Acherontia atropos

Famiglia : Sphingidae


Testo © Prof. Santi Longo

 

Acherontia atropos

Acherontia atropos vive nella regione afro-tropicale e mediterranea. Gli adulti hanno il corpo lungo circa 7 cm e un’apertura alare di oltre 12 cm. Il loro volo è potente e in fase pre-riproduttiva, durante la notte, migrano verso nord spingendosi fino alla Scandinavia e all’Islanda. Occasionalmente arrivano in Giappone e persino in Messico © Roger Wasley

La Sfinge testa di morto (Acherontia atropos) è una delle 25 specie di lepidotteri europei appartenenti alla famiglia Sphingidae, caratterizzata da adulti di medie o grandi dimensioni, dotati di proboscide o spiritromba robusta.

Hanno un volo potente e possono compiere lunghe migrazioni; alcune falene, come Agrius convolvuli o Macroglossa stellatarum, hanno la capacità di rimanere in volo al di sopra dei fiori per succhiare il nettare similmente ai colibrì.

Le larve sono “eruciformi”, dal corpo cioè cilindrico suddiviso in metameri poco differenziati con tegumento molle, con apparato boccale masticatore, zampe toraciche e pseudozampe addominali. Nell’ottavo segmento addominale è presente un caratteristico cornetto; il tegumento è glabro, rugoso o verrucoso.

Acherontia atropos

Il nome comune di Sfinge testa di morto nasce dal disegno chiaro presente sul torace scuro dell’adulto, che evoca un teschio, e dal tipico atteggiamento orrifico delle larve, che per intimorire i predatori sollevano il capo e il torace in una posizione che ricorda la mitica sfinge egizia © Pablo Martinez-Darve Sanz (sinistra) e © Adam Gor (destra)

Spesso cercano di intimorire i predatori assumendo una postura definita “terrifica”, sollevando il capo e il torace che retraggono nell’addome.

Il nome comune di Sfinge fa riferimento al comportamento della larva che, fissandosi con le pseudozampe addominali al substrato, solleva il capo e il torace assumendo una posizione che ricorda quella della mitica sfinge egizia.

Linneo, nel 1758, descrisse Acherontia atropos, come Sphinx atropos. Successivamente è stata trasferita al genere Acherontia, istituito da Laspeyus, nel 1809.

Acherontia atropos

Nel corso delle migrazioni dall’Africa all’Europa i giovani adulti possono entrare negli alveari, tranquillizzano le api guardiane con il sibilo prodotto dalla proboscide che utilizzano per forare gli opercoli delle cellette e succhiare il miele. Ma dopo averne ingerito circa 10 g non riescono più a muoversi e vengono uccise e mummificate dalle api © Santi Longo

Il termine generico Acherontia fa riferimento all’Acheronte, uno dei tre fiumi infernali che, secondo la mitologia greca, bisognava attraversare per accedere al regno dei morti.

L’epiteto specifico atropos deriva da Atropo, nome di una delle tre Moire, figlie della Notte, che nella mitologia greca aveva il compito di recidere il filo della vita degli esseri umani.

L’epiteto “Testa di morto” trae spunto dal disegno, presente sul peloso torace di colore nero della falena. Si tratta di un esempio classico di pareidolia, termine col quale viene definita una illusione subcosciente che tende a ricondurre alla forma nota di un teschio, le macchie biancastre toraciche; tale tendenza istintiva e automatica a trovare forme note è spesso associata a figure e a volti umani.

Acherontia atropos

Le uova misurano 1,5 x 1,2 mm e vengono deposte singolarmente sulle foglie delle piante ospiti © Paola Michelazzo

Per le caratteristiche morfologiche e per lo stridio lamentoso che emette sia in volo, che se viene disturbata, la Falena testa di morto ha evocato simboli inquietanti.

