Arecaceae


Testo © Dr. Claudio Littardi

 

Corypha taliera, Arecaceae

Corypha taliera. Le palme rappresentano una antica forma di vita, come testimoniano reperti fossili che risalgono al Cretaceo superiore e con una distribuzione a latitudini molto più a nord rispetto a quella attuale © Giuseppe Mazza

Le palme appartengono alla famiglia delle Arecaceae e sono un gruppo monofiletico, che occupa un posto preminente tra le Plantae, sia per la posizione sistematica ben definita, sia per il particolare aspetto e portamento delle specie (Fenaroli 1949).

Le palme sono monocotiledoni arboree, longeve e con accrescimento primario permanente, caratteristiche uniche che le contraddistinguono e che hanno da sempre esercitato un singolare fascino nel mondo della botanica.

Le palme rappresentano una antica forma di vita, come testimoniano reperti fossili che risalgono al Cretaceo superiore e con una distribuzione a latitudini molto più a nord rispetto ad oggi. Reperti fossili e pollini di specie tropicali sono stati rinvenuti anche in Europa.

Quante sono le palme conosciute

La più recente e generalmente accettata classificazione della famiglia delle Arecaceae o Palme fa riferimento a Genera Palmarum: The evolution and classification of palms, di J. Dransfield et N.Uhl (Kew Publishing, 2008), che descrive 183 generi e circa 2700 specie.

Distribuzione geografica

La distribuzione naturale delle palme è prevalentemente tropicale, sebbene diverse specie crescono in aree subtropicali (Henderson et al., 1995).

La specie più boreale è Chamaerops humilis L., che in Europa è segnalata a 44° lat. nord. (Portofino) ed è diffusa in tutto il Mediterraneo occidentale, dal sud del Portogallo a Malta e dal Marocco alla Libia.  Nel continente americano le palme più a nord sono Washingtonia filifera H.Wendl., in California e Rhapidophyllum hystrix H.Wendl. & Drude nella Carolina del sud, Alabama e Georgia. Nel settore australe troviamo la specie Rhopalostylis sapida H.Wendl. & Drude che occupa il limte etremo nell’isola di Chatham, in Nuova Zelanda (44° lat. sud).

Sotto il profilo dell’altitudine possiamo trovare palme che crescono naturalmente a livello del mare, come in zone collinari o montane. La specie che detiene il record di crescere alla maggiore altitudine è Ceroxylon utile Wendl., che troviamo sulle Ande a 4000 m sul livello del mare. Non sono da meno specie come Calamus gibbsianus Becc., e Pinanga capitata Becc. che crescono sul monte Kinabalu, nel Borneo, ad oltre 3000 m. Lo stesso è Trachycarpus martianus H.Wendl., caratteristica palma dell’Himalaya, che vive fino a 2400 metri. Sono comunque molte altre le palme che possiamo trovare in habitat di boschi montani oltre i 2000 m, e tra queste annotiamo Caryota maxima Blume ex Mart., Dypsis spp. e Hyospathe spp.

Phoenix canariensis nel suo ambiente naturale alle Canarie. Nel mondo delle palme il genere Calamus è quello maggiormente rappresentato con circa 370 specie ed una diffusione pantropicale. Altri generi con poche specie hanno per contro una diffusione vastissima, come ad esempio i Borassus, le Phoenix e le Raphia © Giuseppe Mazza

Distribuzione geografica dei generi

Sebbene le palme manifestino una grande diffusione nelle regioni tropicali, possiamo annotare che la maggior parte ha una distribuzione circoscritta, con diversi generi monospecifici e poche specie.

Il genere Calamus è quello maggiormente rappresentato, con circa 370 specie e diffusione pantropicale. Alcuni generi, con poche specie, hanno diffusione mondiale, come Borassus, Phoenix e Raphia, mentre altri generi, con numerose specie, occupano aree ristrette. Appartengono a questo gruppo Licuala Pinanga, con oltre 100 specie e dense popolazioni in Malesia e Nuova Guinea. Stessa situazione rileviamo per il genere Chamaedorea nell’America centrale e meridionale.

L’Attalea crassispatha, endemica di una ristretta area nella parte sudoccidentale di Haiti, è attualmente una delle palme più rare in assoluto. Non poche specie rischiano oggi l’estinzione in natura © Giuseppe Mazza

Endemismi

Tra le palme non mancano gli endemismi e sono numerose quelle localizzate in piccole aree, limitatamente a nicchie specifiche e in ambienti diversi.

Solo nelle isole Lord Howe, nell’Oceano Pacifico, sud est Australia, contiamo ben tre generi e quattro specie endemiche.

Di queste due crescono lungo la costa, un’altra si incontra ad altitudini medie, mentre l’ultima vive sulla sommità montuose delle isole. Tra gli indemesmi insulari l’isola Fiji vanta ben dieci generi e 22 specie, mentre in Nuova Caledonia vivono 17 generi e trenta specie. Situazioni simili si rilevano in Nuova Guinea e Madagascar.

Dove crescono le Palme

La maggior parte delle palme crescono nella foresta tropicale umida, dove alcune svettano oltre la canopea, mentre altre si confondono con la ricca vegetazione o vivono sottochioma in condizioni ombrose.

Nella foresta umida sono diffuse le palme rampicanti che, partendo dalle radici ancorate al suolo, sviluppano un lungo stipite, e utilizzando come sostegno altre palme o alberi, si portano in alto, verso la luce. Estese colonie di palme crescono in praterie aperte o savane, e molte di queste manifestano una spiccata resistenza alla siccità e tollerano i danni procurati dai frequenti incendi.

Queste grandi concentrazioni  di palme sono generalmente rappresentate da una sola specie, come per i generi Borassus, Livistona, Phoenix e Raphia. Diversamente, per le palme che crescono in foresta, non si registrano forti addensamenti, in quanto rileviamo un’elevato numero di specie diverse in aree ristrette.

Phoenix paludosa Roxb. e Raphia taedigera Mart., occupano in dense colonie, zone aperte e umide, anche paludose. Terreni sottoposti a fenomeni alluvionali periodici possono accogliere palme che, con le radici esplorano strati profondi del suolo e assorbono l’acqua di falda nei periodi di elevata siccità.

