Alocasia macrorrhizos

Famiglia : Araceae


Testo © Pietro Puccio

 

L’Alocasia macrorrhizos, volgarmente nota nei giardini tropicali e subtropicali come orecchio d’elefante, è originaria del Sudest asiatico. Specie erbacea rizomatosa con un fusto, in parte sotterraneo, che può raggiungere i 2 m d’altezza. Le foglie, lunghe fina a un metro e larghe 90 cm, sono quasi erette con piccioli di 150 cm © G. Mazza

L’Alocasia macrorrhizos, volgarmente nota nei giardini tropicali e subtropicali come orecchio d’elefante, è originaria del Sudest asiatico. Specie erbacea rizomatosa con un fusto, in parte sotterraneo, che può raggiungere i 2 m d’altezza. Le foglie, lunghe fina a un metro e larghe 90 cm, sono quasi erette con piccioli di 150 cm © G. Mazza

L’ Alocasia macrorrhizos (L.) G.Don (1839) è originaria dell’Arcipelago Bismarck, Borneo, Filippine, Isole Salomone, Malesia Peninsulare, Papua Nuova Guinea e Queensland.

Il nome generico è derivato dal nome di un altro genere della stessa famiglia: Colocasia; il nome specifico è la combinazione dei termini greci “makros” = grande e “rhiza” = radice, con ovvio significato.

Nomi comuni: “australian cabbage”, “biga”, “creek lily”, “cunjevoi”, “giant alocasia”, “giant elephant’s ears”, “giant taro”, “upright elephant ear” (inglese); “alocasie”, “alocasie à grandes racines”, “alocasie à grosse racine” (francese); “alocasia”, “orecchio di elefante” (italiano); “alocásia”, “inhame-açú”, “orelha de elefante gigante”,”taiá rio branco”,”taioba” (portoghese); “hoja de pato”, “pato”, “malanga” (spagnolo); “alokasie” (tedesco).

La spata, lunga 15-30 cm, protegge i fiori maschili e femminili che maturano in tempi diversi. Al suo interno, nella zona dello spadice riservata ai maschi, la temperatura può salire di 10-20 °C rispetto all’esterno per 40 ore circa, il tempo utile per impollinare i pronubi, attratti dal calore e dall’odore © Giuseppe Mazza

La spata, lunga 15-30 cm, protegge i fiori maschili e femminili che maturano in tempi diversi. Al suo interno, nella zona dello spadice riservata ai maschi, la temperatura può salire di 10-20 °C rispetto all’esterno per 40 ore circa, il tempo utile per impollinare i pronubi, attratti dal calore e dall’odore © Giuseppe Mazza

Erbacea rizomatosa sempreverde con fusto, in parte sotterraneo, che nelle vecchie piante può raggiungere 2 m di altezza, con un diametro fino a circa 20 cm; piccioli lunghi fino a 1.5 m e foglie cordato-ovate lunghe fino a 1 m e larghe 90 cm, pressoché erette, dai margini leggermente ondulati, di colore verde intenso lucido.

Infiorescenza costituita da una spata bianco giallastra lunga 15-30 cm e larga circa 5 cm, racchiusa e tubolare alla base per circa 4 cm, e da uno spadice lungo 10-30 cm con i fiori femminili occupanti la parte inferiore per una lunghezza di circa 2 cm, separati da una zona sterile di circa 1 cm da quelli maschili distribuiti per una lunghezza di circa 7 cm e terminante con una appendice sterile di colore bronzo lunga 7-20 cm.

I fiori sono protogini (i fiori femminili sono ricettivi prima della maturazione dei fiori maschili, ciò impedisce l’autofecondazione); l’impollinazione avviene ad opera di insetti attratti dall’odore emesso dallo spadice e dal contemporaneo aumento di temperatura. L’aumento di temperatura, che riguarda la zona maschile dello spadice, ed ancor più l’appendice sterile, si ha per circa 40 ore, con un innalzamento di temperatura di 10-20°C rispetto a quella ambiente.

I frutti sono bacche ovoidi di colore rosso vivo a maturità lunghe circa 1 cm. Si riproduce per seme, divisione dei rizomi e porzioni di fusto.

Specie imponente coltivabile nelle zone a clima tropicale e subtropicale umido in pieno sole o in ombra parziale; può anche essere coltivata nelle zone temperate, dove però tende a perdere le foglie in inverno, ma può resistere, a livello di rizo- ma, se ben pacciamato, a temperature dell’ordine di -8/-9°C. Non è particolarmente esigente riguardo al suolo che deve essere mantenuto costantemente umido durante il periodo vegetativo. Può essere coltivata in vaso in substrati porosi, drenanti e ricchi di sostanza organica per la decorazione di ambienti spaziosi e luminosi con temperature superiori ai 12-14°C per evitare danneggiamenti delle foglie.

Rizoma e fusto sono a volte utilizzati nelle zone di origine per il consumo animale ed in passato, in periodi di carestia, anche per quello umano, ma previa prolungata cottura per eliminare le sostanze tossiche in essi contenute, in particolare ossalato di calcio, che possono provocare gravi reazioni se masticati ed ingeriti crudi; anche il contatto con la linfa può provocare reazioni allergiche.

Le foglie spezzate emanano un odore di mandorle amare per la presenza di acido cianidrico (cianuro), circa 30 mg di HCN/kg, che è presente in misura minore anche nel fusto.

I frutti, di colore rosso vivo a maturità, sono bacche ovoidi lunghe circa 1 cm. Il rizoma e il fusto sono velenosi ma commestibili dopo lunga cottura © Giuseppe Mazza

I frutti, di colore rosso vivo a maturità, sono bacche ovoidi lunghe circa 1 cm. Il rizoma e il fusto sono velenosi ma commestibili dopo lunga cottura © Giuseppe Mazza

Sinonimi: Arum macrorrhizon L. (1753); Arum indicum Lour. (1790); Colocasia macrorrhizos (L.) Schott & Endl. (1832); Alocasia macrorrhizos (L.) Schott (1832); Calla maxima Blanco (1837); Alocasia macrorrhiza (L.) G. Don (1839); Colocasia indica (Lour.) Kunth (1841); Philodendron peregrinum (L.) Kunth (1841); Alocasia indica (Lour.) Spach (1846); Alocasia macrorrhiza (L.) Schott (1852); Alocasia indica (Lour.) Schott (1854); Alocasia metallica Schott (1854); Alocasia indica var. metallica (Schott) Schott (1860); Alocasia plumbea Van Houtte (1875); Alocasia indica var. heterophylla (1879); Alocasia indica var. variegata (K.Koch & C.D.Bouché) Engl. (1879); Alocasia grandis N.E. Br. (1886); Alocasia indica var. diversifolia Engl. (1920); Alocasia indica var. rubra (Hassk.) Engl. (1920); Alocasia indica var. typica Engl. (1920).

 

→ Per apprezzare la biodiversità all’interno della famiglia ARACEAE e trovare altre specie, cliccare qui.