Conium maculatum

Famiglia : Apiaceae

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Testo © Prof. Giorgio Venturini

 

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Il Conium maculatum è una pianta erbacea biennale che raggiunge i 2 m d'altezza © G. Mazza

Con il termine “cicuta” si indicano in realtà, oltre che la Cicuta maggiore o Cicuta maculata (Conium maculatum L. 1753), anche altre due specie di Apiacee velenose: Cicuta virosa (Cicuta d’acqua) e Aethusa cynapium (Cicuta minore o cicuta aglina).

Il termine “conium” deriva dal Greco “coneion” (κωνειον), che indica la cicuta, forse legato al termine “konas” (κωνας), vertigine. Il nome specifico maculatum (latino per maculato) è relativo alle maculazioni presenti sul fusto.

I Romani per questa pianta usavano il nome di Cicuta, mentre nel medioevo, in Europa settentrionale, con questo nome si indicava l’altra apiacea velenosa, Cicuta virosa, che non esiste nel meridione (in Italia è presente soltanto in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto).

Linneo per evitare confusioni, ripropose il nome greco “conium” per la Cicuta maggiore. Il genere Conium comprende anche la specie africana Conium chaerophylloides.

Morfologia

È una pianta erbacea biennale, imponente, caratteristica per l’odore penetrante e sgradevole, che viene descritto come simile all’urina di gatto, evidente soprattutto quando viene spezzata.

Nel primo anno in genere produce soltanto foglie. Il fusto eretto, che in genere compare al secondo anno, è alto fino a oltre due metri, cavo, striato in superficie e con numerose macchie o striature rosso-bruno, in genere ramificato soprattutto in alto.

Le foglie sono alterne, grandi fino a circa 50 cm, composte, con lembo a contorno triangolare, fortemente suddiviso (tripennatosetto), a margine dentellato, con un picciolo robusto simile al fusto, dilatato alla base in modo da inguainare il fusto.

I fiori compaiono al secondo anno in grandi ombrelle composte da numerose (10-20) ombrellette. Calice a cinque sepali saldati alla base. Corolla a cinque petali bianchi, ovali. Il frutto, di 2-3 mm, è globoso, con costole evidenti ondulate.

Habitat e distribuzione

Pianta di origine euroasiatica, cresce in tutta Italia, dal livello del mare fino a circa 1800 m. Predilige luoghi erbosi, ombrosi e ruderi, spesso in prossimità di corsi d’acqua, in terreni ricchi di azoto (nitrofila). La cicuta è acclimatata anche nell’America settentrionale, dove è considerata specie invasiva. La fioritura è da aprile ad agosto.

Tossicità

La cicuta è spesso considerata la pianta velenosa per eccellenza. In realtà tutta la pianta contiene degli alcaloidi tossici, il principale dei quali è la coniina. Il contenuto è massimo nei frutti, che possono contenere fino a 2 g di alcaloide per 100 g, e minimo nel fusto e nelle radici. La dose letale per l’uomo è di pochi grammi di frutti.

La cicuta è tossica anche per il bestiame, che spesso la rifiuta anche se si verificano non raramente casi di intossicazioni gravi. La pianta non è tossica per molti uccelli. È stato notato che, per motivi non conosciuti, gli animali che si sono intossicati con cituta, se sopravvivono, spesso tendono a consumarla nuovamente. Negli animali da pascolo che hanno ingerito cicuta le tossine possono passare nel latte, con potenziale pericolo.

Tipico è il fusto con macchie rosso ruggine e piccioli inguainanti alla base © G. Venturini

Tipico è il fusto con macchie rosso ruggine e piccioli inguainanti alla base © G. Venturini

La cicuta è teratogena per il bestiame: le femmine gravide che se ne sono nutrite sono esposte a partorire prole malformata, in particolare con palatoschisi (fenditura del palato) e contratture muscolari congenite. La coniina svolge la sua principale azione tossica sul sistema nervoso, agendo in particolare sulle sinapsi neuro-muscolari. L’alcaloide si lega ai recettori per la acetilcolina, il neurotrasmettitore attivo in queste sinapsi, e li blocca, impedendo quindi la stimolazione delle fibre muscolari e provocando una paralisi flaccida. L’effetto principale è quello sui muscoli della respirazione e quindi il risultato è quello di una paralisi respiratoria potenzialmente mortale. La azione è quindi simile a quella esercitata dal curaro.

I sintomi dell’intossicazione si manifestano inizialmente come arsura della bocca, difficoltà di deglutizione, nausea e debolezza degli arti, vomito, tremori, respiro accelerato, tachicardia, perdita di urine e convulsioni. Con dosi elevate compare paralisi muscolare ed eventualmente morte per arresto respiratorio e conseguente asfissia. La persona intossicata rimane cosciente. Più recentemente è stato osservato che nelle intossicazioni da cicuta insorgono anche gravi danni muscolari, con distruzione delle fibre muscolari (rabdomiolisi) e gravi lesioni renali, tali da portare alla insufficienza renale. La coniina può anche essere assorbita attraverso la pelle.