A livello evolutivo alcune palme hanno sviluppato straordinarie strategie per la ricerca e conservazione dell’acqua, ma non possono comunque sopravvivere a lunghi periodi di siccità. La stessa palma da datteri Phoenix dactylifera L., che cresce nel deserto più inospitale, può viverre solo se attinge acqua sotterranea.

Poche palme tollerano il grande freddo e la neve, ma Nannorrhops ritchieana Aitch., delle montagne dell’Afganistan e Trachycarpus dell’Himalaya trascorrono l’inverno sotto la neve.

Nelle grandi foreste le palme sono solite competere con gli alberi per raggiungere la luce più in alto, e con il loro stipite emergente verso il cielo offrono un profilo paesaggistico straodinario.

Archontophoenix cunninghamiana in una foresta del Queensland in Australia. La maggior parte delle palme crescono nella foresta tropicale umida dove alcune svettano rigogliose dalla canopea © Giuseppe Mazza

Tra queste palme alte e snelle si distinguono Beccariophoenix madagascariensis Jum. & H.Perrier, Borassus spp., Ceroxylon spp. Livistona saribus Merr. ex A.Chev.

Molte palme crescono naturalmente negli stati più ombrosi della foresta e tra queste annotiamo Aiphanes spp., Calyptrocalyx spp., Chamaedorea spp., Dypsis spp., Geonoma spp., Licuala spp., Rhapis spp. e Wallichia spp.

Solo una specie cresce nelle mangrovie ed è la Nypa fruticans Wurmb, presente agli estuari dei fiumi dell’Asia e coste orientali dell’Oceano Pacifico, dove forma estese colonie. Si insedia nei fondali bassi e fangosi e affida alle correnti la dispersione dei frutti con semi.

Al limite delle mangrovie crescono altre palme come Copernicia gigas Ekman ex Burret, Licuala paludosa Griff. e Phoenix paludosa Roxb. Altre palme tollerano bene i terreni sabbiosi e salmastri lungo le coste. Si tratta di palme dotate di radici in grado di assorbire acqua in profondità e tollerare i forti venti e spruzzi marini.

Tra queste il Cocos nucifera L., Allagoptera arenaria Kuntze, Allagoptera brevicalyx M.Moraes, Pseudophoenix sargentii H.Wendl e Thrinax radiata Lodd.

Le palme occupano anche aree soggette a periodiche inondazioni e hanno un comportamento reofitico. Sono caratterizzate da foglie generalmente strette e fini, probabilmente per agevolare lo scorrimento delle acque impetuose.

Tra queste la Chamaedorea cataractarum Mart., del Centroamerica e Pinanga del Borneo. Esistono anche palme acquatiche, come Ravenea musicalis Beentje, del Madagascar, che cresce nel letto dei fiumi. I semi germinano nel frutto che, una volta giunto a maturazione, cade in acqua e continua la germinazione sul fondo del fiume. Le foglie sono sommrse dall’acqua e possono ancorarsi al fondo. Le palme non possono tollerare la vita in zone prive di acqua e la condizione estrema richide comunque la presenza di acqua sotterranea nella fascia esplorata dalle radici.  Tra queste la palma da datteri Phoenix dactylifera L., Livistona carinensis J.Dransf. & N.W.Uhl, che cresce nelle oasi di Arabia e Somalia, e Medemia argun, tra Egitto e Sudan. Nel continente americano, tra Messico e Stai Uniti  le palme che meglio tollerano la siccità sono Washingtonia, Brahea e Sabal.

Curiosità delle palme

Le palme, con la loro particolare struttura organizzativa e biologia raggiungono una serie di primati riconosciuti nel modo vegetale. Spetta a Jubaea chilensis Baill., il primato dello stipite più largo ottenuto per crescita primaria, in quanto esemplari ben sviluppati possono superare il metro di diametro.

Nativa del sudest asiatico la Plectocomia elongata è un’imponente palma rampicante con fusti che raggiungono i 30-50 m di lunghezza strisciando al suolo come serpenti finché non trovano un solido sostegno. Il rachide si prolunga oltre le foglioline lanceolate in un cirro, lungo anche 3 m, armato di spine ricurve ad uncino per ancorarsi ai rami degli alberi. A destra particolare dell’infiorescenza, lunga fino a 2 m. I fiori sono ricoperti da brattee sovrapposte concave di colore bruno rossastro © Giuseppe Mazza

Allo stesso tempo, rispetto alla maestosa palma del Cile rileviamo la palma più piccola, Syagrus lilliputiana Becc., del Paraguay, che misura un’altezza di circa 10 cm nello stadio adulto.

Tra le piccole palme annoveriamo Chamaedorea stenocarpa Standl. & Steyerm. e Chamaedorea pygmaea H.Wendl., del continente sudamericano, che solitamente non oltrepassano i 50 cm di altezza. In contrasto con le piccole palme si contrappone la palma della cera Ceroxylon quindiuense H. Wendl. e Ceroxylon alpinum Bonpl. che possono svettare oltre i 60 metri di altezza.

Il fusto aereo, non ramificato e più lungo è detenuto invece dalle palme rampicanti Calamus, che possono raggiungere i 200 metri.

Nel mondo delle palme il seme più grande e sorprendente è fornito da Lodoicea maldivica con un peso che oscilla dai 10 ai 25 kg. Il frutto può contenere fino a tre semi e può raggiungere i 45 kg © Giuseppe Mazza

Si tratta di una lunghezza che supera l’altezza degli alberi tradizionalmente più alti, ma lo stipite del Calamus non si autosostiene e si intrufola tra i rami degli altri alberi fino a raggiungere la folta vegetazione sommitale della canopea.

Corypha umbraculifera L. detiene il record dell’infiorescenza più grande. Si tratta di una palma apaxantica, ovvero con infiorescenza terminale panicolata, che si sviluppa dall’apice, che in precedenza era vegetativo. L’altezza complessiva dell’infiorescenza può superare gli 8 metri e può presentare fino a quattro ordini di ramificazioni. Il numero complessivo di fiori stimato è di circa 20 milioni.

