Ginkgo biloba

Famiglia : Ginkgoaceae

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Testo © Eugenio Zanotti

 

Il Ginkgo (Ginkgo biloba L. 1771) è la sola specie sopravvissuta fra quella della Classe delle Ginkgoinae, risalenti fino all’Era Permiana, durante il Mesozoico (Giurassico e Cretacico), tra 50 e 270 milioni di anni fa, largamente diffuse in tutto l’Emisfero boreale, come Ginkgo digitata, Ginkgo huttonii e Ginkgo primordialis, in seguito quasi estinte e ridotte a quest’unica specie, da considerare un fossile vivente.

Fino a pochi decenni orsono non si conosceva la sua presenza allo stato spontaneo, ma recentemente sono state accertate popolazioni naturali in alcune sperdute regioni della Cina: Nanchino (capoluogo della provincia di Jiangsu), Zheijang, Anhui, nello Guizhou. Attualmente la sua distribuzione, dovuta a coltura, e talora a inselvatichimento (Francia, Germania, ecc.), comprende principalmente gran parte dell’Asia, dell’Europa e dell’America settentrionale.

Il ginkgo è un albero largamente diffuso come pianta da ornamento di parchi, giardini e viali. In Giappone i semi tostati, noti come noci bianche o pa-kwo sono consumati come frutta secca e consigliati come antielmintici, oppure freschi come contorno di piatti tipici; contengono un olio dolce dal sapore gradevole, pectine, acido citrico, glucosio.

Maestoso esemplare di Ginkgo biloba nella spettacolare veste autunnale con foglie dorate.

Maestoso esemplare di Ginkgo biloba nella spettacolare veste autunnale con foglie dorate © Giuseppe Mazza

Il nome giapponese di questa specie, traducibile in Icho (piede di papera, per la forma delle foglie) o Yin-kuo (frutto d’argento, albicocca d’argento) da cui Gingkyo, era noto a Linneo che però nella Mantissa Plantarum (1767) riporta Ginkgo a causa di un errore di stampa originato da un’errata trascrizione del nome dovuta al botanico tedesco Engelbert Kaempfer che per primo osservò la specie in Giappone nel 1712; ciò poi è stato mantenuto per le regole ferree della nomenclatura botanica.

Molti testi del passato riportano per la Ginkgo biloba il nome di Salisburia adiantifolia Smith (1797) poiché le foglie ricordano nella forma quelle del Capelvenere (Adiantum capillus-veneris).

Volgarmente è nota anche col nome di Salisbùria, Gìnko o Albero dei 40 scudi (quaranta scudi era il prezzo di vendita dei primi esemplari introdotti dall’Inghilterra in Francia).

Il nome specifico deriva dal latino “bis” e “lobus”, con riferimento alle foglie spesso divise in due lobi.

In Corea, in Manciuria, Cina ed in Giappone presso i templi, le pagode e vicino al palazzo imperiale, esistono esemplari millenari piantati dagli antichi monaci che la consideravano sacra a Buddha e, presso il tempio di Zempokuji (Tokio) a questi dedicato, esiste un esemplare di gingko con un fusto di 9 metri di circonferenza e 20 metri di altezza che risale al 1231 circa. Dopo l’esplosione dell’atomica su Hiroshima, a 800 metri dall’epicentro fu trovato un Ginkgo: il tronco era distrutto ma il ceppo produsse nuovi germogli e da questi si è originato un nuovo albero che è considerato oggi una delle meraviglie della città. Nella regione di Kyongky-do esiste un Ginkgo patriarcale che ha raggiunto i 1000 anni di età, una circonferenza di 14 metri e un’altezza di 60 metri! Alcuni testi autorevoli riportano anche segnalazioni di esemplari che avrebbero raggiunto i 4000 anni!

Il Ginkgo è un albero di seconda grandezza, alto fino a 30 (40) m , con tronco eretto, slanciato, con gemma apicale sempre in funzione che continua ad allungarsi con una velocità maggiore rispetto ai rami laterali secondari (portamento monopodiale, caratteristico di molte specie di conifere). Ramificazioni poco abbondanti, patenti con le estremità dei rami curve verso l’alto a creare una chioma conico-piramidale negli esemplari maschili o più espansa in quelli femminili, elegante.

