Famiglia : Sturnidae

Testo © Dr. Gianfranco Colombo

Ecco il colpevole. Lo Sturnus vulgaris, distruttore di frutteti che ricopre monumenti, auto e strade urbane di guano sdrucciolevole, veicolo d’infezioni © Gianfranco Colombo

È spesso stanziale, ma ai primi freddi le popolazioni del Nord migrano in massa con stormi impressionanti di migliaia d’individui © Gianfranco Colombo

Originario dell'Eurasia si è diffuso in quasi tutto il mondo, escluso il Sud America e le terre prossime ai poli. Una delle 100 specie animali più invasive e dannose del pianeta © Alvaro Dellera

Eccolo all’opera nel frutteto casalingo. Uliveti e vigneti sono fra i più colpiti ed anche se mangia molti insetti il bilancio agricolo è decisamente in rosso © Agostino Codazzi e Gianfranco Colombo

Per la riproduzione lo storno europeo si fa bello. Il nero diventa dominante con piume nuziali più allungate, quasi filiformi, dai riflessi metallici bronzo verdastri © Colombo
Lo Storno europeo o Storno comune oppure semplicemente Stornello (Sturnus vulgaris Linnaeus, 1758) appartiene all’ordine dei Passeriformes ed alla famiglia degli Sturnidae ed insieme allo Storno nero (Sturnus unicolor) ed allo Storno roseo (Sturnus roseus), è uno dei tre congeneri presenti in Europa.

Poi sbatte come un matto le ali per farsi notare nel gruppo © Agostino Codazzi
La mano dell’uomo ed i suoi insensati esperimenti atti ad introdurre specie aliene in nuovi territori per combattere altri malanni naturali, ha contribuito quasi sempre a provocare danni ben maggiori di quelli che cercava di limitare.
Così è stato anche per lo storno europeo presente in tante parti del mondo ma ospite ormai indesiderato per la sua prolificità, adattabilità ed invasività.
Negli Stati Uniti d’America, la specie venne introdotta alla fine del XIX secolo a New York a Central Park e subito si adattò al nuovo habitat, tanto da diffondersi rapidamente in tutto il nord America e ripresentandosi, come è successo nei luoghi d’origine, come problema insolubile e drammatico.
Dei 60 esemplari rilasciati in natura se ne contano oggi circa 150 milioni! In questi nuovi ambienti, ha trovato oltremodo facile conquistarsi una nicchia specifica, a scapito di altre specie autoctone che sono state cacciate dai loro atavici territori o perlomeno minacciate sul loro stesso campo.

Il becco si colora di giallo. L’iride è marroncino-grigio nelle femmine e marrone carico nei maschi © Gianfranco Colombo
In inglese è chiamato Common Starling, in tedesco Star, in spagnolo Estornino Pinto, in francese Étourneau sansonnet, in portoghese Estorninho-malhado ed in giapponese Hoshimukudori.
Zoogeografia
L’areale dello storno è vastissimo se includiamo le aree dove è stato introdotto. Occupa praticamente tutti i continenti con esclusione del Sud America (anche se introdotto in Argentina dove è debolmente presente ed alle isole Falkland) e naturalmente dell’Antartide.
Areale originale è l’Europa, totalmente occupata e l’Asia fino alle Repubbliche centroasiatiche con limitazione a nord con la tundra e a sud le pianure indiane.
Occupa anche le coste mediterranee del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia e le isole della Macaronesia.
È stato invece introdotto ed è ormai stabilizzato da decenni, nel Nord America fino al Messico, in Sudafrica ed in Australia.
Lo storno è specie tipicamente stanziale nei territori temperati mentre è migratore negli areali più a nord dai quali, all’approssimarsi della cattiva stagione, si riversa sui quartieri meridionali decuplicando la popolazione stabilmente insediata.
È in questi luoghi che lo storno provoca i maggiori danni appunto per il numero esorbitante delle concentrazioni e l’insistenza su territori limitati.
Ciò nonostante pur conoscendo i notevolissimi danni che provoca all’agricoltura ed alla salute pubblica, alcune nazioni fra le quali l’Italia, in una valutazione più politica che naturalistica, la considera spesso specie protetta e ne vieta la caccia od il contrasto. Grandi città quali Roma ed in parte anche Milano sono praticamente assediate in inverno e durante la notte si vedono paralizzati e resi inagibili interi quartieri scelti come dormitori da questi immensi stormi.

