Luscinia megarhynchos

Famiglia : Muscicapidae

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Testo © Dr. Gianfranco Colombo

 

Luscinia megarhynchos, Muscicapidae, Usignolo

Pronto a nascondersi nei boschi, anche se in città non teme l’uomo, l’Usignolo (Luscinia megarhynchos) ha un areale di nidificazione molto vasto: l’Europa continentale, parte dell’Asia centrale e le coste nord occidentali dell’Africa © Luigi Sebastiani

Narra la leggenda che l’usignolo cantasse solo di giorno e la notte riposasse infrascato tra i cespugli di caprifoglio ed i pampini della vite.

Poi una notte, assopito più del solito, un viticcio si avvinghiò ai suoi piedi intrappolandolo ed impedendogli di involarsi all’arrivo del nuovo giorno.

Fu così che per mantenere la propria libertà, l’usignolo imparò a cantare durante la notte, per tutta la durata dell’oscurità, evitando accuratamente di prender sonno.

Per la verità leggende su questo uccello ve ne sono moltissime ed ogni regione dell’ampio areale occupato da questa specie, vanta una propria favola legata vuoi a tradizioni religiose o a leggende collegate all’agricoltura oppure a storie di amori impossibili ma comunque sempre strettamente connesse alla sua melodiosa attività ed agli strani orari in cui la svolge.

Tralasciando naturalmente gli uccelli notturni che fanno dell’oscurità il loro mondo, sono pochi gli uccelli diurni che cantano la notte e tantomeno in un modo così melodioso come fa l’Usignolo.

Solo la Quaglia (Coturnix coturnix), il Cuculo (Cuculus canorus), il Pettirosso (Erithacus rubecula) ed occasionalmente alcuni Acrocefali (Acrocephalus spp.) e qualche Zigolo (Emberiza spp.) lo imitano, ma senza raggiungere la melodiosità e l’enfasi che rende famoso questo uccello.

L’Usignolo (Luscinia megarhynchos Brehm, 1831) appartiene all’ordine dei Passeriformes ed alla famiglia dei Muscicapidae ed è uno degli uccelli più noti nel nostro paleartico, anche se per la sua riservatezza e la livrea alquanto dimessa, è praticamente conosciuto solo dagli ornitologi.

Una volta assegnato alla famiglia dei Turdidi, è oggi collocato in quella dei pigliamosche appunto i Muscicapidi.

Il nome comune di Usignolo è stato usato per indicare altre specie di uccelli, spesso non appartenenti alla medesima famiglia, che hanno nel canto od in alcuni loro comportamenti, riferimenti che riportano a questa specie. Troviamo infatti l’Usignolo di fiume (Cettia cetti), l’Usignolo d’Africa (Cercothrichas galactotes), l’Usignolo del Giappone (Leiothrix lutea) ma anche l’Usignolo maggiore (Luscinia luscinia) che, come vedremo, risulta morfologicamente quasi indistinguibile sul campo dal nostro Usignolo.

L’etimologia del nome scientifico del genere Luscinia trae origine dall’omonimo termine latino “luscinia” = usignolo e per la specie megarhynchos dal greco “mega” = grande e “rhunkhos” = becco, per distinguerlo dal congenere Usignolo maggiore (Luscinia luscinia).

Luscinia megarhynchos, Muscicapidae, Usignolo

Come arrivano, fine aprile, i maschi si fanno subito notare per il canto melodioso che serve a delimitare il loro territorio di caccia e ad attirare le femmine, praticamente mute, salvo piccoli richiami © Gianfranco Colombo

Da notare che Linneo classificò nel 1758 dapprima l’Usignolo maggiore dandogli il nome di Motacilla luscinia mentre il comune ebbe una corretta distinzione solo 73 anni dopo, da parte di Brehm.

Da una storpiatura del termine “lusciniolus” = piccola luscinia, sono derivate poi altre manomissioni verbali che hanno portato ad aggiungere una r-iniziale, diventando comunemente rossignol nell’area franco/iberica.