La corteccia è chiara, grigio brunastra e quasi liscia nei giovani esemplari, poi, con l’età, si fa più grigia, scabra e solcata longitudinalmente. Il legno è di buona qualità, leggero e a grana fine, giallastro, è paragonabile a quello degli aceri, ma è più fragile; è adatto per arredamenti interni e costruzioni leggere, lavori al tornio e d’intaglio, oltre che per trarne cellulosa.

Le foglie a ventaglio di Ginkgo biloba, spesso bilobate come indica il nome scientifico, ricordano quelle del capelvenere ed hanno virtù medicinali.

Le foglie a ventaglio, spesso bilobate come indica il nome scientifico, ricordano quelle del capelvenere ed hanno virtù medicinali © Giuseppe Mazza

Foglie riunite all’apice di ridotti brachiblasti o talvolta solitarie, caduche in inverno, con un lungo picciolo di (2,5) 3-5 (7) cm e lamina di un bel colore verde brillante, consistente e coriacea, di (3) 5-7 (9) cm, a forma di ventaglio (flabellata), intera o più o meno bilobata, cuneate alla base, con nervature parallele, dicotomiche, e margine superiore spesso crenato.

Il gingko è un albero dioico con organi maschili e femminili su esemplari distinti portati all’apice di un peduncolo allungato. Quelli maschili sono disposti lungo un rachide spiciforme, esile e reclinato, i femminili su peduncoli semplici o riuniti in fascetti. Le nozze hanno luogo fra giugno e agosto. La fecondazione è anemofila, e avviene attraverso spermatozoidi (gameti maschili mobili e flagellati).

Lo pseudofrutto è peduncolato, ovoide di 2,5-3 cm, giallastro, spesso rivestito da una pruina argentea, poi giallo-rosata o più o meno bruna, dopo la maturità marcescente con odore fetido e nauseante. La polpa è ricca di acidi carbossilici, in particolare acido butirrico ed altre sostanze che possono causare irritazione alla pelle come l’acido ginkgolico e dal principio cristallino bilobolo. Seme di colore avorio a bianco-paglierino, rotondeggiante, biconvesso, del diametro variabile fra 1,5 e 2,5 cm, circondato da un involucro carnoso di origine tegumentale. È commestibile ed ha sapore che ricorda le mandorle o i pinoli. La propagazione, sebbene sia facile mettendo a dimora i semi, viene effettuata per via agamica attraverso margotte eseguite su esemplari maschili per ottenere piante del medesimo sesso, oppure per innesto.

Ginkgo biloba è una specie dioica, cioè con organi riproduttivi che crescono su piante diverse. Quelli maschili qui raffigurati spuntano in primavera insieme alle prime foglie e producono un abbondante polline affidato al vento.

Ginkgo biloba è una specie dioica, cioè con organi riproduttivi che crescono su piante diverse. Quelli maschili qui raffigurati spuntano in primavera insieme alle prime foglie e producono un abbondante polline affidato al vento © Giuseppe Mazza

Il ginkgo è una specie eliofila che predilige i terreni profondi e freschi di qualsiasi matrice litologica (preferibilmente silicei, leggermente acidi e con una buona componente sabbiosa) ma si adatta anche a situazioni meno favorevoli; è inoltre resistente ai venti, ai freddi intensi (fino a -35 °C), alle atmosfere inquinate, alla polvere, ed è pressoché immune alle avversità di origine biologica ma mal tollera le potature. È diffuso per lo più dal piano fino a 600 m di quota. È molto apprezzato per le sue caratteristiche di rusticità, la forma elegante e lo splendido color giallo-oro che le foglie assumono in autunno prima di cadere. In Europa la prima coltivazione avvenne nell’anno 1727 nel Botanic garden di Utrecht in Olanda, mentre in Inghilterra fu piantato nel 1754 nei famosi Giardini Reali Botanici di Kew un esemplare che è tuttora vivente.

È considerata una pianta ornamentale di primo merito per parchi, giardini e alberature stradali; nel tempo sono state selezionate diverse varietà ornamentali come la laciniata, variegata, pendula, fastigiata, ecc., e sono evidentemente preferiti gli esemplari maschili onde evitare la produzione di di pseudofrutti, ripetiamo, dalla polpa matura nauseabonda.