Per metter su casa lo Sturnus vulgaris cerca spesso, come qui, un nido abbandonato di picchio, ma può andar bene anche la grossa crepa di un edificio o un piccolo buco sotto tegola © Gianfranco Colombo
Il costo della igienizzazione è elevato per la comunità ed il disagio agli abitanti interessati dal problema sono inaccettabili sia per la sporcizia che per il frastuono notturno a cui sono sottoposti
Tuttavia il concetto esasperato espresso peraltro da pochi, di un protezionismo cieco e male interpretato, ostacola l’applicazione di opportuni rimedi.
Studi recenti hanno evidenziato la pericolosità di queste deiezioni che possono diffondere malattie parassitarie e batteriche. Chissà mai che questo timore possa smuovere le menti “scientifiche” di quei sostenitori “ad ogni costo”.
Ecologia Habitat
Lo storno si è adattato perfettamente ad ogni situazione ambientale, mutando addirittura le sue stesse abitudini da passeriforme.
Se gli ambienti alberati erano parte essenziale per la loro presenza, oggi sono stati sostituiti dalle costruzioni in muratura siano esse all’interno di una città sovraffollata oppure case coloniche isolate.
Se per necessità di nidificazione erano essenziali buchi e pertugi negli alberi o sui tetti, ecco che nelle isole del mare del Nord totalmente prive di vegetazione, si sono adattati a farlo in buchi per terra o nei muretti a secco.
Habitat naturale sono le aree coltivate con estesa copertura erbacea, con cereali, con irrigazione frequente, disseminate con allevamenti di animali oppure pascoli allo stato brado. Nelle grandi pianure continentali europee amano le zone con filari di alberi circondati da ampi spazi liberi dove hanno modo di scorrazzare alla ricerca perenne di cibo.

Lo Sturnus vulgaris nidifica anche tre volte all’anno con 5-7 uova, uniformemente azzurre, covate a turno dai genitori per 2 settimane © Gianfranco Colombo

Bocche imploranti. Uno stomaco senza fondo bisognoso di proteine © Agostino Codazzi
Lo storno può essere considerato, come il Merlo (Turdus merula), un uccello totalmente nero alla vista, anche se da vicino mostra una colorazione più varia. Ha due tipiche livree stagionali, sempre legate a questo colore.
Quella riproduttiva dove il colore nero diviene preminente sull’intero piumaggio diffondendosi nella parte superiore fino a coprirlo totalmente, lasciando solo la copertura alare ed il basso ventre con delle punteggiature bianche disseminate con regolarità.
Queste piume nuziali più allungate e filiformi, hanno riflessi metallici bronzo verdastri molto caratteristici che danno colore all’abituale e funereo nero di cui sono normalmente adornati. In questo periodo il becco diventa giallo e le zampe di un bel colore rosa carico.
La livrea post riproduttiva è invece totalmente nera ma con una forte punteggiature su tutto il corpo. Il becco diventa anch’esso nero e le zampe si iscuriscono notevolmente.
I giovani hanno invece l’aspetto più brunastro ma in breve tempo acquisteranno la tipica punteggiatura bianca su sfondo nero che coprirà nel giro di qualche mese l’intero piumaggio.
Non vi è dimorfismo evidente fra i sessi anche se talvolta il maschio evidenzia una macchia alla base del becco di colore azzurrognolo mentre è rosa brunastra nelle femmine.
Il miglior modo per sessare con certezza questo uccello rimane il colore dell’iride. Marroncino o grigio nella femmina e marrone carico nel maschio. Lo storno misura 23 cm in lunghezza, ha un’apertura alare di circa 35 cm ed un peso che arriva a 80 g. Sono state determinate diverse sottospecie in tutto il mondo ed altre sono tuttora in discussione vista la possibilità per le sottospecie confinanti, di ibridarsi fra loro.

