assolutamente diverse uno dall’altro. La maina comune è ormai allo stesso livello della nostra Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) e del Merlo (Turdus merula) che da uccelli una volta selvaggi e riservati, sono arrivati a nidificare sull’albero prospiciente il nostro balcone di casa, conquistando territori prima impensabili.
Questo uccello molto abbondante e sociale, abita fondamentalmente boschi aperti e pianure coltivate, centri urbani e giardini pubblici, vie trafficate e discariche cittadine e non è raro vederlo razzolare fuori casa nell’aiuola del nostro cortiletto.Vive anche in frutteti e coltivazioni intensive specializzate, dove era stato introdotto inizialmente per la lotta agli insetti ma ha modificato il suo assetto nutritivo trovando nuovi tipi di alimentazione con caratteristiche particolari ed appetibili che l’hanno parzialmente dirottato dal suo obiettivo principale, portandolo addirittura a provocare danni alle stesse colture che dovevano invece essere protette. Non disdegna infatti frutti, semi, piccoli rettili e minuscoli roditori.
È molto sociale sia tra i suoi simili sia verso l’essere umano che spesso assedia in modo insistente attorno alle panchine alla ricerca di briciole od avanzi di cibo, senza disdegnare un salto sul tavolino del ristorante lasciato momentaneamente incustodito, per asportare qualche nuova leccornia.
La maina è principalmente insettivoro con prevalenza di grossi insetti alati o meno, che cerca assiduamente ed insistentemente a terra in gruppo, nella sua camminata rapida e continua, con balzi e rincorse improvvise alla vista di qualche preda.
Segue abitualmente anche il bestiame al pascolo tanto d’aver meritato nella penisola indocinese, il nomignolo di guardiano dei bufali.
L’introduzione di questo cacciatore di locuste ha ottenuto risultati certamente più negativi che positivi.
È allo stesso tempo molto litigioso ed aggressivo con tutte le altre specie di volatili anche se di maggiori dimensioni.
La forte socialità coi suoi simili viene spesso usata come mezzo per mobbare corvi, pappagalli, gabbiani ma anche il nostro cagnolino a passeggio nel parco quando si sente disturbato.
Anche con l’uomo non mostra alcun timore reverenziale e quando scacciato malamente d’attorno, si sposta di pochissimi metri senza scappare ma emettendo il loro versaccio sgraziato come per rimostranza.
La maina è un uccello molto ciarliero e con diverse vocalità spesso con toni prossimi alla voce umana e per questo motivo molti usano tenerlo in gabbia come animale da compagnia. Tuttavia emette d’abitudine suoni non proprio piacevoli come gracchiamenti, borbottii, squittii e fischi ripetuti spesso noiosi ed insopportabili.
Riunendosi poi in enormi stormi nell’assembramento preserale e nei dormitori durante la notte, provoca tali brusii assordanti da rendere insopportabile il riposo a chi vive in prossimità di questi luoghi. L’abitudine di riunirsi in folti stormi in questi luoghi prestabiliti per trascorrere la notte, è costante tutto l’anno anche nel periodo di nidificazione.
Etologia e Biologia riproduttiva
L’avvento di questo nuovo intruso nei centri abitati ha provocato ed accentuato quei tipici danni che già piccioni e passeri portarono nel passato nelle città conquistate. La costruzione dei loro nidi in ogni impensabile pertugio e l’apporto di notevoli quantità di materiale nonché rifiuti cittadini come carta e plastica, provoca immancabilmente danni a scoli e colatoi che vengono intasati ma anche a camini e tegole con conseguente compromissione dell’isolamento del fabbricato.
Inoltre la conquista di un territorio ha turbato fortemente la presenza di altre specie di uccelli presenti da millenni in queste aree.In Australia diversi pappagalli arborei in particolare i tanto amati calah e corella (Cacatua spp.) che nidificano nelle cavità di alberi, vengono praticamente sfrattati senza timore, così pure tutte quelle specie che nidificano in piccoli buchi nei fabbricati urbani, occupando sistematicamente ogni possibile antro e inficiando il successo riproduttivo delle specie indigene.
Non solo, si è notato spesso che questo uccello svuota i nidi già occupati da altre specie, rapinando uova ed eventuali piccoli.
Un vero demonio che provoca danni insostenibili.
La maina si pensa sia monogama fino alla morte di uno dei partner e questa assiduità coniugale dà ottimi risultati nel loro ciclo riproduttivo.
Come detto nidifica ovunque sia possibile apportando materiali tra i più diversi per addobbare la nicchia ove depositerà le sue abituali 5 (da 4 a 6) uova di colore blu turchese.
Non ha un periodo specifico per la nidificazione e questa varia da luogo in luogo secondo latitudini, disponibilità di cibo e condizioni climatiche. La cova dura circa 18 giorni principalmente dalla femmina ed i piccoli, che nascono implumi, rimangono nel nido per altre 3 settimane.
Nell’ovest dell’India si conoscono casi di parassitismo nei confronti di questa maina da parte del Koel (Eudynamys scolopacea) un comune cuculide asiatico che depone il suo uovo nel nido di altri uccelli.
Sebbene le popolazioni di questo uccello sono ovunque in notevole incremento, tanto da essere considerata specie invasiva, in alcune aree è al contrario in sensibile diminuzione dovuta al fatto della presenza di altri sturnidi anch’essi introdotti, che prevalgono nella conquista del territorio.
È il caso della Malaysia o di Singapore, dove la Acridotheres tristis è osteggiata dalla presenza della Mynah di Giava (Acridotheres javanicus).
Nell’antica cultura sanscrita questo uccello aveva diverse identificazioni che riflettevano in realtà caratteristiche ben visibili anche oggi. Visto il suo incessante vociare, era considerato l’archetipo di una persona polemica e che aveva tante cose da dire. In effetti ancor oggi per le strade dell’India, il suo verso stridulo è forse l’unico suono che riesce ancora a volte, a prevalere sul fragore assordante della vita quotidiana di questa popolazione.
Sembra infine che la maina indiana sia portatrice di un bacillo di infezioni dannose per altri uccelli ma anche per lo stesso essere umano. In alcune isole del Pacifico dove è stato introdotto hanno rilevato che questo uccello è portatore di pulci e pidocchi.
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