Nella medicina cinese l’impiego delle foglie per curare diverse disfunzioni dell’apparato circolatorio è noto da secoli (nei Paesi d’origine i famosi “medici scalzi” le usavano per preparare il “tanakan”, elisir medicinale adatto a curare i disturbi vascolari) e negli ultimi anni sono state rivalutate anche nei Paesi occidentali (Ginkgo folium Ph Eur); queste contengono flavonoidi (flavonoglicosidi del canferolo e della quercitina, biflavonoidi (bilobetina, ginkgetina, amentoflavone), di terpeni (ginkgolide A, B, C, M, J), il lattone sesquiterpenico bilobalide, protoantocianidine, acidi ginkgolici (irritanti per la pelle e allergogeni ma quasi assenti nell’estratto secco).

I germogli sono molto ricchi di flavonoidi. Le proprietà del fitocomplesso fogliare sono molteplici: antispasmodiche, antinfiammatorie, antiallergeniche, ipocolesterolemizzanti, antivirali, diuretiche, antitromboflebitiche, vasoregolatrici (vasodilatatrici delle arterie e vasocostrittrici delle vene), rinforzanti dei capillari sanguigni, attivatrici del metabolismo cellulare, contrastanti l’ipertrofia prostatica, attive contro le malattie bronchiali con broncospasmo, ecc.

Ricerche recenti hanno accertato che l’estratto delle foglie (GBE o Egb 761) favorisce la formazione di nuovi neuroni e nuove connessioni con l’ippocampo e ciò porta a rallentare la perdita di memoria e altri problemi analoghi legati alla demenza senile (morbo di Alzheimer e demenza vascolare), con contemporaneo rafforzamento dei vasi sanguigni e del microcircolo, della produzione di piastrine, e riduzione di radicali liberi.

Le piante femminili di Ginkgo biloba, anche se non fecondate, e questa è la grossa differenza con le piante da fiore, producono pseudofrutti simili a delle ciliegie dall’odore nauseabondo.

Le piante femminili, anche se non fecondate, e questa è la grossa differenza con le piante da fiore, producono pseudofrutti simili a delle ciliegie dall’odore nauseabondo © Giuseppe Mazza

Trovano impiego soprattutto nella terza età nel trattamento dei casi di insufficienza circolatoria cerebrale, nei sintomi della demenza con problemi di memoria e concentrazione, depressione, vertigini e acufeni, nei trattamenti di recupero dopo casi di ictus. Agiscono inoltre sul sistema venoso diminuendo la viscosità del sangue con aumento della velocità del suo flusso, potenziando anche il tono vasale. Per possibili interazioni con altri farmaci (anticoagulanti, aspirina, ticlopidina, diuretici tiazidici, pentossifillina, caffeina, trobolitici, ecc.) le terapie a base di preparati o foglie di Gingko biloba devono essere seguite dal medico.

Sinonimi: Salisburia adiantifolia Smith. (1797); Salisburia biloba (L.) Hoffmanns. (1824); Salisburia adiantifolia var. variegata Carrière (1854); Salisburia adiantifolia var. laciniata Carrière (1854); Salisburia macrophylla Reyn. (1854); Salisburia adiantifolia var. pendula Van Geert (1862); Ginkgo biloba var. variegata (Carrière) Carrière (1867); Ginkgo biloba var. pendula (Van Geert) Carrière (1867); Ginkgo biloba var. laciniata (Carrière) Carrière (1867); Ginkgo macrophylla K. Koch (1873); Ginkgo biloba fo. laciniata (Carrière) Beissn. (1887); Ginkgo biloba fo. variegata (Carrière) Beissn . (1887); Ginkgo biloba fo. aurea (J. Nelson) Beissn (1887); Ginkgo biloba fo. pendula (Van Geert) Beissn. (1887); Ginkgo biloba var. fastigiata A. Henry (1906); Ginkgo biloba var. aurea (J. Nelson) A. Henry (1906); Ginkgo biloba var. epiphylla Makino (1929); Ginkgo biloba fo. fastigiata (A.Henry) Rehder (1949); Ginkgo biloba fo. microsperma Sugim. (1977); Ginkgo biloba fo. parvifolia Sugim. (1977).