Il trattamento delle intossicazioni da cicuta

Il trattamento è solo quello sintomatico, non essendo noti antidoti. Se insorgono i sintomi di paralisi è indispensabile provvedere alla respirazione artificiale, che può prevenire la morte per asfissia. La tossicità della Cicuta virosa è dovuta ad una sostanza diversa, la cicutossina, una neurotossina che agisce sui recettori per il neurotrasmettitore GABA (acido gamma ammino butirrico), diversamente quindi dalla coniina.

Cause di intossicazione

L’intossicazione da cicuta può essere dovuta alla ingestione di parti della pianta, erroneamente scambiata per altra specie commestibile (foglie scambiate per prezzemolo, semi per anice), anche se l’odore disgustoso limita l’uso commestibile della pianta cruda.

Si dice che l’essiccamento o la cottura diminuiscano la tossicità, ma questo non corrisponde al vero. Alcuni casi di avvelenamento si sono verificati in bambini che avevano costruito delle cerbottane o dei fischietti con il gambo cavo della pianta.

Un tipo particolare di intossicazione, detto coturnismo (Coturnix è il nome latino della quaglia Coturnix coturnix), consegue invece alla ingestione di uccelli che si sono nutriti di cicuta. Quaglie, allodole, tordi o altri uccelli , cacciati in primavera, possono essersi nutriti di frutti o germogli di cicuta, e il veleno, cui non sono sensibili, si accumula negli organi interni.

Questo avviene in particolare se non si eliminano parti come il ventriglio degli uccelli. In Italia si sono verificati diversi casi soprattutto negli anni ’80. I sintomi consistono in debolezza muscolare, dolore alle estremità, nausea e vomito, accompagnati da danni muscolari (rabdomiolisi, cioè distruzione delle fibre muscolari) e danni renali fino alla insufficienza renale. La morte può sopraggiungere per paralisi respiratoria. Recentemente è stato isolato un nuovo alcaloide dalla cicuta, la conmaculatina, dotato di attività antidolorifica ma fortemente tossico.

Le foglie misurano anche 50 cm. Hanno un odore penetrante, sgradevole, che ricorda l'urina di gatto © G. Venturini

Le foglie misurano anche 50 cm. Hanno un odore penetrante, sgradevole, che ricorda l'urina di gatto © G. Venturini

Studi storici e archeologici hanno dimostrato che, alla metà del tredicesimo secolo, due giovani sono stati mortalmente avvelenati dalle esalazioni emesse da incenso contaminato da cicuta durante una cerimonia religiosa.

Usi medici

La cicuta è stata usata fin dall’antichità come sedativo e antispastico. I medici dell’antica Grecia la consigliavano per diverse affezioni, tra cui l’artrite.

I Romani usavano la cicuta a scopi medici per malattie della pelle o del fegato e del sistema nervoso, oltre che per il cancro e per eccessiva libidine sessuale.

Nel medioevo una mistura di cicuta, betonica Stachys officinalis e semi di finocchio era considerata come un cura per il morso dei cani idrofobi. Vista la sua azione inibitrice sulla contrazione muscolare la cicuta è stata indicata come rimedio per casi di epilessia e spasmi muscolari. È stato anche suggerito il suo uso come trattamento per la scrofola (adenite tubercolare). Castore Durante, nel ‘500, contro le fantasie erotiche consiglia di applicare ai testicoli un impiastro a base di foglie di cicuta. In passato è stata utilizzata come antidoto per l’avvelenamento da stricnina o nel trattamento del tetano. Il basso intervallo terapeutico, cioè la scarsa differenza tra dosi terapeutiche e dosi tossiche, ha portato al graduale disuso. Nella medicina omeopatica preparati di cicuta vengono suggeriti per il trattamento di patologie diverse, come vertigini, mal di testa, problemi agli occhi, problemi mestruali o urinari e sessuali, ipertrofia prostatica, cisti, cancro o problemi nervosi.

Storia

Gli antichi Greci usavano la cicuta come veleno per le esecuzioni capitali di criminali. Platone, nel Fedone, descrive gli ultimi momenti di Socrate, condannato a bere la cicuta per aver corrotto i giovani e per aver trascurato gli dei.

