Quercus cerris

Famiglia : Fagaceae


Testo © Prof. Paolo Grossoni

 

Tronco diritto e longilineo di un Quercus cerris adulto. La corteccia ha il ritidoma profondamente fessurato in creste separate da solchi verticali e orizzontali di colore piuttosto chiaro e più o meno appiattite esternamente

Tronco diritto e longilineo di un cerro adulto. La corteccia ha il ritidoma profondamente fessurato in creste separate da solchi verticali e orizzontali di colore piuttosto chiaro e più o meno appiattite esternamente © Terrence Pickles

Inserito come “LC, Least Concern“, cioè non a rischio per il suo vasto areale nella Lista Rossa IUCN, Quercus cerris L., è noto  come cerro in italiano, “chêne chevelu” in francese, “Turkey oak” e “Austrian oak” in inglese, “Zerreiche” e “Zirneiche” in tedesco e “Roble cabelludo” o “Roble de Turquia” in spagnolo.

I Romani lo chiamavano “cerrus” distinguendolo così da “quercus”, le altre querce caducifoglie.

Nella ripartizione del genere Quercus compiuta da Denk e collaboratori nel 2017 (Tree Physiology. Vol. 7. p. 13-38. Springer) il cerro è inserito nelle Fagaceae, sezione Cerris del sottogenere omonimo e si distingue dalla sez. Quercus dell’altro sottogenere perché le piante non emettono composti organici volatili (COV), le ghiande hanno l’endocarpo glabro e, soprattutto, maturano in due anni.

La sez. Cerris è composta da 11 (13) specie del Vecchio Mondo; di queste, 8 sono presenti nell’Eurasia mediterranea, nel Nord Africa e dalla penisola iberica all’Iran.

Fra queste, Quercus cerris, Quercus ithaburensis Decne., Quercus trojana Webb e Quercus suber L. vivono anche in Europa. Per due altri taxa, Quercus crenata Lam. e Quercus gussonei (Borzì) Brullo, la collocazione sistematica è ancora oggetto di ricerche e discussioni.

Il cerro non ha la longevità delle altre querce decidue europee, raggiungendo al massimo 2-3 secoli di vita.

È un albero che può arrivare a 30-35 (40) m di altezza con diametri fino a 150 cm.

Ha un tronco slanciato e diritto che sostiene una chioma ovaleggiante piuttosto densa ma, nei boschi cedui, ha spesso un habitus policormico o arbustivo.

Nei primi 10-15 anni di vita il ritidoma è grigio scuro e liscio; dopo si fessura profondamente in placche longitudinali lunghe e strette separate da sottili solchi di colore da rosa-arancione intenso a violetto.

Il rametto dell’anno è sottile, angoloso, da grigio a olivastro, con lenticelle bianche e con una pubescenza bruno rossastra mentre i rametti laterali, più brevi sono più o meno cilindrici.

Le gemme sono inserite a spirale; quelle più apicali sembrano quasi agglomerate all’apice perché gli internodi si riducono di lunghezza.

Il tronco di un giovane Quercus cerris con il ritidoma non ancora fessurato a confronto con quello di un cerro adulto. Durante i primi 10-15 anni di vita il ritidoma è grigio scuro e, soprattutto, liscio. Questo carattere è particolarmente utile nei cedui misti di cerro e roverella perché permette agevolmente di distinguere il cerro dalla roverella (Quercus pubescens) perché quest’ultima già dal quinto-settimo anno di età inizia a fessurare il ritidoma del suo fusto.

Il tronco di un giovane cerro con il ritidoma non ancora fessurato a confronto con quello di un cerro adulto. Durante i primi 10-15 anni di vita il ritidoma è grigio scuro e, soprattutto, liscio. Questo carattere è particolarmente utile nei cedui misti di cerro e roverella perché permette agevolmente di distinguere il cerro dalla roverella (Quercus pubescens) perché quest’ultima già dal quinto-settimo anno di età inizia a fessurare il ritidoma del suo fusto © Giuseppe Mazza (a sinistra) e © Terrence Pickles (a destra).