A 3 settimane i giovani abbandonano il nido con la loro caratteristica livrea marrone. Si uniscono subito in bande numerose pronte a battibecchi per un boccone © Gianfranco Colombo

A fine stagione assumono un po’ alla volta la punteggiatura tipica degli adulti © Gianfranco Colombo
Lo storno sa imitare moltissimi uccelli ed anche rumori domestici, dal Canarino (Serinus canaria) tenuto in gabbia sul balcone del vicino, alla Rondine (Hirundo rustica), dal Balestruccio (Delichon urbica) allo sbattere di stoviglie o il rumore della caduta di oggetti ma con molta abilità sa imitare anche il canto del Rigogolo (Oriolus oriolus) e della Quaglia (Coturnix coturnix), visitatori africani estivi del nostro continente.
Provocano negli ornitologi quel sussulto primaverile fuori stagione per aver udito quei canti tanto familiari quanto ancora lontani da venire.
Ma ormai ben lo sanno che lo storno si prende gioco di loro!
Lo stornello può essere confuso con il merlo ma solo per il comune colore nerastro delle loro livree. Il comportamento sociale, la morfologia ed il volo sono estremamente diversi.
Il merlo per lo più quando a terra, saltella mentre lo storno cammina incessantemente.
Il merlo è famoso per il becco giallo, robusto e ben evidente, lo storno l’ha di quel colore solo in estate ed è adunco ed affilato.
Lo stornello molto raramente si muove da solo ma è sempre in gruppo, a volte in stormi immensi, cosa che il merlo aborrisce essendo tipicamente specie solitaria.
Etologia-Biologia riproduttiva
Lo storno è un uccello molto prolifico e con un ottimo successo riproduttivo vista la grande socialità della specie e la forte adattabilità ad ogni situazione.

Con l’inizio dell’inverno i genitori hanno perso del tutto le loro scintillanti, lunghe e sottili piume da parata e la livrea tende ormai decisamente al nero con punteggiature chiare su tutto il corpo © Gianfranco Colombo
Il nido viene posto in buchi di alberi, sfruttando vecchi nidi di picchi, in crepe nei muri, sotto le tegole, in cassette nido e come detto in precedenza, a terra o nei muretti a secco ove non disponibili rifugi appropriati.
Il nido è un ammasso informe di erba secca rivestita all’interno di piume e peli di animali, nel quale vengono deposte uova di un bel colore azzurrino uniforme.
Le uova vengono covate per una quindicina di giorni da entrambi i partner ed i piccoli, che nascono ciechi ed implumi, rimangono nel nido ancora per circa tre settimane.
Qualche giorno dopo l’involo i giovani sono già totalmente autonomi e si uniscono a quelle bande estive, molto numerose ed errabonde, formate principalmente da immaturi e qualche adulto.
Lo storno è occasionalmente soggetto a parassitismo intraspecifico. Alcune femmine pur avendo il loro nido, depongono delle uova in quello di altri storni senza una particolare ragione.
Lo stornello è specie abitualmente insettivora e consuma una quantità notevolissima di insetti ma durante l’autunno e l’inverno diventa quasi esclusivamente frugivoro provocando quei danni di cui si accennava in precedenza.
Uliveti, frutteti e vigne sono gli obbiettivi principali delle loro scorribande, coltivazioni invase da stormi a volte impressionanti che provocano danni ingentissimi.
Anche le semine sono assoggettate a questa falcidie ed a nulla sono valse le misure intraprese per limitarne i danni. Lo storno ha diversi predatori in natura, dai piccoli rapaci diurni e notturni, a roditori e mustelidi ma il loro numero non soffre certo di questi piccoli prelievi.

Il giallo del becco gradualmente scompare, la frutta scarseggia ed aspettano infreddoliti la primavera, uno accanto all’altro, come in questa triste riunione televisiva © Gianfranco Colombo
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