Carpoxylon macrospermum

Famiglia : Arecaceae


Testo © Pietro Puccio

 

La specie è originaria di Aneityum (o Anatom), Futuna e Tanna nell’arcipelago Vanuatu dove è presente in natura, con pochi individui, nella foresta pluviale a basse altitudini.

Il nome del genere è la combinazione dei sostantivi greci “καρπός” (carpós) = frutto e “ξύλον” (xylon) = legno, con riferimento all’endocarpo legnoso; il nome specifico è la combinazione dell’aggettivo greco “μακρός” (macrós) = grande e del sostantivo “σπέρμα” (sperma) = seme.

Nomi locali: nohoej (Aneityum), bunglu, bungool, nibaglou (Malakula).

Il Carpoxylon macrospermum H.Wendl. & Drude (1875) è una specie monoica inerme, solitaria, eretta, alta fino a oltre 25 m, con base allargata a forma di bottiglia, fino a 50 cm di diametro, che si assottiglia in un fusto cilindrico, di 25-30 cm di diametro, su cui sono visibili le tracce biancastre dell’attaccatura delle foglie cadute. Foglie pennate, su un robusto picciolo lungo circa 25 cm, fortemente ed elegantemente arcuate, lunghe fino a 4 m; la base fogliare, lunga 1,5-1,8 m, fascia interamente il fusto formando una sorta di capitello tubolare di colore verde chiaro lucido. Le foglioline, circa 70 per lato, sono lineari con apice acuminato, rigide, ascendenti, disposte regolarmente lungo il rachide a formare una V, di colore verde scuro superiormente, leggermente più chiaro inferiormente, lunghe nella parte mediana 1,2-1,8 m e larghe 3,5-3,8 cm.

Infiorescenze, su un robusto peduncolo lungo 14 cm, sotto le foglie (infrafogliari), erette, con ramificazioni di terzo ordine, racchiuse inizialmente in tre brattee decidue, la più esterna (profillo) di colore verde scuro, lunga circa 70 cm.

Carpoxylon macrospermum, Arecaceae

Endemico delle Vanuatu, il Carpoxylon macrospermum raggiunge in natura i 25 m con base allargata a bottiglia, fino a 50 cm di diametro. I frutti sono una fonte di cibo per i granchi del cocco e le volpi volanti. L’endosperma gelatinoso dei frutti immaturi, di gradevole sapore, viene a volte localmente consumato. Specie a rischio estinzione in natura © Giuseppe Mazza

Fiori unisessuali disposti in triadi (un fiore femminile in mezzo a due maschili) tranne nella parte terminale delle rachille (ramificazioni secondarie dell’infiorescenza) dove sono presenti solo fiori maschili solitari o in coppia.

Frutti da ellittici a obovoidi con la cicatrice stigmatica eccentrica prominente all’apice, inizialmente verdi poi rossi a maturità, di 6-7 cm di lunghezza e 3,2-3,5 cm di diametro, con mesocarpo fibroso ed endocarpo legnoso. Seme ovoide, di 3 cm di lunghezza e 2,5 cm di diametro, endosperma omogeneo con una piccola cavità centrale.

Si riproduce per seme, preventivamente tenuto in acqua per 3 giorni, interrato per circa ¾ in terriccio organico drenante mantenuto umido alla temperatura di 26-28 °C, con tempi di germinazione a partire da due settimane.

Di facile coltivazione e veloce crescita è una delle palme più ornamentali per i giardini delle zone a clima tropicale e subtropicale umido, non sopportando temperature prossime a 0 °C, isolata, in gruppo o in filari ai lati di viali.

Richiede pieno sole, tranne nella fase giovanile quando è preferibile una parziale ombreggiatura, e non è particolarmente esigente riguardo al suolo, purché perfettamente drenante, ma cresce al meglio in quelli sabbiosi ricchi di sostanza organica, mantenuti pressoché costantemente umidi, ma senza ristagni; ben radicata può resistere a brevi periodi di secco, ma mal sopporta i venti caldi e aridi.

Piante giovani coltivate in vaso sono di grande eleganza per la decorazione di interni luminosi, utilizzando un terriccio organico drenante, con innaffiature abbondanti in estate, più diradate in inverno, ma senza mai farlo asciugare completamente, con temperature minime notturne superiori a 15 °C.

La specie fu descritta nel 1875 a partire dal solo frutto raccolto nell’isola di Aneityum e inserita in un genere differente da quello della palma, dai frutti simili, presente nell’isola, la Veitchia spiralis H.Wendl. (1868), ma con la cicatrice stigmatica apicale non eccentrica. Ritenuta per oltre un secolo estinta, fino a quando nel 1987 il botanico australiano John Leslie Dowe (1962) non la “riscoprì” in maniera fortuita nell’isola di Espiritu Santo. Successivamente sono stati censiti 32 individui adulti in natura (Aneityum, Futuna e Tanna), e poco più di 100 coltivati nei pressi dei villaggi delle isole dell’arcipelago, oltre a numerosi individui giovani. Contemporaneamente sono stati distribuiti semi a diverse istituzioni botaniche e, in misura limitata, a privati collezionisti, e già dalla fine del XX secolo numerosi esemplari sono presenti in varie parti del mondo.

Nelle Vanuatu la palma è utilizzata sia come ornamentale che per usi minori, l’endosperma gelatinoso dei frutti immaturi, di gradevole sapore, viene a volte consumato, quello dei frutti maturi, estremamente duro, è usato per fornelli di pipa. Le foglie sono impiegate come materiale di copertura e per fabbricare scope, la brattea (profillo) per stuoie e come contenitore estemporaneo di cibi e liquidi. Il frutto è inoltre una fonte di cibo per i granchi del cocco (Birgus latro L. 1767) e volpi volanti (Pteropus anetianus Gray, 1870).

Per la ristretta area di origine, la pressione antropica e il numero limitato di individui maturi, in costante declino, la specie è stata inserita (1998) nella lista rossa della IUCN (International Union for the Conservation of Nature and Natural Resources) come “Critically Endangered” (ad altissimo rischio di estinzione in natura nell’immediato futuro).

 

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