Spheniscus demersus

Famiglia : Spheniscidae

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Texte © Dr. Gianfranco Colombo

 

Spheniscus demersus, Spheniscidae, Pinguino africano, Pinguino del Capo, Pinguino dai piedi neri, Pinguino dagli occhiali

Il Pinguino africano o Pinguino del Capo, qui in una tana, è detto anche in tedesco e afrikaans Pinguino dagli occhiali per la caratteristica e vistosa maschera facciale © Giuseppe Mazza

Sono poche le specie di pinguino che vivono in ambienti lontani dai ghiacci dell’Antartide e delle isole subantartiche e pochissime quelle che hanno scelto latitudini in aree temperate o addirittura equatoriali.

Sappiamo di alcune specie neozelandesi che vivono a 45° di latitudine sud, dei pinguini della penisola di Valdés in Argentina a circa 43°, di quelli delle Galapagos perfettamente sull’equatore ma anche l’Africa ha i suoi pinguini a 24°, praticamente sul Tropico del Capricorno.

Queste specie, facilitate dall’ambiente più accogliente in cui vivono, hanno avuto la possibilità di essere studiate più assiduamente e più in dettaglio di ogni altro consimile, ottenendo una così vasta conoscenza sulla loro vita da poter asserire, senza alcun dubbio, che sono fra i pinguini più studiati al mondo.

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Panoramica della riserva naturale di Saldanha, 150 chilometri circa a nord di Città del Capo, che ospita centinaia di coppie di Spheniscus demersus. Più a sud, al largo dell’isola di Dassen, nidificano circa 60.000 Pinguini del Capo riuniti in una gigantesca colonia che raggruppa quasi i 2/3 degli effettivi della specie © Giuseppe Mazza

Il pinguino presente in Africa è uno di questi e senza dubbio, vista la collocazione in un’area abitata da secoli da una civiltà progredita e fortemente indirizzata alla protezione della natura, ha goduto di una antica salvaguardia che l’ha aiutato ad attraversare indenne periodi tumultuosi per questa specie.

Va ricordato che la Namibia ed il Sudafrica, dove sono presenti questi uccelli, sono state le prime nazioni al mondo ad istituire parchi nazionali per la protezione della fauna, già rispettivamente nel 1906 e 1926.

Il Pinguino africano o Pinguino del Capo o anche Pinguino dai piedi neri (Spheniscus demersus Linnaeus, 1758) appartiene all’ordine degli Sphenisciformes ed alla famiglia degli Spheniscidae ed è l’unico pinguino presente sul suolo africano.

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Eccolo, alto circa 70 cm nel tipico frac in bianco nero dei pinguini, piedi corti scuri e palmati, becco robusto e leggermente uncinato, lingua spinosa atta a trattenere il pesce catturato ed ali ridotte a monconi muscolosi usati come pinne per volare sott’acqua con incredibili apnee di 2-3 minuti, fino a 30 m di profondità © Giuseppe Mazza

Come tutti i pinguini che vivono al di fuori dalle aree tradizionalmente ghiacciate, anche questa specie ha la particolarità di essere di piccole dimensioni e con una livrea tipicamente da pinguino ma ha una caratteristica alquanto stravagante che lo distingue da ogni altro e che gli hanno fatto meritare una simpatica reputazione.

Questo pinguino raglia, nel senso reale della parola! Emette un suono talmente simile al raglio dell’asino che localmente è appunto conosciuto come pinguino somaro.

In altre nazioni mantiene nel nome il riferimento geografico del famoso Capo Sudafricano oppure come fanno i tedeschi e gli afrikaans, del disegno facciale simile a degli occhiali.

In inglese è Jackass penguin, in Afrikaans lingua originale di quelle regioni, Brilpikkewyn, in tedesco Brillenpinguin, in spagnolo Pingüino de El Cabo, in francese Manchot du Cap ed in portoghese Pinguim do cabo.

L’etimo del nome scientifico è, come spesso accade, in parte di derivazione dall’antico greco.

Spheniscus da “sphenos” = cuneo, per la forma affusolata delle ali che sembrano delle pinne di un grosso pesce e ”demersus” dall’omonimo termine latino con significato di tuffante, che si immerge.

