Dioscorea communis

Famiglia : Dioscoreaceae

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Testo © Eugenio Zanotti

 

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La Dioscorea communis è una erbacea perenne lianosa geofita Euri-Mediterranea © Giuseppe Mazza

Il Tàmaro (Dioscorea communis (L.) Caddick & Wilkin, (2002) ex Tamus communis L. 1753) è una geofita a distribuzione Euri-Mediterranea, con areale corrispondente alla distribuzione della vite, ovvero principalmente dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ma allargato verso nord e verso est. Il genere Dioscorea comprende oltre 600 specie distribuite nelle regioni tropicali e temperato-calde del globo, molte conosciute sotto il nome di Igname per l’importanza alimentare.

L’origine del precedente nome generico Tamus (oggi la pianta è fatta rientrare dai botanici sistematici per gli esiti di analisi morfologiche e molecolari, nel genere Dioscorea) risalirebbe al tempo dell’antica Roma: Plinio il vecchio (23-79 d.C.) ed in seguito Columella (I° secolo d.C.) indicavano con “tamìnia” una pianta rampicante o un vitigno (uva tamìna, viticella, vite nera, vite del diavolo).

Il termine specifico viene latino “communis”, e sta per comune, diffusa, conosciuta.

Invece il genere Dioscorea è dedicato a Pedanio Dioscoride Anazarbeo (da Anazarbus, città della Cilicia in Asia minore), celebre botanico, e medico-erborista di cultura greca vissuto nel primo secolo a.C.

Pianta erbacea, glabra, perenne, lianosa, con grossa e fragile radice carnoso-tuberosa sotterranea, molto profonda nel terreno, cilindrico-ovoidale (fino a 4-5 cm) ma spesso irregolare, con buccia nero-grigiastra e polpa candida all’interno, mucillagginoso-vischiosa.

Fusti cilindrici volubili, destrorsi, lisci e striati longitudinalmente, flessuosi, striscianti o rampicanti, a volte ramosi, lunghi 1-3 (4) m. Foglie alterne con picciolo di 2-10 cm munite di due ghiandole alla base, lamina di forma variabile: 3-8 (18) x 5-10 (15) cm; da astato-cuoriforme a reniforme, cordata-subtriloba; acuminata, molle, verde scuro e lucente di sopra, con 3-7 (9) nervature primarie convergenti e nervature secondarie anastomosate a rete.

Fiori piccoli, giallo-verdastri, con perigonio profondamente diviso in 6 lacinie sub-eguali, campanulato-patenti, in racemi ascellari: quelli maschili allungati (5-16 cm), isolati o in fascetti a 2-3. Racemi femminili brevi (1 cm) a 3-5.

È una specie tossica, ma preziosa per le botte © Giuseppe Mazza

È una specie tossica, ma preziosa per le botte © Giuseppe Mazza

I frutti, raccolti in ornamentali ghirlande, sono bacche sferiche (velenose) di 1 cm, permanenti fino alla stagione invernale (se non sono predate dagli uccelli che provvedono alla disseminazione su vasto raggio di questa specie) con i residui del perigonio persistenti, lucidi, inizialmente verdi, rossi scarlatti a maturità. Ogni bacca contiene (3) 6 semi globosi, di colore rosso-mattone o brunastro.

È una specie diffusa nei boschi fitti, cedui, macchie, radure, siepi, soprattutto in collina e su terreni calcarei, dal piano fino a 800 m di quota (in Sicilia fino a 1400 m).

I germogli del tamaro, che hanno spesso tonalità bronzee così come i fusti e le foglie giovani, sono raccolti in molte zone come quelli del luppolo che si distinguono soprattutto dalla sezione non cilindrica, le foglie opposte e la ruvidità (se strisciati fra le dita dal basso verso l’alto) e consumati previa bollitura.

Anche se gran parte della tossicità e parte del sapore amaro con la cottura vengono eliminati, ci sembra doveroso consigliare comunque l’uso limitato in quantità e frequenza di quest’erba, raccomandandone sempre un’adeguata bollitura.

La medicina erboristica impiega la radice raccolta in settembre-ottobre che contiene amido, ossalati di calcio e di potassio, fenantrene, batatasine I, una sostanza istamino-simile, saponine steroidee, diosgenina (molecola con struttura simile a quella del progesterone), yamogenina, vitamina C, tracce di tannini.

Il decotto, l’estratto o la tintura hanno azione antiflogistica sull’apparato urinario, diuretica, emetica, purgativa, emolitica e vulneraria. L’uso interno della pianta, del resto pressoché abbandonato, deve essere sottoposto a stretto controllo medico data la tossicità e la capacità irritante di alcuni suoi composti, mentre per uso esterno alcune preparazioni topico-revulsive possono essere impiegate, in sostituzione dei preparati a base di Arnica montana, per produrre vasodilatazione locale che favorisce la risoluzione di processi infiammatori aumentando l’afflusso di sangue, le difese fagocitarie e stimolando il sistema nervoso periferico.

Tali preparazioni (decotto e tintura di Arnica, estratto di polpa di radice di Tamaro) sono utilizzate per alleviare i dolori reumatici ed artritici, nonché nella terapia di contusioni ed ecchimosi. In Francia la pianta del tamaro è anche nota con il nome popolare di “Herbes aux femmes battues”, ovvero erba per le donne picchiate, proprio per gli usi curativi delle sue radici tuberiformi. Il contatto con la polpa delle radici o dei frutti maturi può provocare dermatiti a causa della penetrazione, in pelli delicate e sensibili, dei cristalli aghiformi di ossalato di calcio e per la presenza di istamine.

Preparazione:

Estratto idroalcolico di tamaro da applicare con compresse imbevute sulle parti ecchimotiche

Si prepara con 100 grammi di polpa triturata di radice intera (radix e cortex concisa) macerata in alcool etilico a 80 °C per 4 giorni.

Sinonimi: Tamus communis L. (1753); Tamus racemosa Gouan (1764); Tamus elephantipes L’Her. (1789); Tamus cordifolia Stokes (1812); Tamus norsa Lowe R.T. (1838); Tamus canariensis Willd. Ex Kunth (1850); Tamus smilacifolia Jullien ex Boreau (1857); Tamus communis L. subsp. cretica (L.) Nyman (1882); Tamus baccifera St.-Lag. (1889); Tamus communis L. var. smilacifolia (Jullien ex Boreau) Rouy (1912); Tamus nepalensis Jacquem. Ex Prain & Burkill (1914); Tamus edulis Lowe (2012).

 

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