Sono relativamente piccole, hanno forma ovoidale, sono pluriperulate, pubescenti e provviste di stipole lesiniformi, sottili e ritorte, lunghe anche fino a 20-25 mm e persistenti per tutta la stagione di crescita.

Le foglie sono decidue, semplici e penninervie, alterne e disposte a spirale, molto variabili nella forma e nelle dimensioni passando da oblanceolate a ovate o, più frequentemente, a obovate. Lunghe (5) 6-11 cm e larghe da (2) 4 a 6 cm e con un picciolo di 5-15 mm, hanno la lamina, superiormente verde scuro e più chiara di sotto, più o meno profondamente inciso-lobata con 4-7 (9) coppie di lobi laterali ineguali spesso triangolari e anche mucronati all’apice.

Un boschetto di Quercus cerris in primavera. Col risveglio verdeggiante della natura si aprono timidamente le prime gemme.

Un boschetto di cerri in primavera. Col risveglio verdeggiante della natura si aprono timidamente le prime gemme © Giuseppe Mazza

La base della foglia può essere troncata, arrotondata o, anche, subcordata; non sono infrequenti foglie prive di lobi ma dentate lungo il margine.

I cerri con foglie solo dentate vengono a volte inseriti nella varietà austriaca mentre per quelli con foglie più o meno laciniate è stata coniata la var. haliphleos.

Le foglie, rapidamente coriacee, sono superiormente scabre e ruvide al tatto per la presenza di peli stellati corti, e quindi poco flessibili.

In autunno le foglie virano al giallo o a un rosso rame; l’abscissione avviene tardivamente ma, come in Quercus pubescens Willd., nelle piante giovani e nei rami in forma giovanile le foglie restano marcescenti sulla pianta fino a primavera.

Sui semenzali le foglie rimangono verdi per tutto l’inverno.

Come durezza, il legno del cerro è paragonabile a quello delle altre querce caducifoglie europee ma ne differisce per il colore giallastro dell’alburno e bruno rosato con sfumature violacee del duramen e per la qualità.

La porosità, anulare, è marcata perché i vasi legnosi hanno pareti spesse; i raggi parenchimatici sono diritti e più fitti rispetto a quelli delle querce caducifoglie europee.

L’apparato radicale è molto robusto e ben sviluppato sia nelle radici secondarie sia nel fittone, che rimane attivo per tutta la vita dell’albero; questa disposizione favorisce la compattezza del suolo favorendo la resistenza dell’albero ai venti.

L’antesi avviene in aprile-maggio; è specie monoica con fiori e infiorescenze simili nell’aspetto a quelli delle altre specie quercine. I fiori maschili hanno 4 stami e sono sparsamente disposti su amenti lunghi 5-8 cm, penduli, cilindrici, pauciflori e inseriti prevalentemente nella parte basale del rametto dell’anno; quelli femminili, con 4 stigmi verdastri, sono singoli o riuniti in brevi spighe di 2-4 fiori all’ascella delle gemme della parte distale dello stesso rametto.

L’impollinazione è anemofila e le foglie, per non ostacolare il vento nel trasporto pollinico, crescono con un piccolo ritardo rispetto ai fiori.

Come nelle altre specie della sez. Cerris, la ghianda matura al secondo anno e, a sviluppo completato; questa posticipazione nella maturazione è una strategia adottata dalla specie per superare la siccità estiva che nelle regioni in cui vive il cerro ha un inizio ravvicinato alla stessa fioritura.

Due gemme laterali vegetative di Quercus cerris. Quella sulla parte inferiore ha già iniziato a germogliare

Due gemme laterali vegetative di Quercus cerris. Quella sulla parte inferiore ha già iniziato a germogliare © Giuseppe Mazza

La cellula uovo rinvia la meiosi al principio della primavera del secondo anno; segue subito la fecondazione e nella stagione autunnale la ghianda raggiunge la maturazione.

La ghianda matura, piuttosto massiccia, lunga (20) 30-40 (50) mm e larga 12-18 (22) mm, è di colore bruno rossastro con numerose striature longitudinali ed è mucronata.