In altri paesi viene invece abbinato al suo nome volgare il termine “notte” appunto per la sua particolare caratteristica comportamentale.

In inglese è Common Nightingale, in tedesco Nachtigall, in francese Rossignol philomèle, in spagnolo Ruiseñol comun ed in portoghese Rouxinol comun.

Molto romantico il nome volgare giapponese di Sayonakidori, derivato da “sayonara” = saluto e “kidori” = affetto.

Chi non si è mai soffermato a sentire il suo canto durante la notte?

È sufficiente un cespuglio fitto ed un po’ appartato, un filare di bassi alberi con un ruscelletto che scorre ai suoi piedi od anche un angolo di un giardino sufficientemente vasto da creare un po’ di intimità ed ecco comparire all’improvviso, senza mai essere stato visto, questo cantore notturno che non può passare inosservato o meglio inascoltato.

Non è raro sentirlo anche nelle città, nei parchi pubblici o negli antichi giardini di case nobiliari, dimostrando una familiarità che va ben oltre il suo carattere schivo.

Questo spunto ha dato a Manning Sherwin l’ispirazione della nota canzone “A nightingale sang in Berkeley square” rammentando che anche nel centro di Londra, questi uccelletti trovavano un tempo l’habitat adatto per rallegrare le serate degli innamorati che frequentavano i giardinetti di questo viale alberato.

…. Le strade della città erano pavimentate con le stelle, era un così romantico incontro e quando ci siamo baciati ed augurato buonanotte, un usignolo cantò in Berkeley Square…

Non di meno tantissimi poeti europei lo hanno ricordato nelle loro poesie, non solo per il romanticismo   e per il forte pathos del suo canto ma anche quale messaggero dell’inizio o della fine della notte.

Shakespeare  fa  dire a  Giulietta, all’alba della  notte  d’amore  con  Romeo:  …  “L’alba è ancora lontana. Era l’usignolo, non l’allodola, quello che ti ha ferito l’orecchio ansioso. Canta ogni notte sul melograno laggiù. Credimi, amore, era l’usignolo….”

Carducci al contrario, nella poesia “Davanti a San Guido”, annuncia l’arrivo della notte ricordando: …. “E come questo occaso è pien di voli, com’è allegro de’ passeri il garrire! A notte canteranno i rusignoli: rimanti, e i rei fastasmi oh non seguire…“

Luscinia megarhynchos, Muscicapidae, Usignolo

Di nutre senza sosta d’insetti, comprese crisalidi e bruchi, e di tutti gli invertebrati che riesce a scovare fra le erbe e sui rami. Prima di ripartire, in agosto, cambia però tipo d’alimentazione passando parzialmente a bacche e frutti selvatici per raggiungere la quantità di grasso necessaria per affrontare il lungo viaggio verso l’Africa centrale © Luigi Sebastiani

Registi, musicisti, scrittori hanno poi completato il quadro letterario su questo amatissimo volatile. Vivaldi, Haendel, Beethoven, Mendelssohn, Liszt, Respighi, in secoli fra loro molto distanti, hanno saputo riportare il suo canto nelle loro indimenticabili musiche.

Zoogeografia 

L’areale di nidificazione dell’usignolo comune è estremamente vasto e copre interamente l’Europa continentale, una parte dell’Asia centrale e le coste nord occidentali dell’Africa.

Non è presente a settentrione delle coste del mar Baltico, in Irlanda e Scozia, in tutti i paesi scandinavi e verso oriente, è assente in Polonia ed Ukraina, nella Russia centrosettentrionale ed in tutto l’areale posto alla stessa latitudine fino alla Mongolia, il punto più orientale del suo territorio, abitato da popolazioni rade e sparute. Il limite sud dell’areale, vede la presenza di alcune popolazioni nella penisola Arabica, in Iran, Afghanistan ed a nord della catena Himalayana di nuovo fino a toccare la Mongolia.