Il seme più grande è fornito da Lodoicea maldivica Pers., il cui peso oscilla dai 10 ai 25 kg. Il frutto può contenere fino a tre semi e può raggiungere i 45 kg. Gli alberi viventi più facilmente trapiantabili.

Il tronco di palma è in grado d’immagazzinare una grande quantità di acqua disponibile ed ha una grande capacità di produrre nuove radici in corrispondenza della base del fusto. Su queste peculiarità si fondano pratiche orticole, che vedono trapiantare palme di grandi dimensioni come Washingtonia, Sabal, Chamaerops e Phoenix. Spetta invece a Raphia regalis Becc. il record di lunghezza per foglia pennata che in alcuni casi può superare i 20 metri di lunghezza. Tra le foglie palmate la più grande si riscontra sulla Corypha umbraculifera L., che raggiunge gli 8 m di diametro. Con un picciolo di circa 5 metri. Dimensioni simili sono raggiunte anche da Lodoicea maldivica Pers.

 

Caratteri morfologici delle palme

Radici

Le radici delle palme presentano forma e struttura diverse rispetto a quelle delle Dicotiledoni arboree, pur assolvendo agli stessi compiti. Le funzioni basilari sono quelle di nutrire la palma, ancorarla al suolo, accumulare elementi nutritivi di riserva e stabilire relazioni simbiotiche con i funghi del substrato.

Se non avessero solide radici queste palme, che crescono in 60 cm di terra sulle Terrazze del Casinò di Montecarlo, sarebbero già cadute da un pezzo © Giuseppe Mazza

Le radici delle palme sono fascicolate, fibrose e carnose e, una volta assorbiti gli elementi nutritivi e l’acqua, li inviano sotto forma di linfa grezza allo stipite. A loro volta anche le radici ricevono dalle foglie la linfa elaborata che raggiunge gli estremi radicali.

Le radici emergono dal bulbo basale, che è la continuazione dello stipite nel terreno. Il bulbo basale può raggiungere fino ad un metro di profondità o trovarsi all’esterno innalzato sopra le radici, a seconda della specie. Generalmente le radici vengono abbozzate soltanto nella porzione sotterranea dello stipite, anche se in molti casi rileviamo emissioni aeree esterne e ben visibili, come per Cryosophila williamsii P.H. Allen. In altri casi abbozzi radicali emergono sotto corteccia, lungo lo stipite e si sviluppano solo in caso di stimoli eterni (interramento o lesioni). Alcune palme possono produrre radici dallo stipite, sopra il terreno, come nel caso della palma da datteri Phoenix dactylifera L. In alcuni casi e in individui in età avanzata, possono comparire a più di 10 m dal suolo e crescere nascoste tra la corteccia e il periciclo.

Phoenix dactylifera nell’oasi di Nefta in Tunisia. Le radici della pianta raggiungono l’acqua presente nel sottosuolo © Giuseppe Mazza

Con il progressivo accrescimento l’apparato radicale si espande con una serie di radici primarie da cui, secondo un ordine gerachico, dipartono radici di secondo, terzo e quarto ordine. Esistono anche radici terziarie, con uno spessore ulteriormente inferiore e con una direzione ascendente e discendente, però sempre con un’inserzione che inizia perpendicolarmente.

Tutte le radici presentano, nella loro parte terminale, molto vicina alla cuffia radicale, una zona di colore chiaro o tendente al bianco, non lignificata, di pochi millimetri di lunghezza, attraverso la quale si realizza l’assorbimento dell’acqua e degli elementi minerali e organici. L’esplorazione radicale è influenzata dalla natura e dell’idrologia del substrato. Le radici primarie di Euterpe oleracea Mart. possono estendersi fino a 40 metri di distanza dallo stipite principale. I peli radicali sono assenti, ma l’assorbimento viene facilitato dalle piccole dimensioni delle radici di ordine inferiore e dall’elevato numero delle stesse.

Le radici primarie di Euterpe oleracea possono estendersi fino a 40 m di distanza dallo stipite principale © Giuseppe Mazza

Di grande rilevanza ecologica è la capacità di rigenerarsi, dopo aver subito un danno. La rigenerazione può derivare sia dalla emissione di nuove radici, sia dalle ramificazioni che dipartono in prossimità della parte recisa, ma le risposte rigenerative differenti variano secondo la specie. Nel caso di Roystonea e Syagrus, maggiore è la lunghezza dal punto di inserzione all’estremità tagliata, maggiori sono le probabilità di ramificazioni. Alcune radici sono munite di pneumatodi, tessuti che hanno il compito di ossigenare le radici sommerse di specie appartenenti ai generi Phoenix, Metroxylon Raphia.

La struttura interna delle radici delle palme è formata da due parti chiaramente differenziate, la zona corticale e quella midollare. Quest’ultima ospita i vasi conduttori. Nella palma da datteri la corteccia radicale presenta tre zone: la parte più esterna, epidermide o rizoderma, manifesta una struttura rugosa ed irregolare, di color marrone terroso, è ricca di suberina che agisce da sostanza isolante. Il parenchima corticale, che costituisce la maggior parte della corteccia, occupa una posizione intermedia, è formato da cellule e fibre disposte in modo da formare grandi spazi, fornendo al tessuto un aspetto spugnoso. Segue infine la zona più interna della corteccia o endoderma, che indica un confine molto preciso tra la corteccia stessa e il midollo.

Nel midollo si distinguono due parti: il periciclo, più esterno, ed i vasi conduttori, in posizione centrale.

Dal periciclo radicale, che mantiene un carattere meristematico, nascono le diramazioni delle radici secondarie, terziarie, ecc. I vasi conduttori di xilema e floema radicali si riuniscono formando fasci conduttori, che sono contornati da fibre di tessuto sclerenchimatico. I due tipi di vasi conduttori sono disposti radialmente. I vasi di xilema portano la linfa grezza e hanno una dimensione maggiore, si trovano nella zona centrale del midollo e riducono il proprio diametro man mano che risultano spostati verso il centro. I vasi di floema, che distribuiscono la linfa elaborata, hanno dimensioni inferiori rispetto a quelle dello xilema e occupano la zona rivolta verso il periciclo.

