Gerani ad alberello: potati ad arte per formare un fusto

Alti anche più di un metro, hanno il fusto dritto e una chioma traboccante di fiori. Le forme che meglio si prestano appartendono al gruppo degli “ zonali ” e degli “ edera ”. Come crearli e mantenerli in forma.

 

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Testo © Giuseppe Mazza

 

I gerani ad “alberello” non sono varietà speciali da cercare col lanternino, magari all’estero, ma comuni forme orticole o botaniche, coltivate ad arte, in modo da assumere nel tempo l’aspetto di un piccolo albero, col fusto dritto ed una bella chioma traboccante di fiori.

Il metodo è semplice e alla portata di tutti; ma i risultati migliori si ottengono in serra, dove la crescita è praticamente continua, e oscurando le giovani piante d’estate, perché facciano pochi fiori a vantaggio delle foglie, è possibile giungere al traguardo nel giro di un anno.

La partenza è come sempre una talea. La si coccola, ma come cresce, si tolgono con le dovute scuse tutti i germogli laterali, facendo ben attenzione a non rompere le poche foglie residue, costrette a svolgere, lor malgrado, l’intera sintesi clorofilliana.

Per tener dritto il fusto, lo si lega, ogni 3-4 dita, a un tutore, finché raggiunta l’altezza voluta, lo si decapita, per stimolare la formazione di un cespuglio, destinato a crescere, in teoria, come se la pianta partisse dal suolo.

E qui inizia il paziente lavoro di “forbici”.

Per uno sviluppo denso e armonioso, si tengono solo i getti laterali degli ultimi tre nodi, che vanno cimati un paio di volte nel primo anno, e poi potati regolarmente, perché i rami lunghi tendono a spezzarsi, rovinando in breve l’architettura della pianta.

Le varietà che meglio si prestano allo scopo, sono i “gerani zonali” e gli “edera”; e non bisogna dimenticare che più le piante sono vigorose e crescono in fretta, con poche ramificazioni, più facile è la creazione del fusto, ma difficile poi dare una forma compatta e stabile alla chioma.

Industrialmente queste due tendenze vengono conciliate con un “trucco”. Scelte varietà cespugliose, foriere di una bella chioma, si trattano le talee con soluzioni d’acido gibberellico, che aumenta la distanza fra i nodi. Il fusto cresce così veloce, e non occorre nemmeno cimarlo, perché in genere, arrestando la somministrazione, le piante ramificano naturalmente.

Vi è poi anche la strada dell’innesto, da percorrere di preferenza in primavera, quando i gerani crescono a pieno ritmo.

Con una varietà vigorosa, per esempio un “zonale”, si crea come al solito il “fusto”; e dopo aver ben lavato le mani, lo si cima con una lametta affilata, possibilmente sterile, praticando una profonda incisione a “V”.

Su questa “sella”, andrà poi incastrata la “marza”, una talea di 7-8 cm della varietà scelta per la chioma, tagliata con la stessa inclinazione, a cuneo, da un ramo di diametro analogo privo di foglie in basso.

L’incastro e la fasciatura dell’innesto, ben stretta con rafia o spago perché non si formino bolle d’aria nei punti di contatto, debbono avvenire al più presto, prima che i vasi della marza cicatrizzino otturandosi; e se occorre proprio attendere qualche minuto fra un’operazione e l’altra, è bene porre la talea a bagno in un biccher d’acqua.

Poi si mette la pianta all’ombra, coperta all’apice da un sacchetto di plastica trasparente, legato al fusto sotto il punto d’innesto, per evitare pericolose disidratazioni.

Dopo una settimana, si apre il sacchetto in basso per un progressivo contatto con l’ambiente; e va tolto dopo 2-3 giorni, mentre per rimuovere la rafia o lo spago è bene attendere ancora un paio di settimane.

Di solito le cellule delle due piante non si mischiano, ma può nascere anche un “innesto ibrido” con caratteristiche intermedie ai due gerani, e fiori talora sorprendenti.

I “gerani edera” creano spettacolari cascate fiorite su comuni fusti di “zonale”; mentre gli aristocratici “gerani imperiali”, con grandi corolle simili ad azalee o farfalle, sono di gusti più difficili, e preferiscono portainnesti nati da “gerani botanici a foglie profumate”, come il Pelargonium graveolens, o da varietà del gruppo “Unique”, ibridi sbocciati intorno al 1840, da specie come il Pelargonium fulgidum, il Pelargonium cucullatum e il Pelargonium betulinum.

Per la coltivazione è bene comunque tener presente che, mano a mano che crescono, i gerani ad alberello hanno naturalmente bisogno di più acqua.

Il concime ideale è un composto del tipo 12-12-15-2, con dodici parti cioè di azoto e fosforo, quindici parti di potassio, e due parti di microelementi, che contribuiscono a mantener sane le piante, con un fogliame più bello.

Ma se si tratta di un geranio imperiale o di un odoroso, è meglio abbondare col potassio, secondo la formula 12-12-18-2.

Come tutti i gerani anche gli “alberelli” amano il sole, con una leggera ombreggiatura estiva, ma va da se che non si possono tenere in giardino a cielo aperto, perché il peso della pioggia e il vento rischiano, in barba ai tutori, di strapparne la chioma.

E comunque li si coltivi, specie in gioventù, occorre ruotare il vasi di 90° ogni 10 giorni per una buona simmetria dell’insieme.

Quanto dev’essere alto un alberello ?

Secondo i canoni 20-60 cm per i “gerani nani”, e 60-120 cm per le forme normali. Ma la Floricoltura Giorgi, accanto agli “standard”, crea con fantasia anche alberelli bassi, dalla chioma enorme rispetto al fusto, che non hanno ovviamente bisogno di un tutore ed esaltano, in alcune forme botaniche a foglie profumate, come il Pelargonium crispum variegatum, la naturale inclinazione arborea della specie con un look da bonsai.

 

GARDENIA  – 1997

 

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