Arenga obtusifolia

Famiglia : Arecaceae


Testo © Pietro Puccio

 

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Bella ma infestante, tramite stoloni, l’Arenga obtusifolia raggiunge i 8-15 m altezza © Giuseppe Mazza

La specie è originaria di Giava, Malaysia Peninsulare, Sumatra e Thailandia dove vive nelle foreste umide, rappresentando in alcune aree la specie dominante, fino a circa 700 m di altitudine.

Il nome generico, Arenga, deriva dal malese ‘areng’ riferito alla Arenga pinnata; il nome specifico è la combinazione dell’aggettivo latino “obtusus, a, um” = smussato e del sostantivo “folium, ii” = foglia, con ovvio riferimento.

Nomi comuni: Sumatra sugar palm (inglese); langkap, langko, lang sap (Indonesia); ma phrao nu, phrao nu (Thailandia).

L’ Arenga obtusifolia Mart. (1838) è una specie inerme cespitosa, che si espande tramite stoloni lunghi fino a circa 2 m, con fusti eretti di 8-15 m altezza e 30 cm di diametro alla base. Presenta caratteristiche insolite per il genere, non è monocarpica, non muore quindi dopo la fioritura, questa nel tempo procede dal basso verso l’alto (acropetala) e non viceversa (basipetala), e infine è monoica, presentando fiori di entrambi i sessi sulla stessa infiorescenza, disposti nella caratteristica triade (un fiore femminile tra due fiori maschili), ma è stato osservato che durante il suo sviluppo tutti i fiori di un sesso vengono eliminati, comportandosi quindi ai fini della riproduzione come dioica.

Le foglie, su un robusto picciolo lungo 40-90 cm, sono pennate, leggermente ascendenti, lunghe fino a circa 6 m, con 60-100 pinnule lanceolate con apice irregolarmente dentato, lunghe 0,7-1,5 m e larghe 6-8 cm, irregolarmente disposte su entrambi i lati del rachide su piani leggermente differenti, di colore verde scuro superiormente, grigio argenteo inferiormente, coriacee. La base fogliare, lunga 0,6-1 m, grigia, circonda il fusto solo in minima parte con margini che si disfano formando una rete di fibre nerastre, persistenti per lungo tempo, di cui alcune, rigide e aghiformi, possono raggiungere la lunghezza di 1 m, solo nella parte più vecchia il fusto è liscio, grigiastro e segnato da anelli, traccia delle foglie cadute, distanziati di 16-20 cm. Le infiorescenze nascono tra le foglie (interfogliari), ramificate, lunghe 0,6-1 m, i frutti sono ovoidi con apice depresso, di colore giallo verdastro a maturità, di circa 4,5 cm di lunghezza e 3 cm di diametro, contenenti 1-3 semi nerastri; la polpa è molto irritante per la presenza di cristalli di ossalato di calcio, da maneggiare quindi con cautela, possibilmente indossando guanti.

Si riproduce per divisione e per seme, utilizzando in questo caso contenitori profondi dato che l’ipocotile che si sviluppa dal seme, ed alla cui estremità vi è il germe da cui si origineranno le radici e la prima foglia, si spinge in profondità, con tempi di germinazione, alla temperatura di 26-28 °C, superiori a un mese.

Frutti ed ingrandimento dei fiori femminili. L'infiorescenza bisessuale durante la crescita elimina uno dei due sessi trasformandosi di fatto in unisessuale © G. Mazza

Frutti ed ingrandimento dei fiori femminili. L'infiorescenza bisessuale durante la crescita elimina uno dei due sessi trasformandosi di fatto in unisessuale © G. Mazza

Specie di indubbie caratteristiche ornamentali, ma che presenta lo svantaggio di occupare col tempo grandi aree, se non opportunamente controllata, tramite i lunghi stoloni che emette. Coltivabile in parchi e grandi giardini esclusivamente nelle zone a clima tropicale e subtropicale umido, non sopportando valori eccezionali di temperatura intorno a 0 °C, se non per brevissimo periodo e con danneggiamento del fogliame. Richiede pieno sole e suoli drenanti mantenuti costantemente umidi.

I frutti vengono a volte usati per l’alimentazione dei maiali e le foglie come copertura di ripari di fortuna e per confezionare canestri. In alcune aree di Giava è diventata infestante soffocando la vegetazione preesistente, in particolare minacciando la sopravvivenza del rinoceronte endemico di Giava (Rhinoceros sondaicus Desmarest, 1822), ridotto a poche decine di esemplari nel Parco Nazionale di Ujung Kulon, e costringendo le autorità locali a predisporre progetti di intervento per cercare di limitarne l’espansione e favorire la ricrescita della vegetazione di cui si ciba.

Sinonimi: Gomutus obtusifolius Blume (1843); Saguerus langbak Blume (1843).

 

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