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Qui può mettersi baldanzoso in vista per controllare il territorio, mentre durante lo svernamento africano è schivo, pressoché muto, se non per piccoli segnali d’avvertimento in caso di pericoli incombenti © Gianfranco Colombo

L’Usignolo è un migratore a lungo raggio e tutte le popolazioni trascorrono l’inverno in Africa, in una fascia che segue parallelamente il limite meridionale del deserto del Sahara.

Dal Senegal raggiunge, senza soluzione di continuità, il corno d’Africa, quest’ultima l’area che raccoglie sia le popolazioni dell’Europa orientale che tutte quelle asiatiche.

La migrazione verso nord vede giungere i primi esemplari nei territori di nidificazione verso la fine di aprile mentre la fase migratoria autunnale inizia già dal mese di agosto, per terminare una decina di settimane più tardi.

Ecologia e Habitat

L’ambiente frequentato dall’usignolo durante la nidificazione, differisce fortemente da quello dove sverna.

Mentre in quest’ultimo caso, la vita di questo uccelletto è legata ad una vera lotta per la sopravvivenza, dovendo competere con le specie autoctone che trova sui luoghi di svernamento, durante la nidificazione trova facile conquistare l’habitat ideale dove crescere e perpetuare la specie.

Gli usignoli sono presenti in ambienti boscosi, in fitte boscaglie, in roveti e macchie ripariali, lungo corsi d’acqua anche di ridotte dimensioni, nella densa macchia mediterranea ed ogni altro luogo che garantisca una copertura arborea, anche non alta e che assicuri la presenza di un sottobosco umido e sgombro, ricco di humus, dove poter razzolare.

Noccioleti, boschetti cedui di robinie e ontani, bassi platani con fronde affacciate su corsi d’acqua, sono i luoghi ideali per questo uccelletto. In questo ambiente trova il luogo confacente per alimentarsi, nidificare e nascondersi alla vista di chi lo vorrebbe vedere durante le sue innate e evidentissime manifestazioni canore.

Seppur fortemente riservato, l’Usignolo non teme l’essere umano tant’è che sceglie immancabilmente una posizione sufficientemente elevata da dove poter facilmente osservare tutto attorno ma disdegnando spesso di spostarsi anche all’avvicinarsi delle persone.

Ecco quindi spiegato come a volte entri nelle città, affrontando i rumori ed i logorii della vita urbana. Anzi in tal senso, alcuni studiosi hanno verificato come gli usignoli cittadini vocalizzino con una tonalità più accentuata di quelli campestri, appunto nel tentativo di soverchiare con il loro canto i rumori della città.

L’Usignolo sa di essere praticamente invisibile quando infrattato e sfrutta in modo perfetto questa sua innata dote di mimetismo.

A differenza dell’Usignolo maggiore, il comune preferisce climi più assolati e temperati anche se evita aree troppo calde ed aride.

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Ai tropici l’ambiente è in effetti ostile a un uccelletto nato per boscaglie e roveti, i corsi d’acqua ed un sottobosco umido e sgombro, ricco d’humus, dove poter razzolare © Luigi Sebastiani

L’abbandono di aree rurali, ha accentuato la formazione di ambienti adatti alla presenza di questo uccello anche se il cambio strutturale del tipo di agricoltura, effettuato su vaste aree del nostro territorio e indirizzato primariamente alla monocoltura, ha di converso completamente cancellato in alcune regioni, il suo habitat tradizionale.

Nelle aree di svernamento l’ambiente è alquanto vario, essendo generalmente secco e cespuglioso quale d’abitudine è il sahel, anche se la maggior densità si riscontra in aree ripariali lungo fiumi e corsi d’acqua e boscaglie più o meno fitte.

Laggiù l’Usignolo è ancora più schivo di quanto lo sia abitualmente, forse incapace di ritrovarsi in un ambiente completamente diverso da quello appena lasciato e dove il nascondersi, significa più di ogni altra cosa, la sopravvivenza.