La cupola copre da un terzo alla metà del frutto ed è rivestita di squame subulate, lunghe fino a 10 mm, bruno-scure, libere e mai appressate che, nell’insieme, ricordano una testa chiomata (da cui ‘chevelu’ nel nome comune francese).

I fiori maschili di Quercus cerris hanno 4 stami e sono sparsamente disposti su amenti lunghi 5-8 cm, penduli e cilindrici. Le antere sono quasi tutte estroflesse e il colore giallognolo evidenzia che sta iniziando la dispersione anemocora del polline.

I fiori maschili hanno 4 stami e sono sparsamente disposti su amenti di 5-8 cm, penduli e cilindrici. Le loro antere sono quasi tutte estroflesse ed il colore giallognolo evidenzia che sta iniziando la dispersione anemocora del polline © Giuseppe Mazza

La ghianda cade nello stesso autunno; non è dormiente e la germinazione, immediatamente dopo la caduta, è ipogea perché i due cotiledoni restano all’interno dei tegumenti.

Il giovane semenzale ha foglioline simili a quelle della pianta adulta ma coperte da una fitta pubescenza biancastra.

L’areale del cerro si estende dalla Sicilia e dalla penisola italiana fino al Mar Nero e, attraverso le Alpi centrali e orientali, raggiunge gli stati balcanici danubiani.

Il cerro è poi presente in tutta la Turchia, ad eccezione dei territori aridi dell’Anatolia centrale e orientale, e lungo la catena montuosa dell’Antilibano.

Il cerro è stato introdotto, anche naturalizzandosi, in altre regioni europee, in particolare in Francia (dove però è spontaneo sulle Alpi Marittime), Gran Bretagna e Ucraina.

Viene anche coltivata in altri stati extraeuropei, soprattutto Nord America, Argentina e Nuova Zelanda.

L’ottimo termico per questa specie corrisponde ad un clima ancora di tipo mediterraneo, ma relativamente più umido, più freddo e con una siccità estiva di minore durata, caratteristico delle zone di alta collina o di bassa montagna.

Questa distribuzione del cerro prevalentemente nelle tre grandi penisole del Mediterraneo centro-orientale (italiana, balcanica e anatolica) ha portato all’affermazione di tre gruppi genetici principali: occidentale (nella penisola italiana e nella parte più continentale di quella balcanica), centrale (regioni centrali e orientali della penisola balcanica) e orientale, relativo ai cerri del settore asiatico.

Pur essendo eliofilo, nei riguardi della luce il cerro è meno esigente della roverella e, da giovane, può superare la concorrenza di altre specie grazie alla sua rapidità di crescita.

Riguardo al tipo di terreno è ubiquitario tollerando anche suoli non eccessivamente argillosi ma mai troppo aridi. Tuttavia i suoli ottimali sono quelli di origine vulcanica e quelli profondi, freschi e subacidi. Si può considerare una quercia mesofila nei riguardi non solo dell’acqua ma anche delle temperature. Quercus cerris si spinge ad altitudini più elevate che, nelle zone più calde e meglio esposte, raggiungono 1.200-1.600 m s.l.m. nell’Europa continentale e 1.800-1.900 m s.l.m. sui rilievi più meridionali della catena dell’Antilibano.

Come in Quercus pubescens, anche nel cerro la dormienza invernale delle gemme è piuttosto prolungata e la pianta evita così i rischi di gelate tardive ma, essendo rispetto alla roverella più esigente in umidità del terreno, quando cresce in zone in cui la siccità estiva è precoce, il cerro può subire il disseccamento dei germogli ancora immaturi.

Quercus cerris in piena antesi. L’abbondante fioritura maschile conferisce temporaneamente una nuova colorazione all’albero.

Cerro in piena antesi. L’abbondante fioritura maschile conferisce temporaneamente una nuova colorazione all’albero © Giuseppe Mazza

Il cerro, infrequente nella regione alpina e in buona parte della Sicilia, è invece una specie forestale importante in numerosi boschi, fustaie o cedui, misti oppure puri, delle tre grandi penisole del Mediterraneo centro-orientale.

I boschi puri sono molto spesso il risultato di scelte colturali compiute nel corso dei secoli dall’uomo che hanno trasformato boschi misti di latifoglie più o meno ricchi di cerri in selve praticamente monospecifiche.