Plinio il Vecchio, nella “Naturalis Historia”, la cita come funesta e dannosa. Nel Medio Evo si riteneva che la Sfinge testa di morto fosse messaggera di guerra e pestilenza, portatrice di sfortuna, in grado di arrecare disgrazie e morte nelle case in cui volava e che, il suo ingresso in chiesa, era presagio di gravi disgrazie.

Si credeva, inoltre che, durante la notte, le falene potessero mordere mortalmente i bambini e, in Bretagna, venivano bruciate per mescolarne le ceneri in alcune pozioni magiche.

Acherontia atropos

Le larve, qui appena nate, sono polifaghe e vivono a spese di circa 40 specie vegetali, con preferenza per le Solanacee spontanee e coltivate © Pablo Martinez-Darve Sanz

Ma anche in tempi più recenti questa falena ha continuato ad avere cattiva fama e, in termini negativi, è stata citata in vari romanzi: Acherontia atropos è la funesta protagonista del racconto “La Sfinge” di Edgar Allan Poe. I poeti Guido Gozzano ed Eugenio Montale ne hanno cantato la presenza ritenuta nefasta e inquietante.

Anche l’asiatica congenere Acherontia styx, molto simile alla atropos, per la presenza della “testa di morto”, gode della stessa cattiva fama e, nonostante al suo posto siano state utilizzate crisalidi della Sfinge del tabacco (Manduca sexta), è stata resa celebre dalle locandine del film di Jonathan Demme, “Il silenzio degli innocenti”, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Harris dove il disegno del teschio sul torace è stato sostituito con un’artistica foto realizzata dal pittore surrealista Salvator Dalì e da Philipe Halsman che hanno raffigurato da 7 nudi di donne.

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

Larva cresciuta di seconda età con le caratteristiche minuscole spine sul torace. Oltre a pomodori e patate può attaccare specie arboree o arbustive come l’ulivo e la vite © Frank Schneider

Zoogeografia 

La Sfinge testa di morto è stabilmente presente nella regione afro tropicale e mediterranea, è diffusa nelle isole Canarie e Azzorre, in Africa, nella zona meridionale del Bacino mediterraneo, fino alla Penisola arabica. Da tali aree, a partire dalla primavera e durante l’estate, gli adulti in fase pre-riproduttiva, durante la notte, migrano verso nord spingendosi fino alla Scandinavia e all’Islanda. Occasionalmente arrivano in Giappone e persino in Messico.

Ecologia-Habitat

Al pari di numerose altre specie di Sfingidi nei giovani adulti di Acherontia atropos si riscontra la cosiddetta “sindrome migratoria”, che, coinvolge, con complesse interazioni, il volo, la riproduzione e l’alimentazione, spingendoli verso nuovi ambienti.

Acherontia atropos

Larve di terza età. La colorazione può essere chiara o scura e le due forme si trovano spesso si trovano sulla stessa pianta © Pablo Martinez-Darve Sanz

Nell’Italia meridionale le larve sono presenti, in estate-autunno, su Solanacee, coltivate e spontanee, su Olivo e altre piante arboree.

Durante l’inverno alcuni adulti si introducono negli alveari, senza tuttavia arrecare danni di rilievo, come invece si registra in Africa dove, la frequente massiccia presenza di falene, rappresenta un problema per l’apicoltura tradizionale.

Morfofisiologia

Gli adulti hanno il corpo lungo circa 7 cm e un’apertura alare di oltre 12 cm.

Nel capo, le antenne e gli occhi sono ben sviluppati, ed è presente una spiritromba (proboscide) breve e robusta, dalla quale, se disturbata, la falena emette uno stridio lamentoso.

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

Variopinta larva di quarta età su un ramo. In genere non causano apprezzabili defogliazioni per la bassa densità di popolazione e l’elevatissima mortalità per cause naturali © Paola Michelazzo

Il torace, peloso, è di colore nero con macchie bianche.

