Leptinotarsa decemlineata

Famiglia : Chrysomelidae

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Testo © Prof. Giorgio Venturini

 

Originaria del Nord America, la Leptinotarsa decemlineata è un vero flagello per le colture di patate © G. Mazza

Originaria del Nord America, la Leptinotarsa decemlineata è un vero flagello per le colture di patate © G. Mazza

La famigerata Dorifora (Doryphora decemlineata, oggi nota come Leptinotarsa decemlineata Say, 1824) è un Coleottero (Coleoptera) appartenente alla famiglia dei Crisomelidi (Chrysomelidae).

Il nome del vecchio genere Doryphora viene dal greco δορυ (dory) = lancia e φερω (fero) = portare, quindi portatrice di lancia, a causa dei palpi mascellari che terminano con un articolo a forma di lancia. Il nome del nuovo genere Leptinotarsa deriva dal greco λεπτυνω (leptyno) = assottigliare, quindi con i tarsi assottigliati

Il nome specifico decemlineata viene dal latino e si riferisce alle dieci strie nere sulle elitre.

Al genere Leptinotarsa, originario dell’ America settentrionale, appartengono circa 30 specie. Molto simile alla Leptinotarsa decemlineata è la Leptinotarsa juncta (Germar), detta la “falsa dorifora” a causa della sua somiglianza. Presente nelle regioni Sud-Orientali degli Stati Uniti e si nutre di varie solanacee selvatiche, ma non della patata. Si distingue dalla vera dorifora per le strie sulle elitre bianche e nere, anziché arancioni e nere.

Zoogeografia

La Leptinotarsa decemlineata è originaria del Nord America, probabilmente delle regioni prossime alle Montagne Rocciose nel Sud-Ovest degli Stati Uniti. Dalla sua area di origine si è poi diffusa, adattandosi alle coltivazioni di patata. Attualmente è presente in tutti gli Stati Uniti (escluse Alaska, California, Nevada e Hawaii), Messico, America Centrale, Canada Meridionale. La specie si è successivamente diffusa in Europa, nel bacino del Mediterraneo e in parte dell’Asia.

Ecologia-Habitat

La pianta ospite preferita è la patata, ma la dorifora può alimentarsi su diverse specie di solanacee come ad esempio la belladonna, la melanzana, la Morella (Solanum nigrum), la dulcamara, il pomodoro, il giusquiamo e il tabacco (oltre che su alcune solanacee selvatiche). Dorifore si possono anche trovate su piante non solanacee, ma questi si considerano reperti casuali. La prolificità e la voracità di questo insetto, sia come adulto che come larva, lo rendono un vero flagello per le coltivazioni di patate che ha creato in molte occasioni danni gravissimi.

Può deporre 300-1000 uova, in gruppi di 20-40, che schiudono in 4-15 giorni © Giuseppe Mazza

Può deporre 300-1000 uova, in gruppi di 20-40, che schiudono in 4-15 giorni © Giuseppe Mazza

Morfologia

L’adulto, di forma ovale e molto convesso, è lungo circa 10-12 mm. Superficie lucida, colore di fondo giallo ocra. Ciascuna elitra è percorsa da cinque linee longitudinali nere. La testa ha una macchia nera triangolare. L’ampio pronoto e le zampe, arancioni, presentano macchie scure irregolari sia come dimensioni che come forma. Zampe con il terzo segmento tarsale dilatato. Le elitre sono finemente punteggiate. La parte inferiore del corpo è in genere marrone-aranciato. Maschi e femmine sono morfologicamente molto simili e difficilmente distinguibili.

La larva, con apparato boccale masticatore, è oligopoda (munita di zampe toraciche), con corpo ben differenziato in capo, torace addome, lungo 10-12 mm, di colore giallo-arancio ma con testa e zampe nere. Il protorace è in parte annerito e l’addome presenta due file di macchie nere rilevate. La larva è rigonfia e l’addome fortemente convesso. La pupa, immobile, ha colore giallastro e macchie meno vistose della larva. L’uovo è a forma di pallone da rubgy: ovoidale lungo circa 1,6 mm. Il corion è liscio e di colore giallo-arancio. Le uova si trovano in gruppi di 20-40, in genere fissate alla faccia inferiore delle foglie.