La crescita della radice tende ad essere continua e non si interrompe, a meno che la temperatura non sia molto fredda o il suolo estremamente asciutto o asfittico. Il periodo di crescita varia a seconda delle specie, degli habitat, ed in particolare del suolo e delle condizioni ambientali complessive. La messa a dimora di una palma impone il rispetto dell’interramento a filo del colletto. Alcune palme sopportano un interramento maggiore, ma ciò non agevola il processo di ripresa vegetativa e, per alcune specie, può anche causare la morte dell’esemplare.

Maestoso viale di Roystonea oleracea nell’Orto Botanico di Peradeniya a Kandy. Lo stipite delle palme, che in alcune specie può raggiungere i 60 m, è generalmente singolo, allargato alla base, fibroso, pieno, cilindrico ed affusolato © Giuseppe Mazza

Dal punto di vista biomeccanico bisogna aggiungere che il sistema radicale delle palme è estremamente efficace, molto esteso ed è caratterizzato da una grande velocità e capacità di rigenerazione. Per questo è molto raro che si verifichi la caduta di palme adulte in conseguenza della perdita di resistenza o stabilità del sistema radicale (scodellamento). L’immagine delle palme frustate dagli uragani è un esempio noto a tutti.

Stipite

Lo stipite delle palme ha molte caratteristiche in comune con quelle del tronco delle Dicotiledoni arboree.

È formato da elementi lignificati, è solido, può innalzare la chioma fogliare fino ad altezze di 60 metri (Ceroxylon ceriferum Pittier) ed assolve le stesse funzioni del tronco degli alberi appartenenti alle Dicotiledoni. Si differenzia per struttura, composizione e modalità di crescita. La funzione dello stipite è quella di sostenere ed elevare la chioma fogliare esponendola al meglio alla luce solare, servire da elemento di unione nella conduzione tra l’apparato radicale e le foglie e accumulare le sostanze di riserva, come l’amido e l’acqua.

Lo stipite delle palme è generalmente singolo, allargato alla base, fibroso, pieno, cilindrico ed affusolato. Come si è già rilevato esistono anche palme dai fusti multipli. In alcune possono sorgere germogli dalla base e lungo lo stipite stesso.

Possiamo trovare palme ramificate, anche se questo è meno comune. Esistono anche palme dai tronchi rampicanti, sotterranei ed acquatici. La superficie dello stipite può presentare forme diverse: liscia, con resti della base delle foglie intrecciate di fibre, spine o segmentazioni simili a quelle dei bambù. Generalmente con la caduta delle foglie rimangono sullo stipite i segni delle cicatrici lasciate dal picciolo.

Nella sezione trasversale del fusto appaiono 3 zone chiaramente differenziate: corteccia – periciclo (molto sottile) – midollo. Le palme non presentano cambio secondario e non possiedono anelli di crescita.

Nella parte centrale compare una zona più “morbida”, chiamata midollo, formata da un gran numero di vasi conduttori che percorrono longitudinalmente l’interno dello stipite. I vasi sono avvolti in custodie di fibre sclerenchimatiche, immerse in una massa formata in prevalenza da cellule parenchimatiche. I fasci fibrovascolari accolgono all’interno vasi di xilema e floema che provvedono alla conduzione della linfa grezza ed elaborata.

Completano la zona midollare masse di cellule specializzate, tra le quali si evidenziano particolari cellule contenenti concrezioni silicee di origine organica, che hanno la funzione di rafforzare la resistenza strutturale e difensiva. Sono questi corpi silicei i responsabili del fatto che gli attrezzi da taglio, dopo il lavoro sui tessuti di palma, perdono rapidamente l’affilatura.

Acrocomia crispa. Il fusto può presentare rigonfiamenti per conservare l’acqua e spine difensive © Giuseppe Mazza

Abbondano le cosi dette cellule parenchimatiche specializzate nell’accumulo delle sostanze di riserva. Inoltre appaiono cellule ricche di tannini, preposte alla protezione dalle aggressioni esterne, distribuite in tutta la pianta, eccetto che nelle radici.

Questa protezione è attiva contro i funghi ed in special modo contro le aggressioni degli erbivori, dato che i tannini conferiscono un sapore acre e sgradevole ai tessuti. I tannini presenti rendono meno putrescibili le sostanze proteiche, da ciò deriva la resistenza allo sviluppo di marcescenze, carie e alterazioni dello stipite causate da funghi.

La parte esterna dello stipite, chiamata spesso impropriamente corteccia, è formata da uno strato corticale di spessore variabile. La corteccia è qui prevalentemente formata dai resti lignificati dei fasci fibrovascolari che si dirigono verso la foglia.

L’anello che separa la corteccia dal midollo si chiama periciclo. È una membrana sottile, di pochi millimetri di spessore.

Fasci fibrosi più lignificati verso la parte esterna conferiscono allo stipite la consistenza e la forza necessaria per contenere il midollo e resistere alle aggressioni degli agenti atmosferici. In questa parte si trovano anche strati di cellule che conservano un certo carattere meristematico e che, occasionalmente, in alcune specie possono sviluppare radici (Phoenix dactylifera L.). Nella sezione longitudinale del fusto delle palme, a livello del midollo, i fasci conduttori sono intrecciati intimamente e in modo spiralato e uniti gli uni agli altri. Si costruisce così una rete estremamente efficiente che permette in tutto lo stipite una conduzione longitudinale e trasversale dei fluidi interni (linfa grezza ed elaborata). Questo spiega perché quando uno stipite subisce un forte restringimento d’origine fisica o patologica, la palma può continuare a mostrare un fogliame vigoroso e brillante.