Zoogeografia

Questa specie è relegata sulle coste sud occidentali africane con delimitazione a nord in alcune isole al largo della Namibia ed a sud sulle sponde del Sudafrica, con limite orientale presso la città di Port Elizabeth.

Come tutti i consimili, anche i Pinguini del Capo vivono in colonie numerosissime il che, pur garantendo loro una certa sicurezza contro eventuali predatori, li pone invece in serio pericolo quando condizioni ambientali o modifiche improvvise dell’ambiente od incidenti con eventuali inquinamenti, possono mettere a serio rischio la sopravvivenza di un’intera popolazione.

Ad oggi esistono solo una trentina di colonie in tutta l’Africa ed appunto per questo motivo la specie è considerata in forte pericolo, per la concentrazione della specie in territori così limitati.

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L’oceano è il suo ambiente. Quando pesca in branco, le zampe palmate, poste molto all’indietro, sono un buon motore propulsore per la rispettabile velocità di 30 km/h © Giuseppe Mazza

Da aggiungere la forte pressione di alcune colonie da parte del turismo di massa che seppur discretamente disciplinato, non facilita la quiete di questo uccello, in particolare durante il periodo di riproduzione.

Ecologia e Habitat

I luoghi abitati da questi pinguini sono generalmente territori rocciosi, aridi e senza copertura arborea. Molte colonie sono poste, quando idonee alle loro esigenze, su isole non raggiungibili da predatori terrestri e più vicine al luogo di pesca ma sono parimenti presenti anche sulla terraferma, quando lo spazio insulare non è disponibile.

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A terra lo Spheniscus demersus si muove impacciato e viene solo per riprodursi e cambiare le piume annualmente al riparo dai predatori © Giuseppe Mazza

Il loro habitat naturale prevede anche la presenza di un terreno sufficientemente soffice dove possibile scavare le tane nelle quali porranno il nido, rifugi che difenderanno con tenacia contro occupazioni da parte di eventuali avversari.

Essendo un uccello aptero non può vivere lontano dal mare, un legame indissolubile dal quale dipendono la sua sopravvivenza e quella della sua progenie.

Gran parte del suo tempo lo trascorre in acqua ed anche durante il periodo di nidificazione a turno i partner passano parte della giornata in mare, lasciando il coniuge nella tana in cova od a governare i piccoli appena nati.

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Qui un adulto in piena muta. Questa delicata fase, che dura circa 21 giorni, è preceduta da un periodo d’ingrasso nelle pescose acque circostanti ingurgitando anche mezzo chilo d’acciughe al giorno per circa tre settimane. Poi, a fine muta, si è rilevato che impiegano in genere una quarantina di giorni per recuperare l’immancabile perdita di peso, prima di poter dire addio per mesi alla terra ferma e ripartire vigorosi verso il mare aperto © Giuseppe Mazza

Morfofisiologia

La livrea del Pinguino africano è molto simile a quella di tante altre specie. Il tipico frac in bianco nero, piedi corti scuri e palmati, becco robusto e leggermente uncinato, lingua spinosa atta a trattenere il pesce catturato, coda aguzza non pronunciata e naturalmente, nessuna penna che lo invogli a prendere il volo.

Le ali sono ormai ridotte a monconi robusti che servono, quando in acqua, per imprimere velocità al nuoto e quando a terra per dimenarle avanti indietro come un soldatino, per imprimere un ritmo bilanciato alla camminata impacciata. A questo scopo le zampe sono poste molto all’indietro in modo che possano servire da vero motore propulsore.

Naturalmente da fermo sta in posizione perfettamente eretta, poggiata sulla pianta dei piedi e bilanciata sulle penne rigide della coda a mo’ di treppiede; quando invece riposa, si adagia direttamente sul ventre in posizione prona, nel medesimo modo di quando è in cova.

In acqua il pinguino non è più un uccello ma diviene in pratica un grosso pesce con ali muscolose che si trasformano all’uopo in vere pinne che sanno imprimere velocità impensate a questo animale.

In effetti, le ali sono agitate sott’acqua come se stesse volando, imprimendo naturalmente per il forte attrito, una rapidità inferiore ma che raggiunge sempre la rispettabile velocità di circa 30 km/h.