Il ciclo vitale

Gli adulti trascorrono l’inverno nel terreno, interrati di circa 20-40 cm. Emergono quando la temperatura del terreno supera i 14 °C. In primavera avvengono gli accoppiamenti, cui segue la deposizione delle uova. Una femmina depone tra 300 e 1000 uova nel corso delle sue quattro o cinque settimane di vita. Le uova sono deposte in gruppi di 20-40 sulle foglie della pianta ospite, in genere sulla faccia inferiore per proteggerle dal sole. La femmina produce una secrezione giallastra adesiva che utilizza per fissare le uova alle foglie. Le uova si schiudono in 4-15 giorni, a seconda dell’umidità e della temperatura, e producono delle larve che in 10-20 giorni passano attraverso tre mute al termine delle quali si lasciamo cadere al suolo, dove si interrano a una profondità di 5-15 cm.

Dopo circa due giorni si trasformano in pupe che, entro una o due settimane producono gli adulti della prima generazione dell’anno. Questi si accoppiano e produrranno gli adulti della seconda generazione, che in genere saranno quelli che svernano sotto terra. Se le condizioni ambientali sono favorevoli, come avviene ad esempio in Italia meridionale, anche la seconda generazione potrà riprodursi dando origine ad una terza generazione i cui adulti si interreranno per lo svernamento. In alcuni casi degli adulti possono rimanere interrati per più anni consecutivi. Gli adulti in genere si nutrono sulle foglie per circa dieci giorni prima di accoppiarsi. Le larve si nutrono quasi ininterrottamente prima di impuparsi.

La dorifora, come altre specie del genere Leptinotarsa, produce la leptinotarsina, una neurotossina che stimola la liberazione della acetilcolina a livello delle sinapsi. Questa sostanza è fortemente tossica sia per gli insetti che per i vertebrati. Una tossina molto simile, prodotta da un crisomelide africano, la Diamphidia, viene utilizzata dai cacciatori Boscimani San per avvelenare le frecce.

Come indica la colorazione aposematica delle larve, l'emolinfa e le feci sono tossiche per molti predatori ©Venturini

Come indica la colorazione aposematica delle larve, l’emolinfa e le feci sono tossiche per molti predatori © Venturini

Storia

La Dorifora è stata osservata per la prima volta nelle Montagne Rocciose da Thomas Nuttal nel 1811, e successivamente descritta da Thomas Say nel 1824. I primi esemplari sono stati raccolti su un solanacea spontanea spinosa, il Solanum rostratum (cardo del Kansas, o del Texas, o cardo dei bufali “buffalo bur”).

Il passaggio sulla patata come ospite (Solanum tuberosum) è stato osservato nel Nebraska nel 1859. Da allora la Dorifora si è rapidamente trasformata in un flagello, espandendosi verso Est fino a raggiungere la costa Atlantica nel 1874.

È curiosa la origine del nome americano “Colorado potato beetle”, attualmente utilizzato: nei primi anni su usavano altri nomi, come “ten-lined potato beetle ” o “potato-bug”. Il collegamento con il Colorado è del 1865, quando vennero osservati molti esemplari in quello Stato, il che indusse a pensare che lì fosse l’origine. Finalmente nel 1867 Riley coniò il termine “Colorado potato beetle”. Nel 1865 qualcuno stimò che la dorifora si muoveva verso Est a circa 8 chilometri l’ora; nel 1871 il fiume Detroit risultava letteralmente coperto di insetti, che poi attraversarono il lago Erie a bordo di qualsiasi oggetto galleggiante. Il New York Times descrisse sciami di dorifore che coprivano le rotaie dei treni, le cui ruote slittavano sulla massa di insetti come se fosse olio.

Negli anni 1870 la dorifora entrò a tal punto nella vita degli americani che andavano di moda abiti per signora a striscie gialle e nere, lo strumento musicale mandolino venne ribattezzato “taterbug” (tater è un termine dello slang americano che indica la patata) e circolavano vignette su dorifore che sull’elenco telefonico cercavano l’indirizzo delle ditte che commerciavano patate.

I primi tentativi di arginare questa invasione che distruggeva i campi di patate, in un’epoca in cui non esistevano insetticidi validi, si orientarono sui possibili animali predatori della dorifora. Numerosi sono gli uccelli che si possono nutrire di questo crisomelide e i contadini si rivolsero al pollame, che veniva lasciato libero nei campi.

