Dendrobium discolor

Famiglia : Orchidaceae


Testo © Pietro Puccio

 

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Specie epifita e litofita molto variabile, per le dimensioni ed il colore dei fiori, il Dendrobium discolor vive nel Queensland, Giava, Molucche, Nuova Guinea e Sulawesi © Giuseppe Mazza

La specie è originaria dell’Australia (Queensland), Giava, Molucche, Nuova Guinea e Sulawesi dove cresce sia sugli alberi che su rocce esposte, spesso lungo le coste in prossimità del mare.

Il nome del genere è la combinazione dei sostantivi greci “δένδρον” (dendron) = albero e “βίος” (bios) = vita, con riferimento alle numerose specie del genere che vivono sugli alberi; il nome specifico è l’aggettivo latino “discolor” = variopinto, con ovvio riferimento.

Nomi comuni: brown antler orchid, canary orchid, corkscrew orchid, golden antler orchid, golden orchid, mangrove orchid (inglese).

Il Dendrobium discolor Lindl. (1841) è una specie epifita e litofita molto variabile, per dimensione e colore dei fiori, che forma larghi cespi con pseudobulbi cilindrici, eretti, leggermente assottigliati all’apice e alla base, di 0,3-2 m o più di lunghezza in natura e 1,5-4 cm di diametro, provvisti per 2/3 della loro lunghezza di foglie da oblunghe a ellittiche con apice ottuso, lunghe 5-15 cm e larghe 2-5 cm, alterne, distiche, coriacee.

Infiorescenze racemose dai nodi superiori, lunghe 20-70 cm, erette o arcuate, portanti numerosi fiori di 4-7 cm di diametro con sepali e petali oblungo-lineari ritorti e con margine ondulato, di colore variabile, giallo verdastro, giallo oro, bruno giallastro o bronzo. Sepali e petali di 2,5-3,5 cm di lunghezza e circa 0,7 cm di larghezza, i sepali laterali, fusi insieme alla base della colonna, formano una sorta di sperone (mentum) lungo circa 1 cm; labello trilobato, lungo 1,5-2,5 cm e largo 1-1,5 cm, percorso fino alla parte mediana da 5 lamelle ondulate biancastre, con lobi laterali tondeggianti e lobo mediano triangolare e ricurvo.
Si riproduce per seme, in vitro, e divisione, da effettuare alla ripresa vegetativa, con ciascuna sezione provvista di almeno 3-4 pseudobulbi.

Specie dalla copiosa fioritura che può raggiungere grandi dimensioni, con fiori particolarmente attraenti e di lunga durata, 6-8 settimane. Richiede elevata luminosità per fiorire, anche pieno sole, temperature medio-alte in estate, mediamente più fresche in inverno, con valori minimi notturni non inferiori a 15 °C, elevata umidità, 70-80%, e costante ventilazione.

Le infiorescenze, lunghe anche 70 cm, durano 6-8 settimane con fiori insoliti di raffinata bellezza © G. Mazza

Le infiorescenze, lunghe anche 70 cm, durano 6-8 settimane con fiori insoliti di raffinata bellezza © G. Mazza

Le innaffiature devono essere regolari ed abbondanti durante tutto il periodo vegetativo, diradate quando i pseudo- bulbi hanno cessato di crescere, con eventuali nebulizzazioni per non farli raggrinzire. Per le innaffiature e nebulizzazioni utilizzare acqua piovana, da osmosi inversa o demineralizzata; le concimazioni, opportunamente distribu- ite in modo da evitare accumulo di sali, vanno fatte durante il periodo vegetativo preferibilmente con prodotti idrosolubili, con microelementi, a ¼ di dose di quella consigliata sulla confezione. Di preferenza viene coltivata in vaso con composto particolarmente drenante e aerato, per permettere alle radici di asciugarsi velocemente dopo ogni innaffiatura, che può essere costituito da frammenti di corteccia (bark) e carbone di media pezzatura con eventuale aggiunta di inerti per migliorare il drenaggio. Trapianti e rinvasi vanno effettuati quando strettamente necessari alla ripresa vegetativa, segnalata dall’ apparire delle nuove radici.
La specie è iscritta nell’appendice II della CITES (specie per la quale il commercio è regolamentato a livello internazionale).

Sinonimi: Dendrobium undulatum R.Br. (1810); Callista undulata Kuntze (1891); Dendrobium arachnanthe Kraenzl. (1910); Dendrobium elobatum Rupp (1953); Dendrobium undulans Bakh.f. (1963); Durabaculum albertisiana (F.Muell.) M.A.Clem. & D.L.Jones (2002); Durabaculum undulatum M.A.Clem. & D.L.Jones (2002).

 

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