Le ali anteriori sono lunghe e strette, hanno una tinta di fondo brunastra con strisce trasversali sinuose grigie chiare e scure con al centro una piccola macchia discale chiara. Le ali posteriori hanno il fondo di colore giallo con due larghe fasce trasversali brune.

Sul mesotorace è presente la macchia la cui forma ricorda quella di un teschio umano. L’addome, grosso e peloso, ristretto verso la parte finale, è di colore giallo con bande nerastre trasversali.

Le uova, di forma ovale, misurano 1,5 x 1,2 mm, sono di colore blu-verdastro o grigiastro, e vengono deposte singolarmente sulle foglie delle piante di cui si nutrono le larve, che la femmina individua grazie ai suoi numerosi organi di senso (sensilli gustativi).

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

Larva vista frontalmente per evidenziare il robusto apparato boccale masticatore, le sei zampe e una pseudozampa © Adam Gor

Le larve neonate, lunghe 5 mm, sono di colore verde chiaro; quelle della forma tipica, diventano via via più scure, evidenziando le bande gialle laterali; sulla parte dorsale dell’ottavo segmento addominale è presente un caratteristico cornetto bruno e liscio.

La larva di seconda età presenta dorsalmente delle minuscole spine. Nei successivi due stadi larvali, le bande diagonali gialle presentano i margini di colore blu o violaceo; il cornetto, di colore giallastro, presenta piccoli granuli.

Le larve di quinta e ultima età, lunghe fino a 15 cm, sono di norma di colore giallo e verde con fasce oblique scure orlate lateralmente di giallo; il dorso, privo spine, è di colore celeste.

Meno comuni sono le forme di colore bruno e con il torace chiaro, che vengono interpretate come colorazioni mimetiche criptiche per sfuggire ai predatori.

La pupa, che nei lepidotteri è denominata crisalide, è lunga da 5 a 8 cm con il tegumento di colore bruno rossastro, più o meno scuro protetta all’interno di una celletta scavata nel terreno dalla larva matura (eopupa).

Etologia, Biologia riproduttiva

Negli ambienti meridionali del Mediterraneo, svolge fino a tre generazioni annue e sverna nel terreno allo stadio di crisalide.

Le larve sono polifaghe e vivono a spese di circa 40 specie vegetali afferenti a 24 famiglie botaniche, con preferenza per le Solanacee spontanee e coltivate (pomodoro, melanzana, patata, tabacco, datura); spesso si rinvengono su piante arboree e arbustive (olivo, vite, oleandro, melo, sambuco, frassino).

Di norma non causano apprezzabili defogliazioni in relazione alla bassa densità di popolazione e alla elevatissima mortalità per cause naturali.

In base all’andamento termico, la larva può completare lo sviluppo in circa un mese. Dalle crisalidi che riescono a superare l’inverno, gli adulti sfarfallano a partire dal mese di aprile.

Durante le migrazioni notturne, compiute isolatamente o in piccoli gruppi, gli adulti possono accidentalmente spingersi in mare aperto, attratti dalle luci di navi sulle quali si posano per riposare.

Acherontia atropos

Larve di quinta età. La prima si nutre di una velenosa Datura mentre l’altra pare sazia, mimetizzata fra i rami. La Sfinge testa di morto può avere tre generazioni all’anno © Adam Gor (sinistra) e © Africa de Sangenís (destra)

Alcuni esemplari sono stati catturati a qualche centinaio di miglia dalla costa.

Con la spiritromba breve, sclerificata e appuntita, riesce a intaccare, oltre agli opercoli delle cellette del miele, anche la buccia di frutti maturi. Molte falene, sono attratti dagli odori degli alveari e, spesso, vi si introducono, emettendo uno stridio simile a quello dell’ape regina.