“Tu, brav’uomo, che sei pratico di queste cose, cos’è, allora, che bisogna fare?” Chiede Socrate all’uomo che ha portato la ciotola con la cicuta. E quello, porgendo la ciotola: “Nient’altro che bere e poi passeggiare un po’ per la stanza finché non ti senti le gambe pesanti; poi ti metti disteso e così farà il suo effetto.” Socrate la vuotò tutto d’un fiato … andò un po’ su e giù per la stanza, poi disse che si sentiva le gambe farsi pesanti e così si stese come gli aveva detto l’uomo del veleno il quale, intanto, toccandolo gli esaminava le gambe e i piedi e a un tratto, premette forte un piede chiedendogli se gli facesse male. Socrate rispose di no. Dopo un po’ quello gli toccò le gambe, e poi, risalendo man mano, sempre più in su, facendo vedere come si raffreddava e si andava irrigidendo. Poi, continuando a toccarlo: “Quando gli giungerà al cuore,” disse, “allora, sarà finita.” Egli era già freddo fino all’addome… e queste furono le sue ultime parole: “Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo, non ve ne dimenticate.”. Dopo un po’ ebbe un sussulto. L’uomo lo scoprì: aveva gli occhi fissi. Vedendolo, Critone gli chiuse le labbra e gli occhi.

I fiori, a 5 petali, sbocciano nel secondo anno di vita, riuniti in grandi ombrelle composte. Tutta la pianta è velenosa, specialmente i frutti globosi, di 2-3 mm, con evidente costolatura ondulata © Giorgio Venturini

I fiori, a 5 petali, sbocciano nel secondo anno di vita, riuniti in grandi ombrelle composte. Tutta la pianta è velenosa, specialmente i frutti globosi, di 2-3 mm, con evidente costolatura ondulata © Giorgio Venturini

I sintomi descritti da Platone non corrispondono a quelli di un avvele- namento da cicuta: è possibile che la pozione usata per le esecuzione capitali contenesse una miscela di diversi veleni, ma soprattutto dobbiamo considerare che Platone non era presente alla morte del suo maestro e soprattutto che per lui, suo allievo, la fine di un filosofo saggio e amato come Socrate non poteva avvenire se non in modo composto e dignitoso. La frase del gallo per Asclepio divide i commentatori, che hanno dato le interpretazioni più disparate.

Meno celebre, ma molto interessante, è il caso della condanna a morte per cicuta di Focione (318 a.C.), uomo politico e militare Ateniese. (Focione era detto “il buono” ed era noto per la sua onestà, lo avranno condannato per questo?). Plutarco riferisce che la dose di cicuta preparata risultò insufficiente, ma il boia rifiutò di prepararne altra, se non dietro pagamento di 12 dracme. Focione stesso dovette pagare, chiedendo i soldi ai suoi amici (si stima che il valore di una dracma fosse pari alla paga giornaliera di un operaio, quindi si è trattato di una esecuzione un po’ costosa).

Seneca, lo scrittore e filosofo precettore di Nerone, accusato di aver partecipato a una congiura contro l’Imperatore, ricevette l’ordine di togliersi la vita. Si tagliò le vene, prima dei polsi e poi delle gambe, ma visto che il sangue non sgorgava a sufficienza, ingerì della cicuta. Non contento si immerse in una vasca di acqua calda per facilitare il flusso di sangue e infine, a quanto sembra, morì soffocato dai vapori. È stato anche sostenuto, in un libro di autore anonimo pubblicato a Torino nel 1870, che Cavour sia morto per avvelenamento da cicuta, a seguito di un complotto organizzato da Napoleone III.

Leggende e Letteratura

Una antica leggenda inglese narra che le macchie presenti sul fusto della cicuta rappresentino il marchio posto sulla fronte di Caino dopo l’assasinio del fratello Abele. Considerata pianta magica, la cicuta era associata alla magia nera. Shakespare cita la cicuta nel King Lear e, nel Macbeth, fornisce la ricetta del filtro magico preparato dalle streghe:

“…. Scaglia di drago, dente di lupo, Mummia di strega,Ventricolo e stomaco del gonfio squalo marino , Radice di cicuta strappata nel buio, Fegato di Ebreo bestemmiatore…. Raffreddate con sangue di babbuino: Così l’incantesimo sarà pronto e sicuro.”

Sinonimi: Cicuta major Lam. (1778); Cicuta officinalis Crantz (1767); Conium ceretanum Sennen (1927); Conium cicuta (Crantz) Neck. (1768); Conium croaticum Waldst. & Kit. ex Willd. (1809); Conium divaricatum Boiss. & Orph. (1856); Conium leiocarpum (Boiss.) Stapf (1886); Conium maculosum Pall. (1771); Conium nodosum Fisch. ex Steud. (1821); Conium pyrenaicum Sennen & Elias (1928); Conium sibiricum Steud. (1840); Conium strictum Tratt. (1811); Conium tenuifolium Mill. (1768); Coriandrum cicuta Crantz (1762); Coriandrum maculatum (L.) Roth (1788); Selinum conium (Vest) E.L. Krause (1904); Sium conium Vest (1806).

 

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