Molto frequenti e importanti sono i boschi cedui di cerro in quanto sono molto produttivi.

I boschi misti in cui il cerro rappresenta la specie dominante o una delle codominanti, coprono nelle penisole prima ricordate anche vaste superfici, il più delle volte comprendendo altre querce decidue, principalmente Quercus frainetto Ten., Quercus pubescens in Europa e Quercus libani Oliv. e Quercus ithaburensis nell’Asia occidentale.

Compatibilmente con le loro esigenze ecologiche, vi si ritrovano sia altre querce, come Quercus petraea (Matt.) Liebl., Quercus robur L., Quercus infectoria Oliv. e Quercus trojana, sia specie arboree di altri generi quali aceri (Acer campestre L., Acer monspessulanum L., Acer opalus Mill., Acer tataricum L., Acer hyrcanum Fisch. & C.A.Mey.), Carpinus betulus L. e Carpinus orientalis Mill., Castanea sativa Mill., Celtis australis L., Corylus colurna L., Fagus sylvatica L., Fraxinus ornus L., Ostrya carpinifolia Scop., Sorbus aria (L.) Crantz, , Tilia platyphyllos Scop. e Tilia tomentosa Moench, Ulmus minor Mill., ecc.

Non mancano anche conifere con diverse specie soprattutto dei generi Abies, Pinus e Juniperus.

I boschi di cerro hanno un ruolo complesso ma fondamentale nelle dinamiche naturali di conservazione dei soprassuoli forestali favorendo, grazie alle interazioni con molte specie vegetali e con numerose comunità fungine e animali che vi vivono, la qualità e la ricchezza della biodiversità e nello stesso tempo prevenendo l’erosione dei suoli.

Il legno, pesante e duro, è di difficile stagionatura perché, asciugandosi, perde molta acqua e i materiali legnosi ricavati non solo si riducono di dimensioni (‘ritiro’) ma spesso si fendono anche imbarcandosi o torcendosi.

Inoltre è poco durevole perché l’assenza di tannini lo rende facilmente attaccabile da agenti di marciume.

Amenti maschili in antesi con giovani foglie. Il nuovo germoglio non si è ancora allungato ed il lembo delle foglioline non appare disteso completamente per favorire il trasporto del polline che è affidato al vento.

Amenti maschili in antesi con giovani foglie. Il nuovo germoglio non si è ancora allungato ed il lembo delle foglioline non appare disteso completamente per favorire il trasporto del polline che è affidato al vento © Giuseppe Mazza

Veniva saltuariamente adoperato per fare doghe da botte e raggi di ruote mentre un impiego ancora relativamente in uso è la produzione di traversine ferroviarie anche se quelle in legno costituiscono ormai solo una frazione ridotta del ricavato della destinazione finale dei tronchi.

Il suo impiego più importante resta quello di legna da ardere e di produzione di carbone.

Il cerro è stato però diffuso anche al di fuori del suo areale come albero di spicco in parchi e giardini, isolato o in piccoli gruppi, per l’imponenza della pianta adulta, per la densità della sua chioma e per il viraggio autunnale verso il colore rosso o giallo delle foglie.

A questo scopo, sono state selezionate alcune varietà con valenza ornamentale per le foglie, variegate o eterocromatiche da giovani, o con forma particolare.

Fra le più impiegate vi sono ‘Variegata’, ‘Argenteovariegata’, ‘Longifolia Nana’, ‘Laciniata’, ‘Curly Head’ e ‘Wodan’.

In ambiente urbano, soprattutto nelle aree industriali, viene utilizzato per costituire alberature stradali o barriere frangivento perché è relativamente resistente agli inquinanti atmosferici e perché la pubescenza dei rametti, delle foglie e delle stipole incrementa l’azione di filtraggio e di sequestro del particolato atmosferico (comprese polveri sottili come le PM 10 e 2,5).

La sua eliofilia, la possibilità di vivere in numerosi tipi di suolo e la rapidità di crescita rendono il cerro un’ottima specie pioniera da impiegare anche per la riforestazione di aree degradate.