Gli stipiti delle palme non cicatrizzano le ferite, poiché non possiedono cambio secondario e non generano tessuti di reazione. Bisogna sempre evitare di danneggiare il fusto ed è quindi sconveniente l’uso dei ramponi per la risalita durante la potatura. La falsa crescita in spessore che presentano alcune specie di palme, specialmente alla base, è dovuta alla capacità di produrre un rigonfiamento cellulare ed il conseguente ispessimento dei tessuti parenchimatici, con incremento del volume generale. I restringimenti che si possono osservare in alcuni tronchi di palma sono generalmente dovuti a stress nutrizionali e fisiologici o a drastici tagli di foglie, patologie o cattive condizioni ambientali. In alcuni casi possono indicare un punto di fragilità, che deve essere valutato a livello biomeccanico e tenuto sotto osservazione.

Fusto di Larix decidua a confronto con quello di una Washingtonia robusta. Si nota la mancanza nelle palme degli anelli d’accrescimento e di una vera corteccia, qui formata dai resti lignificati dei fasci che alimentavano le foglie. La linfa non scorre più nell’alburno annuale ma nel midollo che assume in sezione un aspetto puntiforme © G. Mazza

Phoenix canariensis, vasi fusto

Particolare ingrandito di una sezione a livello radicale di Phoenix canariensis. Si vede chiaramente la distribuzione dei fasci fibrovascolari dispersi nel midollo centrale che si addensano sempre più nella zona periferica dove lignificano solidificando il fusto. In basso si notano le radici sezionate. La loro struttura, in piccolo, è la stessa dello stipite, con minuscoli fasci fibrovascolari. Le linee scure, perpendicolari al contorno, sono i canali orizzontali che partono dalle radici e alimentano il sistema vascolare della pianta © Giuseppe Mazza

Foglie

Le foglie della palma formano una corona nella parte superiore dello stipite. La loro funzione fondamentale è quella di svolgere la fotosintesi, partendo dalla linfa grezza proveniente dalle radici, captando la CO2 dell’atmosfera attraverso gli stomi e sfruttando l’energia solare. Accumulano anche elementi nutritivi di riserva e contribuiscono al controllo ormonale della pianta.

Le foglie emergono dal meristema apicale dello stipite, in posizione verticale, seguendo elicoidale. L’importanza delle foglie nella classificazione delle palme è fondamentale.

Le foglie delle palme non sono poi molto diverse da quelle delle altre piante. Il picciolo che unisce la foglia allo stipite solitamente è munito di robuste spine, ma può mancare o assumere un grande sviluppo. Il picciolo si inserisce sul fusto con una guaina: questa può avvolgere lo stipite completamente o solo parzialmente anche se, nella maggior parte dei casi, è allargata. Attraverso la guaina passano i fasci vascolari che mettono in relazione i fluidi tra la foglia e stipite.

Burretiokentia hapala. Le palme hanno due modelli fogliari. Le foglie possono essere palmate, a forma di ventaglio, o pennate come questa © Giuseppe Mazza

Due sono i modelli fogliari di base dai quali si fanno derivare quelli restanti. Si distinguono le foglie palmate, o a forma di ventaglio, e quelle pennate. Le foglie palmate sono formate da un picciolo e da un lembo che può essere intero, come in Licuala grandis H. Wendl., o diviso in segmenti, come in Chamaerops humilis L. o Washingtonia filifera H. Wendl.

Se le foglie hanno la forma di ventaglio, ma hanno un raggio centrale indurito, ricevono il nome di costapalmate, è il caso del Sabal palmetto Lodd., e di altre specie. Le foglie pennate, a forma di pettine o penna, sono formate da un picciolo col quale la foglia si unisce allo stipite e che si allunga fino all’estremità della foglia, costituendo la rachide. Questa prende la forma di un ramo al quale si uniscono i segmenti fogliari o “penne”, che determinano l’aspetto caratteristico di penna o pettine, come nella Jubaea chilensis Baill., Phoenix dactylifera L., Phoenix canariensis Hort., ecc.

Un’altra possibilità è che siano doppiamente divise: prendono allora il nome di foglie bipennate, come ad esempio, nel caso di Caryota urens L. In altre palme le foglie non sono divise, ma intere.

Le foglie della Guihaia argyrata sono palmate, a ventaglio. Si nota una differenza cromatica sui due lati fogliari, in questo caso bronzea ma in altre specie azzurrastra © Pietro Puccio

Le foglie nuove nascono dal centro della corona fogliare, con le sembianze di una lancia, in posizione verticale. Con l’aumentare dell’età si dispongono alla base della corona fogliare, essendo spinte dalle foglie nuove che chiedono spazio. In questo modo, partendo dalla parte centrale della corona, incontriamo successivamente foglie giovani, adulte, mature e in ultimo le foglie vecchie, secche, ormai morte e situate nella parte più bassa della chioma. La Phoenix dactylifera L. può produrre da 8 a 30 foglie all’anno. Queste ultime hanno una vita media tra i 5 e i 7 anni. Il numero totale di foglie verdi di una palma da datteri può oscillare tra le 70 e le 200.

Si osserva che molte specie di palme adulte contano solamente tra le 10 e le 30 foglie. La dimensione delle foglie è un indicatore per esprimere un giudizio sullo stato fisiologico delle palme. In generale le foglie prodotte dalle giovani piante tendono ad essere di taglia inferiore. La chioma delle palme è strutturata in modo da offrire la minore resistenza possibile al vento. La foglia gode di una grande mobilità ed è provvista di un picciolo sviluppato e robusto, che le permette di assorbire e ridurre individualmente la pressione del vento. Questo, insieme all’inserzione a spirale e alla posizione avvolgente dei piccioli che costituiscono la chioma, contribuisce alla caratteristica resistenza delle palme ai venti forti. Tale struttura riduce notevolmente lo sforzo esercitato sullo stipite.

Chioma con frutti di Phoenix canariensis. Le nuove foglie delle palme nascono verticali al centro della corona e si ripiegano nel tempo sui lati sorrette da solidi piccioli. Disposti a spirale, assorbono e riducono individualmente la pressione del vento contribuendo alla caratteristica resistenza delle palme agli uragani © Giuseppe Mazza

Un aspetto che solitamente richiama l’attenzione e che si rivela utile per la determinazione delle specie, è il colore delle foglie. Sebbene la tonalità più frequente sia di un verde brillante e lucido, si presentano anche diverse sfumature. In ambito paesaggistico è molto apprezzato il colore azzurro, essendo quello che si distingue di più, come quello della Brahea armata S.Watson, o palma azzurra. Bisogna dire che queste colorazioni sono conseguenza degli adattamenti all’altitudine, alla luminosità, al tipo di terreno, all’aridità o all’ecotipo. In generale questi riflessi sono dovuti alla presenza di coperture cerose, squame protettive o come risposta alle condizioni ambientali.

