Oryx leucoryx

Famiglia : Bovidae

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Testo © Dr. Gianni Olivo

 

Oryx leucoryx, Bovidae, Orice d'Arabia

L’Oryx leucoryx è una specie rara con appena 1200 esemplari in libertà © Giuseppe Mazza

Talvolta confuso con l’Orice scimitarra (Oryx dammah), il famoso Orice d’Arabia o Orice bianco (Oryx leucoryx Pallas, 1766, famiglia Bovidae), ha dimensioni decisamente inferiori alle altre specie di orice (in media 60 Kg di peso per 90-100 cm al garrese), è invece una specie a se stante.

Il nome scientifico orice deriva dal Greco antico e significa antilope, mentre il secondo nome, sempre in Greco antico, significa antilope bianca.

Un tempo molto più diffusa, in tutta la penisola arabica e a Nord, fino al Kuwait ed all’Iraq, oggi è limitata a particolari aree, come ad esempio l’area protetta di Mahazat-as-Sayd, nella parte occidentale dell’Arabia saudita, una zona di quasi 3000 Km quadrati, l’ Uruq-Bani-Ma’ arid reserve, di oltre 5000 Km quadrati, l’Arabian oryx santuary, in Oman, ma vi sono aree dove è presente anche in Israele, almeno in tre località, nel deserto del Negev e Northern Arava. Inoltre, verso il 2007, prese il via un progetto di reintroduzione anche nei pressi di Abu Dhabi.

Ad ogni modo, escludendo altre popolazioni in semi-cattività o in giardini zoologici, pare che gli esemplari allo stato selvatico siano circa 1200, per cui si tratta certamente di una specie da tutelare e gestire con attenzione, tuttavia alcuni reports parlano di un aumento lento ma costante, sia in Israele che in Arabia saudita, per cui non rientrerebbe più tra gli animali seriamente a rischio o minacciati, ma piuttosto nella categoria D1, cioè “specie vulnerabile”.

Prima degli anni’20 del secolo scorso, vi erano due aree di diffusione di questa antilope, separate da oltre mille chilometri di “vuoto”. Una popolazione settentrionale, più ridotta, ed una meridionale, più numerosa, concentrata soprattutto intorno a Rub-al-Khali ed alle piane aride dell’Oman centrale e meridionale. Negli anni 50’ l’orice bianco scomparve dall’areale settentrionale e in quello a Sud si era ridotto notevolmente di numero, ma sta ora riprendendosi, grazie alle misure adottate.

Oryx leucoryx, Bovidae, Orice d'Arabia

Il mantello bianco riflette il sole del deserto e risulta spesso mimetico © Giuseppe Mazza

Concludendo, si può dire che i paesi da cui l’orice bianco è scomparso sono: Egitto, Iraq, Kuwait, Siria, Giordania, Yemen ed Emirati Arabi, mentre è presente in Arabia Saudita, Israele, Oman e Bahrein. Essendovi almeno 1200 animali allo stato libero, cui si possono tranquillamente aggiungere almeno 6000 esemplari in semi-cattività nelle più disparate zone del mondo, si può nutrire una certa tranquillità circa il futuro della specie, specie che si è trovata, in passato, in situazione critica, anche e soprattutto per l’habitat estremamente aperto, privo di ripari e copertura naturale, e talmente arido da costringere anche animali altamente adattati al deserto, a frequentare determinate zone ben individuabili, e che ne limitavano, entro certi limiti, le possibilità di spostamento.

La struttura di questo orice non è sostanzialmente diversa da quella delle altre specie, dimensioni a parte: animale robusto, presenta corpo “squadrato”, rettangolare, con linea del dorso rettilinea ed orizzontale. Anche il collo è spesso e muscoloso, la testa relativamente allungata, le orecchie poco sviluppate, soprattutto se si fa un paragone con altre antilopi di taglia simile. Il colore del mantello è bianco, come suggerisce il nome, talvolta candido, altre volte color crema, e contrasta nettamente con il nero delle zampe.

