Cumia reticulata

Famiglia : Colubrariidae


Testo © Prof. Marco Oliverio

 

La famiglia Colubrariidae deve il nome al pattern cromatico più diffuso tra le sue specie, a “tache” marroni su sfondo giallastro o bruno-chiaro, che ricorda quello di vari serpenti. Al pari di tali rettili, si tratta di specie velenose, nel senso che producono un cocktail di tossine che utilizzano per la loro alimentazione: sono anche note come ‘lumache vampiro’ poiché per molte di esse è stata documentata l’alimentazione ematofaga a spese di pesci. Sono, assieme ad alcune specie della famiglia Conidae, gli unici gasteropodi in grado di predare dei vertebrati.

Zoogeografia

La famiglia comprende attualmente una cinquantina di specie classificate in una decina di generi, ma la sistematica di questo interessantissimo gruppo di neogasteropodi è ancora poco chiara e potrebbe subire modifiche anche profonde con gli studi in corso basati sull’analisi del loro DNA.

I colubrariidi sono distribuiti in tutto il globo, in aree temperate e tropicali, da pochissimi metri fino a 200-300 metri di profondità, ma con una maggiore diversità in acque superficiali (fino a circa 50 metri). Cumia reticulata (Blainville, 1829) è la sola specie riconosciuta al momento in Mediterraneo, già nota in passato come Colubraria reticulata, distribuita nei settori meridionali del Mediterraneo: la rimarchevole variabilità morfologica nella conchiglia larvale ha più volte suggerito l’esistenza di più entità specifiche, ma questa ipotesi necessita la verifica con dati genetici.

Cumia reticulata mentre succhia il sangue a un pesce.

Cumia reticulata, in acquario, mentre succhia sangue con la proboscide inserita sotto le pinne pettorali di un piccolo gobiide. Esemplare di Porto Cesareo, in Puglia (Italia) © Marco Oliverio

Il nome del genere Cumia nasce probabilmente dall’omonima frazione di Messina, che a sua volta deriva dall’arabo “Qumiyah” (villaggio), mentre il termine specifico reticulata fa riferimento alla scultura assiale e spirale della conchiglia che le dona il tipico aspetto reticolato

Morfofisiologia

I colubrariidi dei quali è stata studiata l’anatomia presentano una serie di adattamenti morfologici ad una alimentazione basata su fluidi, ed in particolare ematofaga, tra cui una lunga proboscide, una massa buccale apicale con una radula ridottissima, uno stomaco semplice e riempibile con grandi quantità di sangue.

Ma le caratteristiche più interessanti, studiate proprio nella specie mediterranea Cumia reticulata, riguardano i cocktail veleniferi prodotti dalle ghiandole salivari e dal tessuto ghiandolare dell’esofago medio. In questi due organi i secreti contengono decine di molecole distinte con proprietà anestetiche e anticoagulanti, e molte altre prodotte per scopi non ancora identificati.

Cumia reticulata con conchiglia.

Qui, accanto ad una conchiglia di 19 mm, un esemplare prelevato a Torre Colimena, in Puglia. Come i vampiri, Cumia reticulata esce a caccia di notte in cerca di pesciolini addormentati, per iniettare loro un cocktail velenoso, anestetico ed anticoagulante, e succhiarne il sangue. Raro caso di un gasteropode in grado di predare i vertebrati © Marco Oliverio

Etologia-Biologia Riproduttiva

Le poche osservazioni effettuate su varie specie di Colubraria e di Cumia, indicano che almeno le specie di acque superficiali, passano le ore diurne sotto sassi, in fessure e cavità delle scogliere, mentre di notte escono, come i vampiri delle leggende, per nutrirsi dei pesci che trovano ricovero nei pressi delle loro tane.

Le specie di Colubrariidae di cui è nota l’anatomia, hanno sessi separati e si riproducono con fecondazione interna. Possono avere uno sviluppo con larva planctotrofica (che si può cioè nutrire di plancton, ed ha di solito una fase planctonica più lunga) oppure lecitotrofica (che si nutre invece solo a spese delle riserve vitelline, ed ha quindi una vita larvale planctonica più breve o addirittura inesistente), a seconda delle specie (lecitotrofica in Cumia reticulata).

Sinonimi

Cumia decussata Bivona e Bernardi, 1838; Murex (Fusus) intertextus Helbling, 1779.

 

→ Per apprezzare la biodiversità dei MOLLUSCHI cliccare qui.