In 10-20 giorni le larve passano attraverso tre mute e poi si lasciano cadere al suolo © Giuseppe Mazza

In 10-20 giorni le larve passano attraverso tre mute e poi si lasciano cadere al suolo © Giuseppe Mazza

Nelle coltivazioni veniva soprattutto utilizzato il metodo di raccolta e distruzione manuale dei parassiti.

La Leptinotarsa giunse in Europa nel 1876 e l’anno successivo venne segnalata in Inghilterra, dove si verificò una grave infestazione nel 1901 (attualmente in Inghilterra la dorifora è stata eradicata). La diffusione sul continente Europeo ebbe inizio in Francia, da cui poi si diffuse ampiamente.

Durante la prima guerra mondiale i francesi chiamavano i sodati tedeschi “Doryphore” a causa della forma dei loro elmetti. Durante il Nazismo in Germania la popolazione veniva mobilitata per la caccia alla dorifora e con una taglia di qualche Pfennig per ogni esemplare distrutto. Si sparse la voce che gli Alleati spargevano le dorifore sui campi tedeschi per dannneggiare l’economia.

L’idea venne ripresa dopo la seconda guerra mondiale dalla propaganda dei paesi dell’Est, che accusava gli imperialisti occidentali di introdurre artificilamente le dorifore e circolavano manifestini con il vorace aggressore imperialista paracadutato, raffigurato con la faccia dello Zio Sam e il cappello a tuba. In Spagna nel 1950 un manifestino invitava i bambini a trascorrere le vacanze disinfestando manualmente le patate. In Italia le prime segnalazioni vennero fatte durante la seconda guerra mondiale (1943) nel Piemonte, da allora si è diffusa in tutta la Penisola. Diversi testi attribuiscono ingiustamente alla Dorifora la responsabilità della distruzione delle coltivazioni di patate che fu causa tra il 1846 e il 1848 della tragica carestia verificatasi in Irlanda e che decimò la popolazione dell’isola. In realtà le coltivazioni vennero attaccate dalla peronospora della patata (Phytophthora infestans), un Oomicete.

Impatto sulle coltivazioni di patate, nemici della dorifora, lotta biologica e lotta chimica.

Attualmente la dorifora della patata rappresenta l’insetto più dannoso nella coltura della patata e di altre Solanacee. Leptinotarsa decemlineata è una dei flagelli più diffusi e distruttivi per la patata, che spesso provoca una defoliazione completa delle piante attaccate. In alcuni paesi dell’area mediterranea la perdita di produzione è dell’ordine del 50%.

Si interrano a 5-15 cm di profondità e in due giorni si trasformano in pupe © Giuseppe Mazza

Si interrano a 5-15 cm di profondità e in due giorni si trasformano in pupe © Giuseppe Mazza

Con situazioni metereologiche ed ambientali favorevoli la popolazione di dorifera può crescere in modo drammatico (si calcola che anche in caso di mortalità delle uova dell’ordine del 90% e con una normale mortalità delle larve, in assenza di interventi di controllo, una singola coppia può produrre in 5 anni fino a mille miliardi di esemplari. È inoltre probabile che la dorifora determini la diffusione di altre patologie della patata, come il batterio Ralstonia solanacearum.

La dorifora può inoltre danneggiare gravemente altre solanacee, come la melanzana e il tabacco.

Diverse specie del genere Leptinotarsa vengono parassitate da coleotteri Carabidi del genere Lebia : Lebia grandis è un predatore delle uova e delle larve di dorifora ed è parassitoide delle sue pupe. In Nord America viene utilizzata per la lotta biologica, mentre in Italia non è ancora stata introdotta.

L’ Ifomicete Beauveria bassiana è un fungo patogeno che attacca molti insetti, tra cui la dorifora. Questo ifomicete è il nemico naturale più utilizzato nella lotta contro la dorifora ed esistono in commercio preparati da utilizzare sulle piantagioni di patate mediante normali erogatori a spruzzo per pesticidi.

Nella lotta biologica contro la Leptinotarsa si sono dimostrati validi il Bacillus thuringiensis ssp. tenebrionis e il Bacillus thuringiensis ssp. Kurstaki. (Il Bacillus thuringiensis è un batterio sporigeno del terreno. Quando viene ingerito libera delle tossine, del tutto innocue per l’uomo ma molto tossiche per diversi insetti. È ampiamente utilizzato nella lotta biologica come insetticida e anche per la creazione di piante transgeniche che esprimono la tossina e divengono quindi tossiche per i parassiti).

