Crataegus monogyna

Famiglia : Rosaceae

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Testo © Eugenio Zanotti

 

Il biancospino comune (Crataegus monogyna Jacq., 1775) detto anche Biancospino monogino, Azaruolo selvatico o Spino bianco, è una bellissima specie, soprattutto nel periodo della fioritura e della maturazione dei frutti, a distribuzione paleotemperata: Europa occidentale, centrale e meridionale, Medio Oriente e Nord Africa.

Il genere Crataegus forse coniato dal grande scienziato greco Teofrasto, prende nome dal termine greco “kratos”, forza, per la durezza del legno, la tenacia di questo genere di piante e la loro longevità e da “àigon”, delle capre, ovvero che dà forza alle capre.

Gli antichi Greci indicavano con questo nome l’azzeruolo (Crataegus azarolus L.,1753). Il nome della specie monogyna, significa: “con un solo pistillo”, dal greco “monos”, uno e “gynè”, femmina. Il genere comprende oltre 200 specie distribuite nell’emisfero boreale, segna- tamente nell’America settentrionale.

L’areale del Crataegus monogyna in Europa si estende dalla Penisola Iberica all’Inghilterra, alla Scandinavia, alla Grecia, fino al confine con l’Asia minore. Dal piano sale fino a 1200 m. di quota, raggiungendo, nelle regioni più calde anche i 1500 m.s.l. Abita cespuglieti, macchie, siepi, boschi xerofili degradati, boschi aperti termofili e submesofili, boscaglie ripariali.

Crataegus monogyna, Rosaceae, Biancospino

Il Crataegus monogyna raggiunge i 6 m d’altezza. Numerose proprietà medicinali © Giuseppe Mazza

Meriterebbe certo maggior diffusione, come altre piante spontanee, nei nostri giardini in sostituzione di molte specie esotiche del tutto avulse dal nostro paesaggio. Nel linguaggio dei fiori il biancospino è il simbolo della prudenza, ma nell’antica Grecia e Roma era auspicio di speranza, matrimonio e fertilità.

Il biancospino è arbusto o alberello deciduo, spinoso, alto fino a 5-6 m, con chioma espansa ed intricata; rami forti e tortuosi; spine forti, lunghe, derivate dall’apice di rametti. Gemme da globose ad angolose, spesso situate all’apice di brachiblasti.

Foglie caduche, picciolate, alterne (o sub-opposte), a lamina coriacea lunga 3-5 cm, più chiara di sotto, obovato-romboidale, più o meno profondamente lobata, a 3-5 (7) lobi a margine sinuoso-crenato o grossolanamente dentato fatta esclusione per la parte inferiore. Infiorescenze in corimbi con peduncoli dritti, verdi.

La fioritura avviene da fine marzo a maggio. Corolla con 5 petali subrotondi, bianchi, con odore poco gradevole che ricorda le aringhe (probabilmente l’odore attira insetti necrofili e assicura l’impollinazione). Il frutto è un pomo ovale o globoso, di 6-9 mm, rosso corallo, con polpa farinosa di sapore appena dolciastro, e un solo seme giallo. Alcuni esemplari di biancospino sono celebri e vengono riportati dalla letteratura come quello della contea di Norfolk in Inghilterra, o quello di Bouquetot in Francia, che hanno superato i cinque secoli e il diametro di 2 m.

Il suo legno è pregiato: di colore chiaro, con sfumature giallo-rosate, compatto, duro, di grana finissima e ricercato dai tornitori ed ebanisti. Le ramaglie hanno un alto potere calorifico e sono ricercate per i forni da pane. Dal punto di vista forestale-naturalistico il biancospino è una specie utile ad arricchire il sottobosco e a formare siepi nutrendo nel contempo la fauna selvatica con i suoi frutti (commestibili anche da parte dell’uomo e ricchi di vitamina C) durante l’inverno e ospita svariate specie di insetti con i vistosi lepidotteri Aporia crataegi, Iphiclides podalirius ed Eudia pavonia.

Molto simile al Biancospino comune è il Biancospino selvatico (Crataegus laevigata Poiret DC, 1825, noto anche come Crataegus oxyacantha L, 1753 e col sinonimo di Crataegus oxyacanthoides Thuill, 1779), con areale Centroeuropeo (subatlantico), specie più ombrofila frequente nei querceti e boschi chiusi, che si distingue per avere 2-3 stili e 2-3 semi, lamina fogliare con solo 1-2 incisioni poco profonde e lobi dentellati tutt’attorno. Frequenti sono anche gli ibridi fra le due specie (Crataegus × media).

Crataegus monogyna, Rosaceae, Biancospino

A differenza del Crataegus oxyacantha i frutti recano un sol seme © Giuseppe Mazza

Il biancospino si moltiplica soprattutto per seme, opportunamente trattato per accelerarne la germinazione (in natura tale operazione è garantita dal tubo digerente degli uccelli che si nutrono della polpa ed espellono i seme con le feci diffondendo la specie).

Per gli usi erboristici principalmente si colgono i fiori all’inizio della fioritura (periodo balsamico) ma sono impiegati anche la corteccia ed i frutti.

I principali costituenti chimici dei fiori sono i flavonoidi (rutina, iperoside, vitexina-ramnoside) e le correlate proantocianidine. I glicosidi del flavonolo presenti nelle infiorescenze sono principalmente rappresentati da rutina, iperoside e spireoside.

I principali derivati flavonoidici presenti nelle foglie sono invece la epi-catechina e/o la catechina e relative procianidine.

È stata accertata anche la presenza di acidi fenolici semplici (p.e., gli acidi clorogenico e caffeico).

Nei costituenti non fenolici vi sono composti caratteristici come i triterpeni pentaciclici (p.e., gli acidi oleanolico e ursolico) e il 2-idrossi derivato dell’acido oleanolico ovvero l’acido crategolico.

Tali principi attivi conferiscono ai preparati di questa specie proprietà cardiotoniche, cardiosedative, vasodilatatrici periferiche e coronariche, equilibranti cardiache, ipotensive, antispasmodiche (i fiori) e febbrifughe (la corteccia).

In fitoterapia si impiegano preparati a base di fiori nei disturbi di ipotensione e ipertensione, nelle nevrosi cardiache, nelle palpitazioni e nell’angoscia derivate dalla menopausa, insonnia, emotività, stress, squilibri neurovegetativi, arteriosclerosi, insufficienza coronarica e angina pectoris. La loro azione è altresì utile in vari disturbi nervosi e nelle vertigini. L’estratto di Biancospino o il decotto sono antibatterici contro Shigella flexneri, Shigella sonneni, Proteus vulgaris e Escherichia coli.

Suggeriamo due semplici preparazioni quali il Miele sedativo del cuore nelle palpitazioni e negli stati angosciosi della menopausa, negli squilibri neurovegetativi: la punta di un coltello di fiori polverizzati e mescolati con un cucchiaino di miele millefiori. Consumare tre volte al giorno. Un infuso per favorire il sonno si prepara con un cucchiaino colmo di fiori in una tazza di acqua. Lasciare infondere un quarto d’ora, per i bambini aggiungere un po’ di miele, per gli adulti un cucchiaio di grappa o brandy, bere prima di andare a letto.

Basionimo: Mespilus monogyna (Jacq.) All. Fl. Pedem. 2: 141 (1785).

Sinonimi: Crataegus triloba Poir. (1789); Crataegus insegnae (Tineo ex Guss.) Bertol. (1850-51); Crataegus azarella (Griseb.) Franco (1968).

 

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