Cynara cardunculus

Famiglia : Asteraceae


Testo © Pietro Puccio

 

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Per lo sbiancamento le foglie vengono legate e messe al buio © Giuseppe Mazza

La specie è originaria dell’Africa (Algeria, Isole Canarie, Libia, Marocco e Tunisia) e dell’Europa meridionale (Francia, Italia, Portogallo e Spagna) dove cresce prevalentemente nelle zone costiere su suoli semiaridi generalmente argillosi.

Il nome generico, fatto proprio da Linneo, deriva secondo alcuni dal greco, “kynara”, nome attribuito a diverse piante spinose; il nome specifico è il diminutivo del termine latino “carduus” = cardo.

Nomi comuni: “artichoke thistle”, “cardoon” (inglese); “cardon”, “cardon d’Espagne” (francese); “cardo”, “cardone”, “carduni” (italiano); “cardo”, “cardo de coalho”, “cardo hortense” (portoghese); “cardo”, “cardo comestible”, “cardo de comer” (spagnolo); “gemüseartischoke”, “karde”, “kardone”, “spanische artichocke” (tedesco).

Il Cynara cardunculus L. (1753) è una specie erbacea perenne con un apparato radicale composto da una radice a fittone, spessa e carnosa, che può spingersi fino a 2 m di profondità, e radici laterali tuberizzate; il fusto è corto e solo al momento della fioritura produce un asse floreale cilindrico, alto fino a circa 1,8 m, glabro o tomentoso, leggermente scanalato in senso longitudinale e ramificato verso l’apice.

Le foglie basali sono lunghe 30-200 cm, pinnatifide, con lobi da lanceolati a oblunghi e margini interi o dentati, inermi o spinosi, con spine solitamente presenti in maggior numero alla base dei lobi e all’apice; la lamina è di colore grigio verde più o meno ricoperta da un tomento bianco, in particolare nella pagina inferiore, e con la nervatura centrale prominente, larga, spessa e carnosa. Le foglie superiori rimpiccioliscono progres- sivamente diventando pressoché lanceolate.

Le infiorescenze, all’apice delle ramificazioni, sono i tipici capolini delle Asteraceae costituiti da una moltitudine di fiori sessili inseriti a spirale su una base tondeggiante, il ricettacolo, circondata da un involucro costituito da brattee imbricate. L’involucro, semisferico o ovoide, è alto 3-6 cm e largo 4-7 cm ed è costituito da 5-8 serie di brattee imbricate, lanceolate o ovate, di colore verde scuro a volte soffuso di porpora, con apice acuminato culminante generalmente con una sottile spina lunga 9 mm. Il ricettacolo, concavo, è provvisto inizialmente di fitti peli setacei, lunghi 2-4 cm, che sono i primordi fiorali dei 600-1200 fiori bisessuali, sottili, tubulosi con corolla blu o porpora, lunghi 3-5 cm, di cui sono visibili, soprattutto, i lunghi stili blu.

La fioritura procede dalla periferia al centro; nei fiori gli organi maschili, le antere, maturano prima di quelli femminili, gli stimmi, con il polline che rimane attivo per 3-4 giorni, mentre gli stimmi sono ricettivi a partire dal quarto, quinto giorno fino all’ottavo dalla apertura del fiore, questo comportamento (protandria), che è una delle caratteristiche, anche se non esclusiva, di quasi tutte le Asteraceae, rende i singoli fiori auto incompatibili, e quindi necessaria la fecondazione incrociata, anche se un’autoimpollinazione a livello dello stesso capolino è possibile grazie alla fioritura scalare.

I frutti, contenenti un solo seme e chiamati acheni (o più correttamente cipsele) nelle Asteraceae, sono lunghi 4-8 mm, a sezione pressoché quadrangolare, di colore bruno grigiastro. Il pappo, che sormonta il frutto, è costituito da una corona di setole color bianco o bronzo, lunghe 2-4 cm, fuse alla base a formare un anello, che non sono altro che i peli setacei presenti nel ricettacolo prima dello sviluppo dei fiori; il pappo ha la funzione di favorire la dispersione dei frutti. Si può riprodurre per seme, che si auto dissemina facilmente tanto da essersi naturalizzata in alcune zone climaticamente favorevoli dove è stata introdotta, o per divisione.