Le dimensioni sono di tutto rispetto: ha una lunghezza di circa 70 cm ed un peso che arriva ai 3 kg. Il colore della livrea è nera sul dorso e bianca sul ventre, con due strisce verticali che si allungano sui fianchi fino alle zampe e che si congiungono sulla gola creando un ampio collarino. Il disegno nero riportato sul petto è unico ed è praticamente identificativo di ogni singolo individuo, come fossero impronte digitali.

La testa è bianca attraversata da una riga centrale che unisce il becco alla nuca e da un sottogola totalmente nero.

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Questa è invece una coppia nel nido scavato sotto a un roccione. L’unione dura tutta la vita, anche dopo il periodo nuziale, seppur con parziali allontanamenti dovuti alla pesca, per metter su peso, ma sempre all’interno della colonia d’appartenenza. Le femmine depongono 2 grosse uova bianche, covate da entrambi i genitori per un periodo di circa 40 giorni. Sono molto gustose e fra il 1917 e il 1927, prima che una legge ponesse fine al saccheggio, venivano raccolte dai locali al ritmo di 500.000 all’anno © Giuseppe Mazza

Gli occhi sono neri e contornati da un orlo oculare bianchissimo simile ad occhiali, sormontati a loro volta da un leggero sopracciglio color rosato.

Non vi è netta distinzione fra i sessi se non nelle dimensioni leggermente più robuste nel maschio e nel becco leggermente più lungo ma anche i giovani dopo poche settimane hanno la parvenza degli adulti.

Etologia e Biologia riproduttiva

Il Pinguino africano è monogamo e la sua unione dura per tutta la vita. La coppia rimane legata anche dopo il periodo nuziale anche se vi è un parziale allontanamento ma sempre all’interno della colonia di appartenenza. All’avvicinarsi del periodo di riproduzione si riforma immediatamente, dando seguito ad una normale vita di coppia.

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I piccoli restano nel nido per circa un mese nutriti dai genitori, poi si fanno coraggio ed escono formando coi coetanei colonie compatte e vocianti in attesa del cibo © Giuseppe Mazza

Le tane sono occupate anno dopo anno ma non sempre dalla stessa coppia, mentre i giovani provvedono autonomamente a scavare la propria.

Questa specie depone due uova bianche e di notevole misura che vengono covate da entrambi i genitori per un periodo di circa 40 giorni. I piccoli rimangono rintanati nel nido per circa un mese finché non robusti a sufficienza per uscire all’esterno e resistere alle condizioni climatiche locali che spesso vedono temperature salire a livelli cocenti.

In questo periodo i piccoli formano colonie compatte e vocianti e rimangono costantemente all’aperto in attesa delle visite dei genitori che si alternano tra mare e terra per portare loro il cibo. Solo dopo un periodo cha va dalle 10 alle 15 settimane sono pronti ad affrontare il mare e rendersi totalmente autonomi.

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Oltre che dai predatori naturali, squali, orche e leoni marini, la specie è seriamente minacciata dalla pesca industriale delle acciughe. Da stime di densità fatte in base a foto dell’epoca, risulta con certezza che all’inizio del ventesimo secolo nell’isola di Dassen c’erano almeno 1.500.000 esemplari, contro i 60.000 attuali © Giuseppe Mazza

La loro alimentazione è basata unicamente su pesci, molluschi e crostacei, molto abbondanti in quelle acque tempestose.

Di nemici il Pinguino ne ha molti quando in acqua. Squali, orche e leoni marini, sono molto frequenti nell’oceano Atlantico ed Indiano nel loro punto di incontro, di fronte alle coste sudafricane. La ricchezza di pesce crea necessariamente una naturale catena alimentare che vede la presenza gerarchica di tutta una serie di predatori, inclusi naturalmente quei grandi mammiferi marini carnivori che sono in cima a questa catena.

Tuttavia non è facile neppure per loro cacciare questi guizzanti uccelli, per cui l’impatto è in sostanza nullo se raffrontato al numero totale delle presenze.  La specie è fortemente tutelata anche se non in immediato pericolo.

 

Vedere anche i servizi giornalitici:

 

→ Spheniscus demersus : i pinguini che vivono al caldo

→ Acciughe : una fabbrica particolare in Sudafrica