Tuttavia, per la sua rapidità di crescita, il cerro è una delle querce in cui le radici risentono maggiormente delle cure colturali.

Non è infatti di facile gestione nei vivai perché il fittone, che ha una crescita molto sostenuta fin dal primo anno, tende a crescere deforme se la giovane pianta viene tenuta in vaso, oppure viene eliminato durante i trapianti se essa è allevata in terra.

Sono numerose le preparazioni medicinali ottenute da varie parti della pianta del cerro.

In particolare la corteccia dei rami giovani, le foglie e le ghiande sono ricche in fenoli, come l’acido gallico, polifenoli, come i tannini, e flavonoidi, come la quercitina e, a seconda dei casi, i loro estratti hanno proprietà analgesiche, antinfiammatorie, febbrifughe, emostatiche, decongestionanti oppure tonificanti.

Un fiore femminile di Quercus cerris. Come in tutte le querce è inserito su una breve spiga che qui porta un unico fiore. La brattea si trasformerà poi nella cupola della ghianda. Da notare la pelosità del rametto, poco visibile ma percepibile al tatto.

Un fiore femminile. Come in tutte le querce è inserito su una breve spiga che qui porta un unico fiore. La brattea si trasformerà poi nella cupola della ghianda. Da notare la pelosità del rametto, poco visibile ma percepibile al tatto © Graziano Propetto

Malgrado il sapore amaro, per la panificazione, un tempo le famiglie indigenti usavano anche le sue ghiande macinate e attualmente si sta assistendo invece ad un nuovo interesse farmacologico per i polifenoli contenuti.

Per la sua importanza, soprattutto lungo la penisola italiana sono frequenti i toponimi che fanno diretto riferimento al cerro.

Le ghiande del cerro sono poco apprezzate dai suini perché sono amare; i mammiferi, domestici e selvatici, utilizzano invece molte delle piante erbacee e arbustive che crescono all’ombra dei cerri.

All’arrivo della stagione autunnale le cerrete sono generalmente buoni produttori di porcini (Boletus edulis) ma questa quercia ha notevole interesse anche per la tartuficoltura perché il tartufo bianco (Tuber magnatum Pico), quello nero (Tuber melanosporum Vittad.) e lo ‘scorzone’ o tartufo estivo (Tuber aestivum (Wulfen) Spreng.) si accrescono in associazioni ectomicorriziche con le sue radici.

Solo in ambienti con elevata umidità atmosferica il cerro è affetto dal mal bianco (Erysiphe alphitoides) e questa quercia dimostra anche una buona resistenza nei confronti degli agenti della carie del legno e, soprattutto, del marciume radicale che spesso compromettono le altre querce.

Anche gli insetti defogliatori non causano di norma danni gravi in quanto le foglie, coriacee e ricche di tannini, non sono particolarmente appetite. Giovani rametti, gemme, foglie e infiorescenze del cerro sono obiettivi di diverse vespule (cinipidi, soprattutto Andricus quercuscalicis) che vi depongono le loro uova causando così lo sviluppo di galle anche di grandi dimensioni. L’introduzione del cerro nell’arcipelago britannico ha determinato la diffusione di questo insetto sulle farnie inglesi.

A parte le già citate varietà ornamentali, che però non hanno valore tassonomico, Quercus cerris viene da diversi botanici ancora ritenuto suddivisibile in quattro varietà tassonomiche: var. tournefortii O. Schwarz, var. pseudocerris Bois., var. austriaca Loud. e var. haliphleos Lam. et DC.

Ghiandine del primo anno su un esemplare di Quercus cerris ‘Longifolia Nova’. Fra impollinazione e meiosi della cellula uovo intercorre oltre un anno.

Ghiandine del primo anno su un esemplare di Quercus cerris ‘Longifolia Nova’. Fra impollinazione e meiosi della cellula uovo intercorre oltre un anno © Giuseppe Mazza

Come per molte altre specie con un elevato polimorfismo, anche per Quercus cerris sono stati coniati numerosi binomi oggi conservati in parte come sinonimi. «The Plant List, World Flora Online» ne riporta 27 mentre «The Euro+Med PlantBase» ne cita 45.