Spesso, nel punto di passaggio tra il bianco del corpo ed il nero degli arti, vi è una zona rossiccia o marrone chiaro, che, posteriormente, può occupare quasi l’intera coscia, mentre, negli arti anteriori, è solitamente più limitata, ma può estendersi alla parte inferiore della gola. Questa caratteristica non è, tuttavia, sempre presente e vi sono esemplari dove il contrasto tra bianco e nero è nettissimo. Il muso mostra una maschera, costituita da una macchia triangolare ad apice superiore sul dorso del muso e da una redine nera laterale che parte dalla zona dell’occhio. Alla base delle corna, inoltre, vi è un’altra chiazza scura triangolare, mentre i “piedi” sono spesso bianchi, come se l’animale portasse due paia di ghette. Le corna, presenti in entrambi i sessi, sono simili a quelle delle altre specie di orice, lunghe e sottili, leggermente ricurve all’indietro, ma molto meno che nell’orice dalla corna a sciabola, e la loro lunghezza non supera, generalmente, i 70-75 cm.

Altamente specializzata in funzione della vita nel deserto (vedi schede delle altre specie di orice), l’antilope bianca è ulteriormente aiutata in questo dal colore del mantello, che non assorbe ma tende a riflettere i raggi del sole. Come nelle altre specie, la sudorazione, attraverso il fenomeno del “nasal panting”, inizia solo quando la temperatura corporea passa da 36 a 45 gradi centigradi, mentre l’acqua presente nelle deiezioni viene riassorbita ed utilizzata, sicché le feci si presentano praticamente liofilizzate anche quando appena emesse, le urine vengono concentrate al massimo, risultando di colore scuro, ed infine l’animale sa sfruttare al meglio ed a proprio vantaggio ogni trucco inteso a ridurre assorbimento di calore e disidratazione, rimanendo poco esposto durante le ore più calde, che spende all’ombra di qualche roccia, muovendosi e pasturando, a volte, di notte e via dicendo.

Oryx leucoryx, Bovidae, Orice d'Arabia

L’orice d’Arabia (Oryx leucoryx) forma in genere gruppi di 2-20 capi © Giuseppe Mazza

Pare accertato, anche se i meccanismi rimangono sconosciuti, che questo orice, più delle altre specie, sia dotato di una sorta di centralina meteorologica, in quanto ha la capacità di prevedere e localizzare le aree dove si verificheranno o si sono verificate precipitazioni, e di dirigervisi, con una precisione da GPS, compiendo spostamenti lunghissimi e perfettamente sincronizzati con l’evento atmosferico.

L’orice d’Arabia forma spesso gruppi compren- denti da 2 a 15 o 20 capi, ma sono state descritte concentrazioni di un centinaio di individui, tuttavia credo che tali eventi siano da imputare a condizioni ambientali partico- larmente favorevoli, che richiamano gruppi diversi nella stessa zona.

Pur essendo un “grazer”, cioè un brucatore di erbe, che si accontenta anche di vegetali secchi e coriacei, non è certamente un grazer obbligato, anzi, dovendo fare tesoro di tutte la proteine disponibili e dell’umidità eventualmente ricavabile dal cibo, passa volentieri e disinvoltamente al “browsing”, strappando foglie, germogli o bacche dai rami di cespugli e basse piante, e scava persino tuberi e radici dal terreno. L’essere un “mago della pioggia”, in effetti, non è solo in funzione del reperimento di acqua, quanto di erbe tenere e ricche di liquidi, che prontamente spuntano dopo un acquazzone, anche sui terreni più brulli. Ricerche condotte in Oman hanno dimostrato una particolare predilezione per la Scoparia o Stipagostris, erba che cresce in ciuffi, in aree desertiche e che è ricca di proteine, soprattutto quando è fiorita.

Per quanto riguarda i rapporti gerarchici e le posture di dominanza e sottomissione, rimando alla scheda di Oryx gazella beisa: il possesso di armi letali quali sono le corna a spada degli orici, impronta i rapporti ad una certa prudenza, con comportamenti, spesso, altamente ritualizzati, al fine di ridurre gli scontri cruenti.

Nomi comuni. Inglese: Arabian o White oryx; francese: Oryx blanc, Oryx d’Arabie; spagnolo: Orix de Arabia; nomi arabi: Boosolah, Baqar al Wash, Maha, Wudhaihii.

 

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