Un fattore di cruciale importanza, relativamente alla conservazione, all’aspetto fitosanitario e alla potatura delle palme, è che il numero delle foglie sia stabile, anche se ogni specie vanta un numero diverso. Anche ogni singolo individuo può avere un diverso numero di foglie, naturalmente sempre all’interno di determinati limiti. Questa osservazione porta a fare alcune considerazioni. Il processo di fotosintesi, con tutte le foglie verdi in attività subisce poche variazioni, possiamo dire che tenda alla stabilità, disponendo la palma sempre dello stesso numero di foglie. In questa maniera la crescita sarà sempre massima, vigorosa e sana.

Le spettacolari profumate infiorescenze della Brahea armata raggiungono i 6 m di lunghezza © Giuseppe Mazza

Se per un qualsiasi motivo, ad esempio attuando una potatura, sopprimiamo foglie verdi, diminuiamo la capacità fotosintetica globale della palma e, di conseguenza, la sottoponiamo ad un processo di indebolimento e stress.

Fiori e infiorescenze

L’infiorescenza delle palme è uno spadice, semplice o ramificato a pannocchia, con un rachide più o meno carnoso, nel quale si inseriscono i fiori, protetti da una guaina o spata lignificata, chiusa, che avvolge tutta l’infiorescenza. Quando questa si apre espone l’insieme dei fiori all’esterno. Le guaine possono staccarsi naturalmente e, solitamente hanno un visibile effetto ornamentale.

Le infiorescenze di alcune palme possono giungere a misurare più di 6 m di lunghezza e conferire grande valore ornamentale all’esemplare, come nel caso di Brahea armata S.Watson. I fiori costituiscono il mezzo principale di classificazione delle palme, in quanto presentano numerosi elementi distintivi: possono essere bisessuati, ermafroditi, o unisessuati e, normalmente, sono disposti in verticilli ed in numero molto elevato lungo il rachide.

I fiori delle palme solitamente sono piccoli e molto numerosi. Gli esemplari di varie specie di Corypha L., arrivano a possedere ognuno milioni di fiori. In genere di colore verde o bianco-crema, in alcuni casi sono spettacolari, come i fiori color lillà di alcune Archontophoenix o quelli giallo oro della Butia capitata Becc.

I fiori femminili, delicatissimi, solitamente hanno la proprietà di poter essere fecondati solo nell’arco di pochi giorni; vengono impollinati dal vento o dagli insetti, in particolare da api, ditteri e curculionidi; possono emanare deliziose fragranze come nel caso della Brahea armata S.Watson e della Arenga engleri Becc.

Nelle palme possono essere presenti piante maschili e piante femminili (dioiche), come nella Phoenix dactylifera L. e nella Phoenix canariensis Hort., o con entrambi i sessi sullo stesso stipite (monoiche), come per Syagrus romanzoffiana (Cham.) Glassm., Washingtonia filifera H. Wendl. e Washingtonia robusta H. Wendl.

Le palme fioriscono quando sono giunte a maturità, e questa viene conseguita in un numero di anni variabile a seconda delle specie: dai tre anni della Chamaedorea elegans Martius, fino agli 80 anni della Corypha umbraculifera L. In questo caso coincide con la morte della pianta. La palma da datteri (Phoenix dactylifera L.) fiorisce annualmente, in primavera, generalmente a partire dai 7 anni d’età. A causa della presenza di diverse specie di palme vicine tra di loro si ottengono numerosi ibridi tra specie e generi che, difficilmente, si sarebbero generati in ambiente naturale. È il caso tipico della grande quantità di ibridi del genere Phoenix.

Trithrinax campestris. Sono poche le palme impollinate dal vento. Nella maggior parte dei casi attirano gli insetti con odori fragranti o sgradevoli secondo i gusti dei pronubi © Giuseppe Mazza

Impollinazione

Sono poche le palme impollinate attraverso il vento. Tra queste annotiamo Thrinax parviflora Sw., alcune specie di Coccothrinax e il genere Phoenix. Allo stesso tempo palme con polline molto leggero possono essere impollinate da insetti, ma anche dal vento (Chamaedorea oblongata Mart., Chamaedorea seifrizii Burret).

Originale è la possibilità che presentano alcune palme entomofile di essere impollinate, per una percentuale di fiori, dal vento (Cocos nucifera L.).

Solitamente i fiori dispensano odori per attrarre insetti e favorire l’impollinazione. Questi odori possono essere fragranti o sgradevoli e talvolta ripugnanti, in funzione dei pronubi. I ditteri solitamente sono attratti da odori che richiamano la putrefazione, mentre api e vespidi gradiscono fragranze dolci.

Spate di Deckenia nobilis. I fiori delle palme sono protetti da una guaina lignificata, chiusa, che avvolge tutta l’infiorescenza © Giuseppe Mazza

Tra i fiori di palma, in alcune specie la fragranza si limita ai fiori maschili Leopoldinia piassaba Wallace, mentre in altre sono aromatizzati entrambi i sessi (Cocos nucifera L.). Chamaedorea fragrans Mart. e Hyophorbe verschaffeltii H.Wendl. hanno fiori intensamente profumati. Particolare il profumo dolciastro dei fiori maschili di Phoenix dactylifera L. Altre palme come Chamaedorea elatior Mart., Chamaedorea seifrizii Burret e Bactris gasipaes Humb. emanano odori floreali decisamente sgradevoli, mentre quelli di Corypha sono repellenti. In alcuni casi gli odori emessi richiamano sostanze chimiche come acetato di etile (Pinanga coronata Blume).

Frutti e semi

I frutti e i semi svolgono la funzione di disseminazione e riproduzione delle palme. Le infiorescenze, dopo la fecondazione dei fiori, si trasformano in infruttescenze, generalmente ascellari e spesso hanno un pregevole valore ornamentale.