In Africa non crea un suo territorio da difendere, non canta, rimane pressoché muto se non per piccoli segnali di avvertimento che emette ad ogni pericolo incombente. Lo svernamento in terre straniere è un periodo difficile per tutti i migratori che, oltre a doversi adattare ad un ambiente non proprio, vedono una fortissima competizione alimentare con le popolazioni indigene.

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L’Usignolo ha una livrea molto dimessa: bruno castano sulla parte superiore del corpo e bianco crema attenuato su tutto il petto, fin sotto la coda. Tocca raramente i 17 cm, con un peso di 23 g ed un’apertura alare di circa 24 cm © Luigi Sebastiani

Morfofisiologia

Tanta è la bellezza del suo canto, quanto insignificante la sua livrea. Vien da pensare che con il dono del bel canto la natura abbia ritenuto di aver già dato più del dovuto a questo uccello, tanto da meritarsi nient’altro.

Nulla di strano! Il Pavone (Pavo cristatus) ha avuto la sua coda fantastica ed un canto fra i più sgradevoli in natura e l’Usignolo ha avuto i medesimi doni in senso contrario!

D’altra parte se questo uccelletto avesse avuto una livrea fantasmagorica, probabilmente sarebbe rimasto vittima frequente di predatori, visto il suo modo evidente e persistente di annunciare la sua presenza, ora celata da una mimetizzazione naturale.

L’Usignolo ha una livrea molto dimessa e monotona nei colori. È totalmente bruno castano sulla parte superiore del corpo e bianco crema attenuato su tutto il petto, fin sotto la coda.

Unica particolarità è proprio la coda che mostra un colore nocciola più chiaro ed accentuato che si nota in particolare quando l’uccelletto guizza in volo, rasoterra, fra i cespugli.

Ha una lunghezza totale che tocca raramente i 17 cm, un peso di 23 g ed un’apertura alare di circa 24 cm.

Risulta quindi chiaro il perché del suo mimetismo quando immerso nelle fitte frasche ombrose di un cespuglio di rovi.

Un uccellino piccolo, mimetizzato, nascosto nell’ombra e quasi sempre immobile.

Al contrario dei silvidi e degli acrocefali, uccelli che frequentano i medesimi ambienti, l’Usignolo manca della continua vivacità di movimenti propri di queste famiglie, preferendo rimanere immobile e celato su un rametto, sia durante il canto, sia quando in attesa di adocchiare una preda.

Non vi è dimorfismo sessuale e gli stessi immaturi sono riconoscibili solo inizialmente dalla coda che risulta più corta e spuntata di quella degli adulti. La maturità è raggiunta nel secondo anno di vita.

Sono state classificate tre sottospecie, strettamente legate alle specifiche aree occupate: Luscinia megarhynchos megarhynchos dell’Europa, Medio oriente e nord Africa, Luscinia megarhynchos africana dell’Anatolia, Regione caucasica, Iraq e Iran e Luscinia megarhynchos golzii, del centro Asia fino alla Mongolia.

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Il nido è a pochissimi centimetri dal suolo: una coppa profonda che nasconde quasi interamente la femmina in cova. Contiene in genere 5 uova, anche loro molto mimetiche © Museo Civico di Lentate sul Seveso

Biologia riproduttiva

L’Usignolo inizia a cantare immediatamente appena ha raggiunto il luogo scelto per la nidificazione. Sono i maschi ad arrivare qualche giorno prima delle femmine, in modo da occupare un’area ed iniziare a segnalare alle femmine in migrazione la loro presenza e l’avvenuta conquista di un territorio.

Il canto notturno mette in evidenza che la migrazione avviene la notte anche se il canto, mosso dall’eccitazione stagionale, prosegue e continua incessantemente anche di giorno in particolare nelle settimane successive all’arrivo, quando il maschio, oltre a segnalare la proprietà sul territorio, conforta la femmina occupata nella cova.