È da tenere presente che alcuni di questi taxa sono poi stati trasferiti a Quercus crenata. Oltre ai binomi relativi alle quattro varietà ora citate sono stati impiegati come sinonimi; fra gli altri si possono ricordare Quercus asplenifolia, Quercus austriaca, Quercus crispa, Quercus crinita, Quercus frondosa e Quercus thracica.

Qualche anno fa, nel Salento, è stato rinvenuto un alberello policormico con foglie intermedie fra quelle del cerro (lobate) e quelle della quercia spinosa (Quercus coccifera L.); questo esemplare è stato denominato Quercus × caroppoi Medagli, Turco, Albano e Accogli ma non è ancora stato validato dal momento che, per ora, è conosciuto solo questo esemplare.

Ghianda del secondo anno ancora in sviluppo. Il breve mucrone all’apice del frutto è formato dai residui degli stili.

Ghianda del secondo anno ancora in sviluppo. Il breve mucrone all’apice del frutto è formato dai residui degli stili © Gabriele Prestifilippo

Alcuni decenni fa è stato proposto il binomio Quercus gussonei (Borzì) Brullo per le popolazioni di ‘cerro’ della fascia supra-mediterranea dei Monti Nebrodi e del Bosco della Ficuzza (Sicilia). Si tratterebbe di una specie, che a suo tempo Giovanni Gussone (1787-1866) aveva segnalato come varietà, che si distingue dal cerro perché più termofila e per le foglie e le ghiande più grandi.

Sono diversi gli ibridi, riconosciuti o proposti, fra il cerro e altre querce: Quercus × crenata Lam. (con Quercus suber; suoi sinonimi, ancora in uso, sono Quercus × hispanica Lam., Quercus × pseudosuber Santi e Quercus × fontanesii Guss.), Quercus × libanerris Boom (con Quercus libani Oliv.), Quercus × schneideri Viehr. (con Quercus trojana), Quercus × baenitzii A.Camus (con Quercus pubescens), Quercus × kewensis Osborn (con Quercus wislizenii A.DC., una quercia californiana del subgen. Quercus, sez. Lobatae).

Ghiande di Quercus cerris a maturità. La cupola reca le caratteristiche squame subulate e pubescenti, lunghe fino a una decina di millimetri e soprattutto libere e mai appressate.

Ghiande a maturità. La cupola reca le caratteristiche squame subulate e pubescenti, lunghe fino a una decina di millimetri e soprattutto libere e mai appressate © Ignacio Pomar Gomá

Per l’Anatolia vengono riportate anche possibili forme ibride con altre querce quali Quercus brantii Lindl., Quercus infectoria e Quercus ithaburensis, che però non sono state attestate.

Fra questi ibridi, il più conosciuto, diffuso e anche maggiormente utilizzato è senza dubbio Quercus × crenata, ibrido naturale fra cerro e sughera, che è presente, anche se non frequente, dalla Francia SE alla Croazia NW, per il quale diversi botanici ne hanno proposto il rango di specie (Quercus crenata) con il nome comune di ‘cerrosughera’ (I), ‘chêne crevelé’ (F), ‘Spanish oak’ (GB), ‘falsche Korkeiche (D). È un albero che alla ripresa vegetativa sostituisce completamente il suo fogliame e che può raggiungere 20 (30) m di altezza con un portamento molto bello e proporzionato e, per questo motivo, è impiegato come pianta ornamentale soprattutto isolata.

Maestoso portamento in un esemplare di Quercus cerris ‘Longifolia Nova’.

Maestoso portamento in un esemplare di Quercus cerris ‘Longifolia Nova’ © Giuseppe Mazza

Gli ibridi antropici fra cerro e sughera vengono generalmente inseriti nel taxon Quercus × hispanica Lam. per sottolineare la loro origine recente e soprattutto artificiale; essi non costituiscono un singolo clone dal momento che sono diversi gli esemplari sia ibridatisi spontaneamente sia quelli ottenuti dall’uomo.

