Raphia taedigera

Famiglia : Arecaceae


Testo © Pietro Puccio

 

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La Raphia taedigera è presente in Africa ed America tropicale, ma non è giunta con gli schiavi © G. Mazza

La specie è presente in Africa: Camerun e Nigeria, e in America: Brasile (Acre, Amazonas, Amapá, Pará, Roraima, Rondônia e Tocantins), Colombia, Costa Rica, Nicaragua e Panama, dove cresce nelle foreste umide lungo i corsi d’acqua su suoli alluvionali periodicamente inondati, spesso in prossimità del mare, rappresentando in alcune zone la specie dominante o esclusiva.

Il nome del genere deriva da, “raffia”, nome in uso in Madagascar per indicare la Raphia farinifera; il nome specifico è la combinazione del sostantivo latino “taeda” = fiaccola e del verbo “gero” = portare, agire, con riferimento ai fusti facilmente infiammabili.

Nomi comuni: american raffiapalm, pinecone palm, swamp palm, yolillo palm (inglese); raphia d’Amazonie, raphia d’Amérique, raphia du Brésil (francese); jupatí, jurubati (portoghese - Brasile); holillo, jolilo, jolillo, matomba, palma pangana, targuà, yolillo (spagnolo).

La Raphia taedigera (Mart.) Mart. (1838) è una specie monoica, monocarpica, generalmente cespitosa con fusti ravvicinati eretti, di 1-4 m di altezza e 25-40 cm di diametro, coperti dalle basi fogliari persistenti e circondati alla base da una densa massa di piccole radici aeree (pneumatofore). Le foglie, su piccioli inermi lunghi 1-5 m, sono pennate, ascendenti con apice ricurvo, lunghe fino a oltre 10 m, con 100-200 coppie di pinnule lineari lanceolate, lunghe fino a 1,2 m, leggermente pendenti, disposte irregolarmente e su diversi angoli dando alla foglia un aspetto piumoso, con margini e nervatura centrale provvisti di piccole spine.

Infiorescenze ramificate del secondo ordine prodotte contemporaneamente tra le foglie ridotte e brattee all’apice del fusto, lunghe 1-3 m, pendule, portanti fiori unisessuali, quelli maschili all’apice delle ramificazioni, quelli femminili alla base; completata la fruttificazione il fusto muore, ma la pianta continua la sua vita tramite i nuovi fusti che emette alla base. Frutti ellissoidi, di 5-7 cm di lunghezza e 3-4 cm di diametro, ricoperti da scaglie imbricate di colore bruno rossiccio lucido contenenti un solo seme.

Si riproduce per seme in terriccio sabbioso, mantenuto umido alla temperatura di 24-26 °C, che impiega fino ad un anno per germinare; la prima foglia è bifida. Specie molto diffusa in natura, ma poco utilizzata altrove nonostante le caratteristiche ornamentali del suo fogliame, coltivabile nelle zone a clima tropicale e marginalmente subtropicale in pieno sole su terreni costantemente umidi, anche poco drenati.

Cespitosa, alta anche 4 m, ha foglie molto decorative. Dai frutti si estrae un olio rossastro, usato per fabbricare saponi, con proprietà antireumatiche e buone caratteristiche per la produzione di biodiesel © Giuseppe Mazza

Cespitosa, alta anche 4 m, ha foglie molto decorative. Dai frutti si estrae un olio rossastro, usato per fabbricare saponi, con proprietà antireumatiche e buone caratteristiche per la produzione di biodiesel © Giuseppe Mazza

Di veloce crescita, è adatta a parchi e giardini di grande estensione in considerazione delle dimensioni che può raggiungere; tollera un certo grado di salinità, può quindi essere utilizzata in prossimità del mare.

Le foglie sono utilizzate dalle popolazioni amazzoniche per copertura e i fusti e i piccioli per pareti e infissi nelle costruzioni rurali, il rivestimento esterno dei piccioli inoltre serve per costruire trappole per crostacei e pesci e le fibre che si ricavano dalla parte interna per cordami, cesti, borse, copricapo ed altri oggetti artigianali.

Dalla polpa dei frutti si estrae un olio di colore rossastro adoperato per fabbricare saponi e nella medicina popolare per frizioni contro i reumatismi, l’olio presenta inoltre buone caratteristiche per essere impiegato come biodiesel; i frutti sono anche utilizzati per l’alimentazione dei maiali. I semi puliti e lucidati sono adoperati in bigiotteria o per realizzare piccoli oggetti di artigianato.

Molto si è dibattuto sulla presenza anche in America di questa specie appartenente a un genere distribuito in Africa e Madagascar, una delle ipotesi più accreditate era che i frutti fossero giunti durante la tratta degli schiavi, utilizzati come alimento, ma recenti ricerche archeologiche e analisi paleoecologiche dei sedimenti hanno stabilito la sua presenza nell’area caraibica già in epoca precolombiana.

Sinonimi: Sagus taedigera Mart. (1824); Metroxylon taedigerum (Mart.) Spreng. (1825); Raphia nicaraguensis Oerst. (1859); Raphia vinifera var. taedigera (Mart.) Drude (1881); Raphia vinifera var. nicaraguensis (Oerst.) Drude (1882); Raphia aulacolepis Burret (1942).

 

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