Artocarpus integer

Famiglia : Moraceae


Testo © Pietro Puccio

 

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L'Artocarpus integer è un albero di 5-20 m di casa nelle foreste pluviali a bassa quota del Sud-est asiatico © G. Mazza

La specie è originaria del Borneo, Brunei, Indonesia (Celebes, Irian Jaya, Java, Kalimantan, Moluccas e Sumatra), Malaysia Peninsulare, Nuova Guinea, Singapore e Thailandia dove vive nelle foreste pluviali, fino a circa 500 m di altitudine, con clima caratterizzato da elevata piovosità distribuita nell’arco dell’anno ed eventuali periodiche inondazioni.

Il nome del genere è la combinazione del sostantivo greco “ἄρτος” (artos) = pane e “καρπός” (carpos) = frutto, con riferimento al sapore dei frutti dopo cottura dell’Artocarpus altilis (Parkinson ex F.A.Zorn) Fosberg, 1941; il nome specifico è l’aggettivo latino “integer” = intero, con riferimento ai margini della foglia.

Nomi comuni: chempedak, small jackfruit (inglese); banturug manuk, chempedak, mengkahai, nakan, pulutan, temedak (Borneo); atibrhatphala, chakka, kathal, kathar, panasa, panasapandu (India); akam-akam, anaane, campedak, cempedak, cempeudak, cimpedak, cubadak, nangka, tambura, tawerak, temedak (Indonesia); baroh, bankcong, deko, menelang (Malaysia); sonekadat (Myanmar); chempedak, champada (Thailandia); mít tố nữ (Vietnam).

L’ Artocarpus integer (Thunb.) Merr. (1917) è un albero sempreverde, alto 5-20 m con un diametro del tronco fino a circa 50 cm, dalla corteccia grigio bruna; tutte le parti della pianta contengono un lattice bianco.

Le foglie, su un picciolo lungo 1-3 cm, sono alterne, semplici, ellittico-obovate con margine intero ed apice appuntito, di 5-25 cm di lunghezza e 3-12 cm di larghezza, coriacee, di colore verde intenso lucido superiormente, verde pallido e pubescenti inferiormente.

Il frutto, botanicamente un sincarpo, è formato da più frutti concresciuti e saldati fra loro in strutture globose o oblungo-cilindriche di 20-40 x 10-15 cm con la superficie coperta da corti tubercoli piramidali © Giuseppe Mazza

Il frutto, botanicamente un sincarpo, è formato da più frutti concresciuti e saldati fra loro in strutture globose o oblungo-cilindriche di 20-40 x 10-15 cm con la superficie coperta da corti tubercoli piramidali © Giuseppe Mazza

Le nuove foglie sono racchiuse da due stipole (appendici alla base della foglia che hanno lo scopo principale di proteggerla durante l’iniziale fase di crescita) caduche, oblungo-triangolari, di 6-9 cm di lunghezza, di colore verde scuro; ramoscelli, piccioli, stipole e foglie sono provvisti di irti peli bruni, lunghi fino a circa 3 mm.

Infiorescenze solitarie unisessuali sulla stessa pianta direttamente dal tronco o dai rami (caulifloria) su corti germogli fogliati, quelle maschili sono racemi cilindrici, di 3-5 cm di lunghezza e 1 cm di diametro, con minuscoli fiori giallastri, quelle femminili sono racemi globosi o ellissoidi con numerosi fiori tubolari.

Il frutto, su un peduncolo lungo 7-10 cm, è un sincarpo (insieme di più frutti concresciuti e saldati tra loro) da globoso a oblungo-cilindrico, di 20-40 cm di lunghezza e 10-15 cm di diametro, con la superficie coperta da corti tubercoli piramidali, di colore da giallastro a giallo arancio, che emana un intenso sgradevole odore a maturità, simile a quello del Durian (Durio zibethinus L., 1774) e del Jackfruit (Artocarpus heterophyllus Lam., 1789).

I semi, 15-100 per frutto, sono ovoidi leggermente appiattiti di colore bruno chiaro, di 2-3 cm di lunghezza e 1,5-2,5 cm di larghezza, circondati da un arillo carnoso di colore verdastro, giallo o arancio, edule.

Si riproduce solitamente per seme, che ha una bassa durata di germinabilità, in terriccio organico drenante mantenuto umido alla temperatura di 24-26 °C, con la prima fruttificazione a partire da 3 anni di età, e per talea.

Specie di rapida crescita coltivabile esclusivamente nelle regioni a clima tropicale e subtropicale, non sopportando temperature prossime a 0 °C, senza una stagione secca, ma con elevata e ben distribuita piovosità.
Richiede una esposizione in pieno sole, tranne nella prima fase di crescita, e suoli profondi e ricchi di sostanza organica, da leggermente acidi a neutri.

Un elemento spolpato dagli animali della foresta. I frutti immaturi sono consumati dalla popolazioni locali come ortaggi, i semi sono ricchi di carboidrati e varie parti della pianta hanno proprietà medicinali © Giuseppe Mazza

Un elemento spolpato dagli animali della foresta. I frutti immaturi sono consumati dalla popolazioni locali come ortaggi, i semi sono ricchi di carboidrati e varie parti della pianta hanno proprietà medicinali © Giuseppe Mazza

I frutti immaturi sono consumati cotti in latte di cocco come ortaggio, la polpa (arillo) che circonda i semi dei frutti maturi, di sapore gradevole, dolce, meno acidula e fibrosa di quella del jackfruit, viene consumata sia cruda che cotta o variamente preparata. I semi, ricchi di carboidrati, proteine, fibre e minerali, vengono consumati bolliti in acqua salata e pelati, di sapore simile alla Castagna d’acqua (Eleocharis dulcis), arrostiti o fritti; anche la farina ha un alto valore nutritivo e può sostituire in parte quella di grano nella preparazione del pane.

Foglie e frutti vengono utilizzati nella alimentazione animale; il legno, di colore giallo intenso e di ottima qualità, viene utilizzato nelle costruzioni, per fabbricare mobili, imbarcazioni, attrezzi e oggetti di uso comune, dal legno si ricava anche un colorante giallo utilizzato per colorare il saio dei monaci buddisti.

Varie parti della pianta vengono utilizzate nella medicina tradizionale delle popolazioni indigene per diverse patologie; dalle foglie è stato ricavato un idrocarburo, stilbene, con proprietà antimalariche.

Non sono infine da sottovalutare le sue caratteristiche ornamentali.

Sinonimi: Radermachia integra Thunb. (1776); Radermachia integra Thunb. (1776); Artocarpus integrifolius L.f. (1782); Artocarpus polyphemus Pers. (1807); Artocarpus champeden (Lour.) Stokes (1812); Artocarpus jaca Miq. (1861); Artocarpus hirsutissimus Kurz (1864); Artocarpus pilosus Reinw. ex Miq. (1867); Saccus integer (Thunb.) Kuntze (1891).

 

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