La roverella, oltre che con la rovere e con la farnia, a prima vista può venire confusa con il cerro soprattutto quando le due specie condividono lo stesso ambiente. Le principali differenze fra le due specie sono:

– corteccia del tronco: in Quercus pubescens è grigio brunastra e liscia fin verso i 5-7 anni quando inizia a fessurarsi in solchi longitudinali e trasversali che delimitano scaglie molto dure, a profilo trapezoidale, allungate e più alte che larghe. In Quercus cerris è grigio scura e liscia ed inizia a fessurarsi verso i 10-15 anni in placche longitudinali lunghe e strette separate da sottili solchi di colore da rosa-arancione intenso a violetto.

– ramo dell’anno: in Quercus pubescens è cilindrico e coperto da una fitta pubescenza da bianca a grigia. In Quercus cerris è angoloso e coperto da una pubescenza bruno rossastra.

– gemme: in Quercus pubescens, lunghe fino a 9-12(15) mm, sono grigie e pubescenti soprattutto lungo i margini delle perule, le stipole non sono persistenti.

In Quercus cerris sono più piccole, con una pubescenza rossiccia e con stipole persistenti, a loro volta pubescenti, lesiniformi, sottili e ritorte, lunghe fino a 20-25 mm.

– foglie: in Quercus pubescens sono da ovato-allungate a molto larghe nella parte centrale e brevemente cuneate o cordate alla base; sono lunghe (3) 5-10 cm, con 5-6 lobi interi o anche sublobati, più o meno ottusi all’apice; sono fittamente pubescenti da giovani, grigie e lisce al tatto. In Quercus cerris sono da oblanceolate a ovate o, più frequentemente, obovate; sono lunghe (5) 6-11 cm e larghe da (2) 4 a 6 cm con lamina, verde scuro e scabra al tatto superiormente e più chiara di sotto, più o meno profondamente inciso-lobata da 4-7 (9) coppie di lobi laterali ineguali spesso triangolari e anche mucronati all’apice; la base della lamina può essere troncata, arrotondata o, anche, subcordata; non sono infrequenti foglie non lobate ma dentate lungo il margine.

– ghiande: in Quercus pubescens sono a maturazione annuale; hanno una cupola ricoperta da squamette grigiastre molto pubescenti, triangolari, appressate anche all’apice e superanti il bordo della cupola stessa.

Suggestiva ramificazione di un Quercus cerris ‘Laciniata’ cresciuto liberamente in un parco, senza costrizioni.

Suggestiva ramificazione di un Quercus cerris ‘Laciniata’ cresciuto liberamente in un parco, senza costrizioni © Giuseppe Mazza

In Quercus cerris sono a maturazione biennale; la cupola è molto particolare perché è rivestita da squame subulate, lunghe fino a 10 mm, bruno-scure, libere e mai appressate, che, nell’insieme ricordano una testa chiomata.

Fra le querce endemiche del Medio Oriente considerate più o meno affini al cerro vi sono, da occidente ad oriente, Quercus trojana, presente nell’Italia sud-orientale, nel Mediterraneo orientale e in alcune zone dell’Anatolia occidentale, Quercus ithaburensis, dalla penisola salentina a quella balcanica sud-orientale e dall’Anatolia fino al Sinai, Quercus look Kotschy, in Siria, Libano e nel nord di Israele, Quercus libani e Quercus brantii Lindl., dalla Turchia orientale all’Iran sud-occidentale e Quercus castaneifolia C.A. Mey., dalla regione caucasica all’Iran settentrionale.

Se si considerano specie, sono da tenere presenti anche Quercus crenata e Quercus gussonei.

Quest’ultima è un endemismo della Sicilia settentrionale; si differenzia dal cerro perché è più termofilo e perché ha foglie più ampie e con margine meno profondamente inciso, e ghiande più grandi.

La sua posizione sistematica è però ancora oggi oggetto di ricerche e di discussioni per poter definire se il taxon sia da valutare come specie (Quercus gussonei (Borzì) Brullo) o come varietà (Quercus cerris var. gussonei Borzì).

L’eventuale legittimità del binomio Quercus gussonei convalida anche il riconoscimento di Quercus × fontanesii Guss. come ibrido naturale siciliano fra Quercus gussonei e Quercus suber.

 

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