Il nido viene costruito dalla femmina sotto la supervisione del maschio ed è collocato generalmente a pochissimi centimetri dal terreno od anche a terra, tra i rametti di un ceppo capitozzato di un ontano o di altri arbusti. Raramente lo si ritrova a qualche decimetro dal terreno appeso fra i bassi rovi ma sempre ben nascosto alla vista ed egregiamente mimetizzato con l’ambiente circostante.

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L’incubazione dura meno di 2 settimane, ed i piccoli, nutriti assiduamente dai genitori, lasciano il nido dopo 12 giorni. Verranno seguiti ancora per 2 settimane circa, il tempo per imparare l’arte della caccia © Museo Civico di Lentate sul Seveso

Il nido è costruito con foglie secche ben accostate fra loro, tali da sembrare un ammasso disordinato di materiale marcescente ma al contrario rivela una coppa profonda e perfettamente costruita, foderata con materiale secco più fine e delicato che rende il nido estremamente confortevole per la deposizione e la cova.

La femmina quando accovacciata sul nido, scompare praticamente alla vista nella profondità del nido, lasciando esposta solo la punta della coda.

Anche le abituali 5 uova sono molto mimetiche, avendo un colore compatto grigioverde che le rende invisibili grazie alla profondità della coppa ed all’ambiente molto ombroso dove è collocato il nido.

La cova, a cura della sola femmina, dura meno di due settimane e dopo altri 12 giorni i giovani lasciano il nido seppure seguiti assiduamente dai genitori per almeno un altro paio di settimane.

In condizioni climatiche adatte, l’Usignolo può deporre due covate all’anno. La coppia è monogama per una sola stagione riproduttiva.

L’alimentazione principale di questo uccelletto sono gli insetti, le loro crisalidi ed i loro bruchi ed in genere tutti gli altri invertebrati. Durante il periodo che precede la migrazione, l’Usignolo cambia tipo di alimentazione passando parzialmente a bacche e frutti selvatici, tanto da guadagnare quella quantità di grasso necessario per permettergli di affrontare il lungo viaggio verso il centro Africa.

Ritornando sul suo comportamento vocale, il repertorio dell’Usignolo non ha paragoni con altri volatili per la melodiosità dei toni, per il grande numero di gorgheggi e per la potenza del canto.

Si è calcolato che i maschi adulti, con alcuni anni di esperienza canora, possano superare i 200 tipi di gorgheggi durante il loro canto.

Fischi, trilli, modulazioni e glissati, sono parte abituale dei loro repertori canori. Questa capacità vocale viene appresa dai giovani sin dai primi giorni dall’involo, ascoltando ed imitando i vecchi loro maestri.

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Le popolazioni di Luscinia megarhynchos sono stabili e considerato anche il vasto areale non è oggi una specie a rischio © Bruno Dentesani

Solo così saranno in grado l’anno successivo, di conquistarsi un territorio ed attirare una femmina in migrazione: maggiore è la capacità canora del soggetto e più numerose saranno le possibilità di conquistarsi una partner. Non tutti però riusciranno nell’apprendimento e ci vorranno spesso diverse stagioni prima di ottenere il pieno successo.

A questo proposito, ma d’altra parte accade con frequenza fra gli uccelli cantori che occupano vasti areali, si è notato fra gli usignoli l’uso di dialetti locali che li distinguono dai diversi ceppi di provenienza.

Per concludere, questo Usignolo sarà pure un uccelletto invisibile, timido e schivo, amante della solitudine e della quiete ma rimane pur sempre uno degli uccelli più amati e riconosciuti dalle popolazioni che condividono il suo territorio.

Il suo canto non necessita di traduzioni: è un linguaggio senza frontiere, un messaggio internazionale di melanconia, un soave “leitmotiv” senza tempo che ha accompagnato attraverso i secoli le appassionate e romantiche notti estive delle nostre campagne.

Come diceva Giambattista Marino, poeta italiano del Regno di Napoli, giusto cinque secoli or sono…… “in mille fogge il suo cantar distingue e trasforma una lingua in mille lingue!

 

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