È anche stato introdotto l’uso di un imenottero di origine Centro-Americana, l’ Edovum puttleri, parassitoide delle uova, con risultati incoraggianti. Altro importante parassitoide è il Dittero Tachinide Myiopharus doryphorae. La lotta chimica tradizionalmente utilizzata ha dato buoni risultati, ma necessita di composti sempre nuovi, dal momento che attualmente la dorifora risulta resistente ad almeno 25 insetticidi comunemente usati in agricoltura. In ogni caso l’uso degli insetticidi è ancora il mezzo di controllo più diffuso e in molti paesi i trattamenti sono obbligatori. Attualmente, nei paesi in cui i controlli e i trattamenti vengono condotti con regolarità, la infestazione rimane sotto controllo. Sono in studio feromoni sintetici che potrebbero essere utilizzati per interferire nelle interazioni maschio-femmina.

La dorifora ha sviluppato un interessante meccanismo per difendersi da alcuni predatori, sfruttando la tossicità delle proprie feci. La larva infatti si circonda e spesso si copre di feci, che sono velenose e repellenti per molti insetti. Si è pensato che questa tossicità possa essere legata ad un accumulo nelle feci delle sostanze tossiche, come la solanina, che sono contenute nelle foglie delle solanacee di cui l’insetto si nutre, ma non esistono prove a favore di questa ipotesi.

Nel giro di 1-2 settimane gli adulti escono dal suolo. Qui una curiosa variante dalle elitre rosse © Giuseppe Mazza

Nel giro di 1-2 settimane gli adulti escono dal suolo. Qui una curiosa variante dalle elitre rosse © Giuseppe Mazza

È più probabile che la tossicità sia dovuta alla leptinotarsina o ad altre sostanze. In ogni caso oltre che le feci anche l’emolinfa della dorifora è tossica per molti predatori. Probabilmente la vistosa colorazione aposematica (si definiscono aposematiche quelle colorazioni, tipiche di specie velenose o disgustose, che hanno la funzione di allarmare l’eventuale predatore) rappresenta un segnale della sua tossicità inviato ai predatori.

Tra solanacee e dorifora si è verificato in interessante caso di adattamento coevolutivo: in seguito ad un attacco di insetti, nelle foglie della patata vengono prodotte molecole che inibiscono la digestione delle proteine da parte del parassita, che quindi avrà riduzione della crescita e della fecondità. Queste molecole inibitrici rappresentano quindi un importante auto-difesa della patata nei confronti dei suoi parassiti.

La dorifora mette in atto una controdifesa producendo enzimi digestivi insensibili agli inibitori prodotti dalla patata e può quindi nutrirsi impunemente delle sue foglie. Ancora meglio, la dorifora è capace di produrre un inibitore dell’inibitore e quindi con due diverse strategie controbatte le difese della patata (per quelli che non credono all’evoluzione!). Recentemente è stata ipotizzata una interessante strategia di difesa delle colture di patata, in seguito alla osservazione che l’apparato digerente della dorifora non è del tutto insensibile agli effetti di alcune sostanze contenute nelle foglie della patata, funzionalmente simili alle leptine e capaci di inibire il metabolismo e la assunzione di cibo (le leptine dei mammiferi sono ormoni che agiscono sul cervello regolando l’appetito e il metabolismo e controllano il peso corporeo). Si è pensato quindi di produrre degli ibridi di patata ad alto contenuto di leptine e in realtà questi ibridi vengono scarsamente aggrediti dalle dorifore. Non si sa se questo potrà avere delle applicazioni pratiche in agricoltura.

Sinonimi

Doryphora decemlineata Say, 1824; Doryphora decemlineata Roger, 1990; Leptinotarsa multitaeniata Stål, 1859; Chrysomela decemlineata Say, 1824; Leptinotarsa decemlineata Kraatz, 1874; Leptinotarsa intermedia Tower, 1906; Leptinotarsa oblongata Tower, 1906; Leptinotarsa rubicunda Tower, 1906; Polygramma decemlineata Mlelié, 1990; Polygramma decemlineata Mels, 1982.

 

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