Si ritiene che tale suono, consistente in due brevi sequenze ripetute rapidamente: una di tono basso, dovuto alla dilatazione della cavità faringale, che fa vibrare una prominenza del palato, e una sequenza di tono alto dovuta all’espulsione dell’aria lungo la corta spiritromba che funziona come un fischietto, serva a calmare le api, consentendo alla falena da prelevare, indisturbata, il miele dalle celle opercolate dopo averle forate con la breve e robusta spiritromba.

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

La larva matura di quinta età che ha cessato di alimentarsi e diventa torpida, viene detta eopupa © Giuseppe Sartori

Inoltre, si ritiene che le falene si mimetizzino chimicamente producendo dalle ghiandole del tegumento, acidi grassi simili a quelli presenti sul corpo delle api.

Dopo avere ingerito una quantità di miele di circa 10 g le api operaie uccidono la falena ormai impossibilitata nei movimenti, e ne mummificano il voluminoso corpo con la propoli; la reazione delle api guardiane inizia quando la falena, ormai sazia, non riesce più a emettere dello stridio.

Nei nostri ambienti i danni causati dagli adulti agli alveari sono del tutto trascurabili mentre in Africa sono spesso rilevanti nei bugni rustici la cui fessura d’ingresso non è opportunamente protetta da griglie che impediscono l’ingresso dei grossi adulti.

La mortalità per cause naturali dei diversi stadi di sviluppo di Acherontia atropos è elevata.

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

A questo punto scende al suolo e cerca il luogo adatto per scavare la cella pupale dove avverrà la metamorfosi © Ge van ‘t Hoff

La colorazione mimetica degli adulti assicura una parziale protezione dai predatori durante il giorno; anche il suono emesso ha una prevalente funzione difensiva poiché, unito al sollevamento delle ali, al rapido movimento dell’addome, di colore giallo, e alla secrezione di sostanze dall’odore nauseabondo da ghiandole addominali, scoraggiano spesso l’attacco dei predatori.

Le principali cause di mortalità degli stadi preimmaginali, sono: batteri, funghi e virus entomopatogeni, nonché numerosi insetti entomoparassiti: fra i Ditteri sono segnalati Compsilura concinnata, Masicera pavoniae e Winthenia rufiventris, il più frequente in Sicilia è Sturnia atropivora, le cui larve gregarie sviluppano e si trasformano in pupa nel corpo dell’ospite ma sfarfallano dalla crisalide della Sfinge.

Attivi parassitoidi sono anche gli Imenotteri Icneumonidi Amblioppa fuscipennis, Amblioppa proteus, Callajoppa cirrogaster, Callajoppa esaltatoria, Diphyus longigena, Diphyus palliatorius, Ichneumon cerinthius e Netelia vinulae.

Acherontia atropos, Sfinge testa di morto

Una crisalide all’interno della cella terrosa aperta ad arte. Lunga 5-8 cm ha il tegumento di colore bruno rossastro, più o meno scuro © Pablo Martinez-Darve Sanz

Sinonimi

Sphinx atropos Linnaeus, 1758; Atropos solani Oken, 1815; Acherontia sculda Kirby, 1877; Acherontia conjuncta (Tutt, 1904); Acherontia extensa (Tutt, 1904); Acherontia flavescens (Tutt, 1904); Acherontia imperfecta (Tutt, 1904); Acherontia intermedia (Tutt, 1904); Acherontia obsoleta (Tutt, 1904); Acherontia suffusa (Tutt, 1904) Acherontia variegata (Tutt, 1904); Acherontia virgata (Tutt, 1904); Acherontia violacea (Lambillion, 1905); Acherontia charon (Clos, 1910); Acherontia diluta (Closs, 1911); Acherontia obscurata (Closs, 1917), Acherontia myosotis (Schawerda, 1919), Acherontia confluens (Dannehl, 1925); Acherontia moira (Dannehl, 1925); Acherontia pulverata (Cockayne, 1953); Acherontia radiata (Cockayne, 1953); Acherontia griseofasciata (Lempke, 1959).

 

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