Adonidia merrillii. I frutti delle palme, spesso più vistosi dei fiori, sono bacche o drupe © Giuseppe Mazza

I frutti delle palme solitamente sono bacche o drupe, generalmente carnose, e racchiudono i semi. In alcuni casi i frutti sono più decorativi e vistosi dei fiori.

Esiste una gran varietà di forme, misure e colori, dal luminoso azzurro di Trachycarpus fortunei H. Wendl., al bluastro della Livistona chinensis R.Br., fino al nero brillante della Brahea edulis H. Wendl.

Molti dei frutti delle palme sono commestibili. Il frutto, comunemente chiamato dattero ed è formato generalmente da una parte carnosa e dal seme.

La parte carnosa contiene una grande quantità di zuccheri, fibre, proteine, minerali e pochissimi grassi. Le sue proprietà caloriche e nutritive possono essere simili a quelle del miele (Phoenix dactylifera L.).

Generalmente sono avvolti da una protezione coriacea con all’interno l’albume, che immagazzina una grande quantità di sostanze nutritive di riserva, necessarie per la germinazione e l’alimentazione della piantina che si svilupperà dall’embrione.

In genere i semi non conservano a lungo il loro potere germinativo, perciò è consigliato di seminarli il più rapidamente possibile.

La semina è il sistema più diffuso per la riproduzione delle palme, ma in alcuni casi essa può avvenire per separazione di ricacci basali. In alcune coltivazioni industriali si ricorre anche alla moltiplicazione “in vitro” di determinate varietà.

Per realizzare una buona semina è tecnica corrente eliminare la polpa che avvolge il chicco coriaceo che contiene il seme.

Il letto di semina dovrà essere composto in parti uguali da sabbia di fiume e sostanza organica (esente da torbe), ben decomposta. Bisogna garantire una temperatura stabile tra i 20 °C e i 35 °C, a seconda delle specie e un’umidità costante, con un’esposizione a mezz’ombra.

Dispersione dei semi

Le palme impegnano una grande quantità di energia per produrre semi e assolvere alla funzione della riproduzione e dispersione delle specie. La disseminazione viene favorita attraverso la gravità, correnti acquatiche e animali. In alcuni casi non sono rare le relazioni mutualistiche tra palme e animali.

La Phoenix dactylifera ha datteri con proprietà caloriche e nutritive simili a quelle del miele © Giuseppe Mazza

Difesa delle palme

Le palme, nel corso della loro evoluzione, hanno conservato una serie di difese chimiche e meccaniche per contrastare l’aggressione di erbivori, fitofagi e patogeni.

Le sostanze chimiche destinate alla difesa sono “secondarie”, in quanto non direttamente coinvolte in compiti primari di crescita, fotosintesi o riproduzione e includono azoto, fenoli, terpenoidi e composti vari.

I tessuti delle palme includono anche altri composti con funzione difensiva, come lignina, rafidi e corpi silicei.

Si tratta di composti naturali che rendono difficile la masticazione e la digestione.

La polpa di alcuni frutti contiene piccoli cristalli (rafidi) di ossalato di calcio che sono molto urticanti quando ingeriti.

È il caso per esempio dei generi Arenga, Caryota, Chamaedorea, Gaussia, Pseudophoenix e Wallichia.

Architettura delle palme

Modelli di crescita

Le palme, come gli altri organismi viventi, rispettano modelli architettonici di crescita prestabiliti, basati sulle proprie leggi genetiche e sulle interazioni con l’ambiente nel quale esse si sviluppano.

La determinazione dei modelli di crescita si fonda su un insieme di variabili botaniche: dominanza apicale, posizione dell’infiorescenza, tipo e direzione di crescita, ecc.

Dalla combinazione di queste variabili derivano i modelli architettonici o forme della crescita. Si tratta di un’importante metodo per analizzare le piante poiché permette, tra l’altro, di prevedere la dinamica evolutiva di ciascun soggetto.

Esistono almeno quattro modelli architettonici applicabili alle palme. Sono i modelli di Holttum, Corner, Tomlinson e Schoute. Esistono anche altri modelli intermedi o varianti di essi:

Palme monocauli

La Corypha lecomtei è una palma monocaule che segue il così detto “modello di crescita di Holttum”. Vi è una prima fase vegetativa, nella quale la pianta cresce in altezza per anni formando il fusto, ed una seconda fase, riproduttiva, dove la palma sviluppa, sacrificando le foglie, una spettacolare infiorescenza e poi muore © Giuseppe Mazza

Modello di Holttum

Palme con stipite singolo. In questo modello di crescita si distinguono almeno due fasi: una prima, vegetativa, nella quale la pianta cresce in altezza formando lo stipite, e una seconda, riproduttiva, nella quale la palma sviluppa un’infiorescenza apicale o laterale. Dopo la fruttificazione la palma muore. Esempi: Corypha umbraculifera L., Corypha elata Roxburgh, Raphia regalis Beccari e Caryota urens L.

Modello di Corner

Anche questo modello riguarda le palme monocauli, con un unico stipite, non ramifi cato. Quando giunge il momento della riproduzione le infiorescenze possono comparire lateralmente o alla sommità.

Anche la Butia odorata è una palma monocaule ma segue, come nella maggior parte dei casi, il “modello di crescita di Corner”. Diventata adulta fiorisce ma non muore © Giuseppe Mazza

La pianta, però, non muore dopo la fioritura. È il modello architettonico più comune tra le palme a stipite unico: riguarda tra le altre, Trachycarpus fortunei H. Wendl., Phoenix canariensis Hort., Sabal palmetto Lodd., Syagrus romanzoffiana (Cham.) Glassm., Cocos nucifera L., Washingtonia robusta H. Wendl., Washingtonia filifera H. Wendl. e Jubaea chilensis Baill.