In natura cresce su suoli aridi e semi-aridi, anche salini, profondi e drenanti, prevalentemente argilloso-calcarei. Il ciclo vitale segue l’avvicendamento stagionale del clima mediterraneo, con un periodo di riposo estivo, inizio della vegetazione con le prime piogge autunnali, crescita in autunno-inverno e fioritura e fruttificazione in primavera.

Un campo di cardone. Foglie decorative, anche per il giardino, e un preludio ad ottimi gratin © Giuseppe Mazza

Un campo di cardone. Foglie decorative, anche per il giardino, e un preludio ad ottimi gratin © Giuseppe Mazza

La specie è nota e coltivata da tempi remoti nel Mediterraneo centro-meridionale sia come ortaggio che per le sue proprietà digestive e disintossicanti dovute ai principi attivi contenuti nelle foglie, come l’inulina, i flavonoidi derivati dalla luteolina e la cinarina, che in realtà è presente solo in piccole quantità nelle foglie, ma che si forma durante il processo di estrazione.

Le varietà coltivate per uso alimentare sono il risultato di un lungo processo di selezione e diversificazione che ha dato origine a numerosi prodotti tipici locali.

La parte edule del cardo sono la base delle foglie interne e l’apice vegetativo prima che si diversifichi nell’asse floreale; per ottenere un prodotto con ottime caratteristiche organolettiche si seguono precise tecniche di coltivazione.

Annualmente si semina in primavera in terreni profondi, leggermente alcalini, ricchi di sostanza organica, si irriga regolarmente in estate e all’inizio dell’autunno si procede all’operazione di “sbiancamento” che ha lo scopo di rendere più tenere e meno amare, oltre che più chiare, le basi delle foglie. Tale operazione consiste nel raccogliere e legare insieme le foglie, ben asciutte per evitare marciumi, e coprirne la base con un cono di terra o, più recentemente, con film plastico nero; una variante è scavare un solco alla base della pianta, piegare delicatamente le foglie nel solco e coprirne la base di terra. Dopo due, tre settimane le piante sradicate, private delle radici e della parte superiore delle foglie rimaste verdi, sono pronte per essere immesse nel mercato. I cardi possono essere consumati crudi, bolliti o fritti in pastella (impasto a base di farina e acqua con cui rivestire i cardi prima della frittura, metodo ampiamente utilizzato nella cucina siciliana anche per i carciofi).

Un impiego antico dei fiori essiccati è quello nella produzione di formaggi, i fiori contengono infatti un enzima coagulante, il primo a essere usato a tale scopo, soppiantato poi dal caglio animale tranne che in alcuni formaggi tipici di Italia, Portogallo e Spagna. Recentemente c’è stato un certo ritorno di interesse per il caglio vegetale che dà a i formaggi un aroma e un sapore più delicato rispetto a quello animale.

Infine non bisogna dimenticare che la specie, e ancor più le varietà selezionate a tale scopo, hanno un notevole valore ornamentale per il grigio-verde luminoso delle grandi foglie elegantemente arcuate, che ricordano quelle delle felci. Anche le infiorescenze sono particolarmente decorative e di lunga durata e possono, una volta essiccate, entrare a pieno titolo nelle composizioni di fiori secchi. Per le dimensioni è adatta a giardini spaziosi come sfondo, per bordure o aiuole, dove rappresenta sempre un punto focale; è spesso usata nei giardini inglesi dove ha raggiunto il massimo di popolarità in epoca vittoriana. La sua coltivazione non presenta particolari difficoltà e nelle zone a clima particolarmente rigido (l’intera pianta muore intorno a -10 °C) può essere coltivata come annuale, seminando in ambiente protetto a fine inverno o direttamente a dimora in primavera.

Sinonimi: Cnicus communis Lam. (1779); Cynara sylvestris Lam. (1783); Cynara horrida Aiton (1789); Cynara spinosissima J.Presl & C.Presl (1822); Cynara corsica Viv. (1824); Cynara ferox Ten. ex Steud. (1840); Carduus scolymus Baill. (1882); Carduus cardunculus (L.) Baill. (1884); Carduus cynara E.H.L.Krause (1906).

 

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