Palme multicauli – Modello di Tomlinson

Palme con molti stipiti che crescono dalla base della pianta. All’interno del gruppo sono distinte diverse modalità di accrescimento. Nella maggior parte delle specie i nuovi stipiti crescono nell’area perimetrale del gruppo mentre gli stipiti più vecchi si trovano verso la zona centrale. Con il tempo la crescita di questi ultimi si riduce e appare meno evidente rispetto a quelli più giovani. Appartengono a questo gruppo, Dypsis lutescens (H.Wendl.) Beentje & J.Dransf., Chamaedorea microspadix Burret, Chamaedorea costaricana Oerst., Phoenix reclinata Jacq. e Rhapis excelsa H.Henry. Tra le multicauli alcune specie hanno una forma di accrescimento che le contaddistingue: alcuni stipiti crescono rapidamente e dominano il gruppo, mentre gli altri hanno una crescita più lenta e formano una fitta vegetazione fogliare alla base Phoenix dactylifera L. e Chamaerops humilis L.

L’Hyphaene thebaica è una monumentale palma ramificata della savana africana che segue il “modello di crescita di Schoute” © Giuseppe Mazza

Palme ramificate – Modello di Schoute

La ramificazione naturale tra le palme è rara, e si limita a pochi generi. Il fenomeno può essere originato da un fenomeno di dicotomia (biforcazione apice di accrescimento) o per ramificazione laterale. Nel caso della dicotomia la biforcazione si origina dallo stesso meristema di accrescimento che si divide in due parti e genera due nuovi assi di crescita. Tra queste palme troviamo Hyphaene thebaica Mart. e Nannorrhops ritchieana Aitch., mentre in Nypa fruticans Wurmb, la dicotomia è sotterranea.

Caratteristica è la Chamaedorea cataractarum Mart., la cui crescita in più stipiti deriva da una divisone in profondità del meristema del tallo, che determina nel tempo la separazione in individui distinti. La ramificazione laterale contraddistingue prevalentemente specie con tronco sotterraneo, come Allagoptera arenaria Kuntze, e Serenoa repens Small. Esistono casi di ramificazione dovuti a danni al meristema, con la crescita di nuovi assi laterali, anche se normalmente uno resta dominante.

Col suo fusto sotterraneo orizzontale che cresce sulle dune accanto al mare, l’Allagoptera arenaria è una palma acaule © Giuseppe Mazza

Palme acauli

Sono palme ad accrescimento lento e con lo stipite molto ridotto. Solitamente sono palme che hanno dovuto adattarsi a condizioni di vita particolari o estreme, come siccità o incendi. Tipiche sono Allagoptera campestris Kuntze, Butia paraguayensis L.H.Bailey e Syagrus campylospatha Becc. che fanno parte della savana tropicale del Cerrado in Basile.

Solitamente le palme acauli rappresentano il livello inferiore della foresta tropicale. Alcune palme possono avere uno stipite in parte sotterraneo come emergente: Sabal minor Pers. e Serenoa repens Small.

La famiglia conta attualmente (2015) i seguenti generi:

Seme in germinazione di Lodoicea maldivica nella Vallée de Mai alle Seychelles © Giuseppe Mazza

Acanthophoenix, Acoelorrhaphe, Acrocomia, Actinokentia, Actinorhytis, Adonidia, Aiphanes, Allagoptera, Ammandra, Aphandra, Archontophoenix, Areca, Arenga, Asterogyne, Astrocaryum, Attalea, Bactris, Balaka, Barcella, Barkerwebbia, Basselinia, Beccariophoenix, Bentinckia, Bismarckia, Borassodendron, Borassus, Brahea, Brassiophoenix, Burretiokentia, Butia, × Butyagrus, Calamus, Calyptrocalyx, Calyptrogyne, Calyptronoma, Carpentaria, Carpoxylon, Caryota, Ceratolobus, Ceroxylon, Chamaedorea, Chamaerops, Chambeyronia, Chelyocarpus, Chuniophoenix, Clinosperma, Clinostigma, Coccothrinax, Cocos, Colpothrinax, Copernicia, Corypha, Cryosophila, Cyphokentia, Cyphophoenix, Cyphosperma, Cyrtostachys, Daemonorops, Deckenia, Desmoncus, Dictyocaryum, Dictyosperma, Dransfieldia, Drymophloeus, Dypsis, Elaeis, Eleiodoxa, Eremospatha, Eugeissona, Euterpe, Gaussia, Geonoma, Guihaia, Hedyscepe, Hemithrinax, Heterospathe, Howea, Hydriastele, Hyophorbe, Hyospathe, Hyphaene, Iguanura, Iriartea, Iriartella, Itaya, Johannesteijsmannia, Juania, Jubaea, Jubaeopsis, Kentiopsis, Kerriodoxa, Korthalsia, Laccospadix, Laccosperma, Latania, Lemurophoenix, Leopoldinia, Lepidocaryum, Lepidorrhachis, Leucothrinax, Licuala, Linospadix, Livistona, Lodoicea, Loxococcus, Lytocaryum, Manicaria, Marojejya, Masoala, Mauritia, Mauritiella, Maxburretia, Medemia, Metroxylon, Myrialepis, Nannorrhops, Nenga, Neonicholsonia, Neoveitchia, Nephrosperma, Normanbya, Nypa, Oenocarpus, Oncocalamus, Oncosperma, Orania, Oraniopsis, Parajubaea, Pelagodoxa, Phoenicophorium, Phoenix, Pholidocarpus, Pholidostachys, Physokentia, Phytelephas, Pigafetta, Pinanga, Plectocomia, Plectocomiopsis, Podococcus, Pogonotium, Ponapea, Prestoea, Pritchardia, Pseudophoenix, Ptychococcus, Ptychosperma, Raphia, Ravenea, Reinhardtia, Retispatha, Rhapidophyllum, Rhapis, Rhopaloblaste, Rhopalostylis, Roscheria, Roystonea, Sabal, Salacca, Saribus, Satakentia, Satranala, Schippia, Sclerosperma, Serenoa, Socratea, Solfia, Sommieria, Syagrus, Synechanthus, Tahina, Tectiphiala, Thrinax, Trachycarpus, Trithrinax, Veitchia, Verschaffeltia, Voanioala, Wallichia, Washingtonia, Welfia, Wendlandiella, Wettinia, Wodyetia, Zombia.

 

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